Governo Renzi alla prova della Camera, Fassina “Nessuna delega in bianco”. Presenti Letta e Bersani

Pubblicato il 25 Febbraio 2014 alle 11:29 Autore: Redazione
premier renzi parlamento

Dopo il voto di fiducia al Senato, il Governo Renzi affronta l’esame della Camera. Sono stati 169 i “sì” dell’aula di Palazzo Madama, giunti ormai a notte fonda, dopo una giornata iniziata alle 14 – con l’esposizione programmatica da parte del nuovo Presidente del Consiglio – e proseguita con i tantissimi interventi in aula, la replica alle 22 da parte di Renzi e le successive dichiarazioni di voto.

Ora la scena si sposta a Montecitorio, dove per le ore 10 sono previsti i primi interventi riguardo alla dichiarazione programmatica, seguiti intorno alle ore 16 dalla replica di Renzi e dalle successive dichiarazioni di voto che dovrebbero terminare intorno alle 18:30, con il voto finale previsto per le ore 20.

Intanto la giornata del premier si è aperta con un tweet intorno alle 7, in cui Renzi preannuncia già i primi incontri istituzionali successivi al voto di fiducia

 

Prima di andare alla Camera, Renzi ha anche incontrato, insieme al ministro degli Esteri Mogherini, le mogli dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, con cui si è intrattenuto alcuni minuti.

Nel dibattito alla Camera sono previsti ben 51 interventi. Nel frattempo arrivano i primi avvertimenti rivolti al Presidente del Consiglio da parte dell’opposizione interna al Partito Democratico. Pippo Civati, intercettato dalle telecamere di “Repubblica TV” fuori da Montecitorio, sottolinea il ruolo decisivo della truppa civatiana per garantire la maggioranza al Governo Renzi al Senato, chiedendo più rispetto e maggior collegialità, con un riferimento esplicito alla scelta della Lanzetta agli Affari Regionali, operata senza consultare lo stesso Civati. Inoltre, il politico monzese sottolinea l’importanza di aprire il PD alle istanze dell’elettorato più di sinistra, considerato “una prateria” a cui il PD non può non interessarsi, lasciando l’esclusiva a SeL e a qualche anima grillina. Più tardi, in aula, Civati ha aggiunto un duro quanto sintetico intervento, in cui ha ribadito di non apprezzare l’idea di un governo frutto di manovre di palazzo e non di un consenso elettorale, assicurando altresì di voler lavorare per un centrosinistra “migliore”.

Un altro avvertimento interno al PD arriva da Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia, che intervenendo in aula ha escluso una “delega in bianco”, aggiungendo però che in caso di fallimento la colpa sarà “non solo di Renzi ma di tutti noi che lo abbiamo sostenuto con il voto di fiducia”, evidenziando la necessità di una responsabilità condivisa e respingendo l’idea di “un uomo solo al comando”. Inoltre Fassina respinge il “Jobs Act”, ritenendo prioritaria un’azione di stimolo della domanda aggregata tramite investimenti ed equità. Il democratico Michele Bordo pone invece l’accento sul rapporto con l’Europa, apprezzando il riferimento all’UE presente nel discorso programmatico di Renzi e ritenendo fondamentale rafforzare il legame con l’UE, nonostante i limiti attuali. Incisivo l’intervento di Dario Nardella, che si è scagliato contro i grillini – accusati di “aver cambiato cinque volte idea sulla legge elettorale” e di non vedere “quanto fatto dagli amministratori del PD” in zone in difficoltà come per esempio il Mezzogiorno – chiedendo a Renzi di lasciar perdere “i professionisti dell’ineluttabilità” andando dritto per la sua strada.

Nel frattempo Pierferdinando Casini, intervenendo in mattinata ad “Agorà”, avverte chi mette in fibrillazione la maggioranza, sottolineando che “l’eventuale caduta del Governo Renzi porta dritto a nuove elezioni“. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Sergio Pizzolante (NCD), che vede l’eventuale deragliamento dell’esecutivo Renzi come apripista ad uno “tsunami di populismi beceri“, apprezzando alcuni punti dell’intervento del Presidente del Consiglio al Senato, tra cui “l’abbattimento della pressione fiscale, la lotta alla burocrazia, la creazione di occupazione e la riforma della giustizia.

