Costellazioni: “non c’è alternativa al futuro”, parola di Vasco Brondi

Pubblicato il 10 Marzo 2014 alle 11:57 Autore: Francesca Garrisi
costellazioni di vasco brondi

«Pensavo le luci della centrale elettrica come delle costellazioni, qualcosa che rischiari l’orizzonte e questi tempi. Pensavo alle canzoni come a delle storie luminose tenute assieme da un disegno geometrico e insensato, come succede alle stelle nelle costellazioni. Volevo più che altro che queste piccole storie provinciali e spaziali, in qualche modo, risplendessero». Ha scelto queste parole Vasco Brondi (nome d’arte, Le luci della centrale elettrica)per presentare il suo ultimo disco, “Costellazioni”, uscito in questi giorni.

vasco brondi

Ricordo e sperimentazione: sono queste le parole d’ordine di un album la cui preparazione è stata lunga e per certi versi complicata, in quanto è partita in un modo per poi concludersi in un altro. Si tratta di 15 canzoni caratterizzate da un nuovo sound e che quindi, consapevolmente, segnano uno stacco rispetto ai lavori precedenti, come ha spiegato il cantautore ferrarese. «Avevo tanto materiale scritto durante il tour, ma ho buttato tutto quello che avevo scritto per ricominciare, per dare un taglio netto al passato. Sono partito da nuove atmosfere musicali, organiche ma anche elettroniche. Le parole sono venute quasi naturali come unità sonore definite. Ogni canzone aveva già dentro la direzione che volevo prendesse. Ho lavorato per sottrazione, togliendo molto a ogni pezzo. Mi sono concentrato, e questa è una novità, sulla forma canzone, lavorando molto sulla metrica dei brani come mai mi era capitato».

Costellazioni è il frutto della collaborazione con Federico Dragogna dei Ministri, che si è occupato della produzione. Il primo punto di discontinuità rispetto ai lavori precedenti è rappresentato  dal fatto che, se in passato il cantautore ferrarese si era caratterizzato per lo stile urlato, spesso monotonale, stavolta canta. Si perde qualcosa in immediatezza, ma si guadagna in varietà: ogni brano del disco ha una proprio compiutezza, e i ritornelli sono davvero tali, non più semplici picchi emozionali. Musicalmente i pezzi non nascono dalla chitarra acustica e da testi torrenziali, ma da beat e piccoli loop.

Costellazioni ricama insieme una molteplicità di (possibili) viaggi. La terra, l’Emilia e la luna, emblema di una sorta di musica rurale e spaziale, il cui spazio è racchiuso tra la provincia e le stelle, rappresenta l’inizio di un percorso che abbraccia Europa e Sudamerica, presente e futuro. Nel disastro il futuro era sempre lì a sorriderci, racconta Vasco Brondi in Macbeth nella nebbia, e un tepore gentile avvolge l’ascoltatore. Le Ragazze Stanno Bene, scritta con Giorgio Canali, racconta l’amore tra Chiara e Sara, e regala una speranza agrodolce, ricordandoci che «non c’è alternativa al futuro»; I Destini Generali, primo singolo estratto, leggero e arioso, «attraversa il disco come una lama di luce nel buio». I Sonic Youth è una struggente ballata per pianoforte, cui segue Firmamento, elettrica e aggressiva, in cui il cantautore riprende i generi suonati duranti l’adolescenza. Un Bar sulla Via Lattea, che per certi versi riecheggia L’amore segue i passi di un cane vagabondo dei Diaframma, ricorda Candidosi, brano del primo Ep de Le luci della centrale elettrica, mentre a proposito di Ti vendi bene, che inevitabilmente fa tornare alla mente i  CCCP, hanno scritto: «in alcune sonorità c’è un passato da far riemergere, quello dei nostri genitori che si scatenavano nelle discoteche degli anni ‘80, in una Rimini tondelliana, quando Battiato era tendenza e sperimentava tanto e faceva successo». Questo scontro tranquillo e Una cosa sono attraversati da una certa spensieratezza, mentre Padre nostro dei satelliti è una sorta di smisurata preghiera contemporanea. Punk Sentimentale e Una guerra lampo pop esprimono invece il bisogno «di un momentaneo centro di gravità su cui poter contare anche domani». A proposito di Blues del delta del Po, racconta Brondi: «è talmente sfasciato come pezzo che non l’abbiamo mai risolto davvero. Non riuscivamo a metterci l’elettronica, allora l’abbiamo risolta con questi contrabbassi suonati da Stefano Pilia, ma con amplificatori e distorsori e un piano fatto da Enrico Gabrielli. Mi piace perché parla di posti appena fuori Ferrara, sul delta del Po. Sono posti in cui c’è ancora una certa miseria, in cui i ragazzini lasciano la scuola appena possono, a 14 anni, perché vanno a vongole per guadagnare subito un po’ di soldi. È un posto particolare perché c’è un dialetto diversissimo da quello emiliano e da quello veneto. Mi raccontavano che 40, 50 anni fa quelli che abitavano in quei posti erano considerati un po’ come oggi vengono considerati i Rom».

