Ma come viene ripartita la spesa pubblica in Italia?

Pubblicato il 13 Marzo 2014 alle 18:06 Autore: Gianni Balduzzi
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Dopo avere visto i dati sull’evasione, è naturale interessarsi a quella che secondo molti apologeti dell’evasione stessa ne è tra le cause: la spesa pubblica. In realtà è indispensabile sapere distinguere tra le sue componenti anche per osservare il perchè e quanto la gestione dello Stato è, o non è, efficiente e di ausilio alla crescita economica

Come primo elemento vediamo le spese in proporzione al PIL, e come si sono evolute dal 1990 ad oggi:

Vediamo chiaramente che la spesa totale è scesa decisamente fino al 2000, ma si tratta quasi solo di una discesa dovuta al crollo della spesa per interessi, che è inclusa nella spesa corrente (da cui è invece esclusa la spesa in conto capitale), la quale rimane poi abbastanza stabile fino alla crisi economica quando il calo del denominatore provoca un aumento del rapporto sul PIL.

Invece la spesa al netto degli interessi, che sarebbe la spesa corrente primaria più la spesa in conto capitale ha un aumento, dopo il picco sotto il 40% del 2000 (anno di straordinaria congiuntura positiva del PIL) di ben 5 punti fino al 2006, a dimostrazione che gran parte del risparmio per il calo dei tassi dovuto all’entrata dell’euro è stato mangiato da spesa corrente, visto che quella in conto capitale non è variata molto tra il 4% e il 5%.

Vi è poi un calo per la congiuntura positiva del 2007 e si arriva comunque alla crisi del 2008 con il 43,2% di spesa primaria (+ spesa capitale), dato che schizzerà con la crisi economica, e poi solo dal 2010 vengono messi in campo contenimenti della spesa che lo fanno scendere, ma non ai livelli pre-crisi.

La spesa pubblica non è negativa in sè. Va osservato molto bene come viene distribuita.

Un primo indizio lo abbiamo dai dati di Confcommercio che hanno valutato gli aumenti (in cui è ovviamente inclusa l’inflazione) in vari capitoli di spesa, come illustrato di seguito:

 

 

1992

2001

2007

2012

Var % 2012-1992

AMM. CENTRALI

224.966

240.569

309.515

343.506

52,7

AMM. LOCALI

90.486

144.786

190.034

204.942

126,5

ENTI DI PREVIDENZA

139.978

205.412

270.567

317.764

127,0

INTERESSI

98.534

78.386

77.452

86.717

-12,0

TRASFERIMENTI A ENTI PUBBLICI (-)

141.313

120.773

161.725

199.674

41,3

TOTALE SPESA CORRENTE

412.651

548.380

685.843

753.255

82,5

Questo ci dice quanto il federalismo fiscale sia fallito, in quanto non ha contenuto ma moltiplicato le spese e quanto sia cresciuta la spesa previdenziale rispetto alle altre spese dello Stato nel periodo.
E’ un anticipo per altri dati, che esaminano più in dettaglio le componenti della spesa corrente, senza le spese in conto capitale quindi:

Come vediamo le prestazioni sociali, quindi pensioni e invalidità sono aumentate, almeno del 3% fino al 2009 quando hanno cominciato a fare effetto le prime riforme sule pensioni, siamo con il 19% del PIL ben al di sopra della media europea, alla Germania che è al 14% circa, la Spagna al 10%, l’Inghilterra al 12%.
Sono diminuite le spese per interessi al 5,5% rispetto al 9,7% del 1997 ma questo 5,5% è pur sempre tra le spese più alte in Europa, superato solo dalla Grecia, mentre la Germania paga solo l’1,8% di servizio del debito. Un vero e proprio spread di miliardi di euro.
Il risultato è che dobbiamo spendere meno su alte voci, ma non in modo proporzionale, per esempio la spesa primaria non pensionistica è del 29% sul PIL, solo 1% in meno di quella tedesca. Il risultato è una spesa complessivamente tra le più alte.
Qui di seguito vediamo come, facendo 100 la spesa primaria, quindi senza interessi, si divide in componenti:


Le prestazioni sociali, che in Italia consistono principalmente in pensioni, è prevalente ed è salita dal 37% al 45% del totale.

La spesa in sanità è salita del 2% dal 14% al 16%, e quella in istruzione calata dal 12% al 9%, essendo la prima vittima, assieme ad altre voci come la protezione ambientale, del calo di altre voci, pensioni e sanità che ora sono al 61% contro il 51% del 1990.
Qui vediamo un altro modo di esemplificare le componenti:

Il problema di tale distribuzione della spesa pubblica è l’inefficienza, in quanto sottrae risorse che sarebbero utili o alla produttività, in termini di diminuzione delle tasse o di spese per la ricerca o alla assistenza ai veri ultimi, alle situazioni di degrado e di povertà assoluta, per versarne nelle taschi di chi percepisce non basse pensioni retributive oppure per pagare la mancanza di fiducia degli investitori stranieri nella solidità del nostro sistema Paese e quindi gli alti interessi che chiedono sui titoli. Questo anche senza pensare al markup da versare per appalti gonfiati e pilotati nelle forniiture, nelle spese intermedie, specie nella sanità.




L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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