Via libera a Renzi anche da Linda Lanzillotta (senatrice di Scelta Civica) che però, nel suo intervento a “Radio Radicale”, avverte che pur “condividendo molti punti del programma del Governo”, bisogna affrontare il “problema delle coperture finanziarie”, in modo da attuare le riforme necessarie senza mettere in discussione “la stabilità dei conti pubblici”. Per i montiani non sarà il percorso che ha portato Renzi al governo ma i risultati sul terreno dell’economia – in termini di aumento dei consumi e riduzione della disoccupazione – a stabilire il giudizio degli italiani sull’operato del governo. In aula alla Camera, Scelta Civica conferma l’appoggio anche tramite le parole del deputato Giovanni Monchiero, che apprezza la volontà di attuare una riforma della Pubblica Amministrazione, sottolineando come debba essere lo stesso esecutivo a dare l’esempio alla PA stessa, snellendo il procedimento di formazione delle leggi.

Esplosivo – come da previsioni – l’intervento in aula dei grillini. Tramite l’intervento del deputato Andrea Colletti, il M5s sottolinea come Renzi abbia dato solamente “una mano di vernice, passando dal bianco democristiano di Letta all’azzurro di Forza Italia”, accusandolo di essere solamente un “venditore di pentole” e sfidandolo ad approvare una vera legge sul conflitto d’interesse. Forti critiche anche al neo ministro Guidi, che “dovrebbe fare il ministro in Romania, viste le continue delocalizzazioni operate proprio verso quel Paese da parte dell’azienda di famiglia”. Ironica la chiusura dell’intervento, con un “Matteo, stai sereno: alle Europee vinciamo noi”. Tale intervento si aggiunge alla durissima esposizione del collega di partito Carlo Sibilia, che nel ricordare a Renzi che “un fondo per piccole e medie imprese esiste già”, ha accusato il leader PD ed il ministro dell’Economia Padoan di essere “due figli di Troika”, provocando l’ennesimo scontro con il Presidente della Camera Boldrini, costretta a riprenderlo a più riprese. Ancor più specifiche le critiche del deputato Alfonso Bonafede, che avrebbe preferito un Guardasigilli “di rottura”, criticando la scelta di Orlando, già presente nell’esecutivo Letta. Sull’argomento è intervenuta anche Giulia Sarti, che dai banchi della Camera ha chiesto spiegazioni in merito alla mancata scelta di Gratteri alla Giustizia, mentre il deputato Mirko Busto ha invitato ad “uscire dall’ipnosi collettiva creata da Renzi”, criticando inoltre la scelta dei ministri Lupi – “l’Attila dei tempi nostri” e Galletti, un “commercialista casiniano senza competenze e con una passione per il nucleare”.

Nessuna fiducia anche da SeL, che avrebbe preferito un tentativo di “formare un esecutivo davvero di centrosinistra”. Ciononostante i vendoliani, tramite le parole in aula della deputata Titti Di Salvo, assicurano un’opposizione “di merito e non pregiudiziale”, spingendo per una redistribuzione della ricchezza attraverso una tassazione progressiva e la patrimoniale e considerando le nomine dei vertici delle aziende partecipate dal Tesoro quale “primo banco di prova del nuovo governo”, chiedendo a Renzi di far approvare da subito la proposta di legge di Sel che fissa un tetto per i manager della P.A., delle partecipate, delle società quotate in borsa e di tutte le quelle che ricevono finanziamenti pubblici. Critico anche Gennaro Migliore, che ribadisce il “no” di SeL ad un governo composto da molti ministri “vecchi”, senza particolari innovazioni. Migliore, pur sottolineando l’appoggio ad interventi a favore della scuola e del cuneo fiscale, esprime perplessità sulle coperture finanziarie, sperando che le risorse necessarie non vengano reperite tramite tagli volti ad indebolire ulteriormente i ceti più deboli bensì verso interventi in altri settori, come per esempio la riduzione della spesa militare e la lotta alla corruzione.