Costellazioni ha suscitato reazioni di segno diverso; tra quanti lo hanno apprezzato, qualcuno ha scritto: «quel blackout che tanti si aspettavano si è rivelato un’esplosione di colori. Vasco Brondi, a differenza di tanti italiani con un seguito e un’immagine pubblica forte, ha sperimentato molto rispetto al passato, scegliendo di raccontare se stesso e gli altri, utilizzando tanti generi fondendoli in un cielo fatto di tante nuvole diverse. Una vera biblioteca che attinge al passato per restituirci un futuro che, per una volta, lascia aperta la possibilità di essere felici. Per un disco così, vale la pena di farsi ritirare la tessera e riaprirselo nei momenti più bui». Altri invece hanno espresso un giudizio più sfumato, definendo il disco «un pastiche, confusionario e sfilacciato, però anche coraggioso, perché darà nuovo materiale critico ai detrattori, scontentando al contempo quella fetta di seguaci affezionata allo stile sempre identico che Le Luci della Centrale Elettrica aveva reso quasi materiale di barzellette o di generatori automatici di canzoni di Vasco Brondi. In questo io ci vedo coraggio, perché Vasco ha saputo inseguire alcune ispirazioni che lo tentavano, lasciando i lidi comodi e sicuri della sua solita solfa, sperimentando, incastrandosi, cucendo, scucendo e ricucendo i brani».

costellazioni, brondi

Dal canto suo il cantautore ferrarese ha detto: «sono molto tranquillo. Di fronte a qualsiasi reazione ho la forza per dire che per me ogni cosa è venuta come volevo. Possono dirmi che è troppo pop, troppo blues, troppo folk, troppo punk, troppo elettronico, perché è più ogni cosa rispetto agli altri dischi, perché ogni cosa è stata spinta oltre. Si può dire tutto, ma non che non ci abbiamo lavorato un botto».

Costellazioni è, in conclusione, un disco che merita di essere ascoltato perché, indipendentemente dal fatto che possa piacere o meno, si tratta del lavoro di un cantautore rappresentativo, nel bene e nel male, di un’epoca e di una generazione.

Tracklist Costellazioni o1. La terra, l’Emilia, la luna 02. Macbeth nella nebbia 03. Le ragazze stanno bene 04. I destini generali 05. I Sonic Youth 06. Firmamento 07. Un bar sulla via lattea 08. Ti vendi bene 09. Una cosa spirituale 10. Padre nostro dei satelliti 11. Questo scontro tranquillo 12. Punk sentimentale 13. Blues del delta del Po 14. Una guerra lampo pop 15. 40 km

Francesca Garrisi

 

L'autore: Francesca Garrisi

31 anni, una laurea in Scienze della Comunicazione e poi un master in comunicazione d’impresa e comunicazione pubblica. Ha collaborato con l’Osservatorio di Comunicazione Politica dell’Università del Salento, e come stagista con il settore Comunicazione Istituzionale della Regione Puglia. Ha scritto per l’mPAZiente, bimestrale d’inchiesta salentino, e a oggi collabora con Termometro Politico e il settimanale salentino Extra Magazine. Un po’ Monty Python un po’ Cuore Selvaggio, è innamorata della lingua tedesca, che ritiene ingiustamente sottovalutata e bistrattata
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