Sostegno al Governo Renzi anche da parte del gruppo “Per l’Italia” che però, tramite l’intervento del deputato Giuseppe De Mita respinge “schemi di convenienza e maggioranze variabili”, chiedendo a Renzi di evitare giudizi impliciti sul precedente esecutivo che porterebbero a “sottovalutare le difficoltà del presente”. Critiche anche riguardo alla proposta di legge elettorale, all’assenza del ministero per la Coesione Territoriale e all’indefinitezza delle questioni economiche. “Sì” alla fiducia anche dal Centro Democratico, che con il deputato Nello Formisano “esprime apprezzamento per le modalità con cui il nuovo esecutivo intende affrontare le emergenze del Paese, tra cui quella occupazionale”, mentre il suo compagno di partito Pino Pisicchio chiede una “clausola di buona fede” che differisca i tempi di attuazione della legge elettorale per consentire l’approvazione della riforma del Senato.

“Si scrive Governo Renzi, ma si legge Governo Merkel”. Così apre il suo intervento Nicola Molteni, deputato della Lega, che annuncia il voto contrario del suo partito alla fiducia all’esecutivo. Critiche all’intervento di Renzi al Senato, in cui mancava qualsiasi riferimento alla “questione settentrionale”. Stesso giudizio del collega di partito Massimiliano Fedriga, che accusa Renzi di aver presentato “solo promesse fumose”, che si riveleranno “uno schianto non solo per lui ma anche per il Paese”. Leggera apertura invece dal governatore leghista Roberto Maroni, che non ha escluso un cambio di opinione in caso di abolizione del patto di stabilità, ricordando come lo stesso leader del PD, quando era sindaco, lo avesse definito un “patto di stupidità”. A intervenire è anche il Senatur Umberto Bossi, che dai banchi della Camera chiede di “pensare ai posti di lavoro e rivedere le leggi sbagliate che ci hanno portato alla situazione in cui siamo”, andando a stringere la mano a Renzi e al ministro Galletti al termine del suo discorso.

A parlare a nome di Forza Italia è, tra gli altri, Renata Polverini, ex Governatore del Lazio, che sottolinea come il programma e la maggioranza di governo siano “gli stessi di Letta”, accusando Renzi, tra le altre cose, di silenzio sul Mezzogiorno e di eccessiva vaghezza in merito alle modalità di taglio del cuneo fiscale. “No” alla fiducia ma “auguri di buon lavoro” arrivano dall’onorevole Daniele Capezzone, che chiede a Renzi un “abbassamento generalizzato delle tasse” e lo avverte sulle clausole di salvaguardia inserite nella legge di stabilità, le quali “potrebbero far scattare la pressione fiscale sui cittadini”. Forza Italia affida a “Il Mattinale” – la nota politica redatta dal gruppo di FI alla Camera – un’analisi più dettagliata: “fiducia no, un briciolo di speranza sì, nonostante il disastroso esordio di Matteo Renzi al Senato”. Aggiungendo cinque richieste specifiche al nuovo Presidente del Consiglio: mantenere fede all’impegno dell’Italicum e delle riforme costituzionali; sostenere imprese e famiglia, tagliando le tasse e pagando i debiti della Pubblica Amministrazione; mettere la burocrazia al servizio dei cittadini, sulla scia della riforma Brunetta; cancellare la riforma sul lavoro della Fornero; riformare la giustizia, sottraendola al dominio arbitrario di Magistratura democratica.

Critico anche il gruppo di Fratelli d’Italia, che tramite l’intervento del deputato Fabio Rampelli ha sottolineato il “peccato originale” dell’attuale esecutivo, cioè “la congiura di palazzo che ha scalzato Letta”, che ha “riesumato pratiche politiche vecchie di decenni, rottamando i valori stessi con i quali Renzi si era presentato fino a qualche giorno fa”. Al di là dell’eccessiva continuità con il governo Letta – “incapace di ascoltare i cittadini” – Rampelli ha lamentato il silenzio su argomenti chiave come i Trattati Europei – considerati accordi “capestro” da rivisitare in vari punti, dal dissesto idrogeologico sino alla difesa del made in Italy dalla delocalizzazione e dal dumping economico e sociale perpetuato dai Paesi emergenti – assicurando pieno appoggio a Renzi in caso di cambio di rotta sul tema. Identica posizione su altri temi ritenuti prioritari, come per esempio una legge per la separazione delle banche commerciali dalle banche d’affari e l’elezione diretta del capo dello Stato.

In attesa della replica del presidente incaricato Matteo Renzi, l’evento più rilevante è l’abbraccio tra Letta e Bersani, con quest’ultimo al “rientro ufficiale” dopo i problemi di salute. L’ex leader del PD è stato accolto da un caloroso applauso da parte dell’emiciclo. Lo stesso Renzi applaude il rientro di Bersani, andandolo a salutare ai banchi del PD e lasciando un tweet poco prima della sua replica ufficiale in aula

Nella sua replica, Matteo Renzi sottolinea l’assenza di alibi ribadendo che, in caso di fallimento, la responsabilità principale “sarà del presidente incaricato”, in risposta a Fassina che aveva parlato di “responsabilità da condividere fra tutti quelli che appoggiano l’esecutivo”. Al tempo stesso Renzi tiene a sottolineare la natura genuina del PD, un partito in cui “quando ho perso contro Bersani non sono stato espulso”, un partito il cui ex leader “ora è qui ad ascoltarmi con rispetto, anche se non crede alle mie idee”. Riguardo ai primi impegni ufficiali, il premier annuncia per domani un incontro con i sindacati Electrolux, mentre Tunisi sarà la tappa del primo viaggio istituzionale.

Renzi riepiloga rapidamente gli interventi urgenti: dalla riforma elettorale a quella costituzionale per l’abolizione del Senato – o meglio: la creazione di un Senato con parlamentari senza indennità né diritto di voto in merito alla fiducia e alle questioni di bilancio – e la revisione del Titolo V; dagli interventi nel settore della scuola – a partire dalla stabilità degli edifici scolastici, “più importante della stabilità dei conti”, sino alla valorizzazione del ruolo degli insegnanti – alla richiesta ai consiglieri regionali di rinunciare ai rimborsi e di ridursi l’indennità. Il premier ribadisce la necessità che, su questi punti, si agisca prima dell’inizio del semestre europeo di presidenza italiana.

Da Renzi arriva una parola anche sul lavoro e sul ruolo che dovrà svolgere il ministro Poletti, scelto perchè conosce da vicino le problematiche dei lavoratori. Il premier considera urgente intervenire sul cuneo fiscale – “l’unico modo per acquistare credibilità agli occhi di chi deve investire nel lavoro”, specificando come per “doppia cifra” s’intendono “i miliardi e non i punti percentuali di riduzione” – e giustifica l’ampliamento del fondo di garanzia con la necessità di ridurre i rischi di credit crunch. A proposito di credibilità da conquistare davanti ai cittadini, Renzi chiede anche l’immediata abolizione delle Province, attuando il decreto Delrio ed evitando “inaccettabili nuove elezioni a maggio”. Un pensiero anche ai marò – la cui situazione va risolta “nel più breve tempo possibile” – e al problema della parità tra uomini e donne, che secondo Renzi “non è minacciata dal progetto di riforma elettorale”.

“L’Italia non finirà per mancanza di meraviglie, ma per assenza di meraviglia. In un Paese pieno di meraviglie artistiche, sarà unicamente l’incapacità di saper sorprendere a portare l’Italia alla rovina”. Con questa frase, citando lo scrittore Gilbert Keith Chesterton, il premier ricorda la sfida che attende l’esecutivo, chiedendo la fiducia e chiudendo, dopo cinquanta minuti di discorso, il proprio intervento.

Dopo il dibattito sulla relazione programmatica e la replica di Renzi, tocca alle dichiarazioni di voto.

Il Governo ha appena incassato la fiducia alla Camera con 378 si e 220 no.

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