Mastella rinviato a giudizio per associazione a delinquere

Pubblicato il 11 Aprile 2014 alle 10:55 Autore: Emanuele Vena
clemente mastella

Associazione a delinquere. E’ questa l’accusa con cui il gup del tribunale di Napoli ha rinviato a giudizio il fondatore dell’Udeur, Clemente Mastella. Assieme a lui ci sono altre 18 persone, tra cui spicca il nome della moglie dello stesso leader Udeur, Sandra Lonardo.

Il gup Maurizio Conte ha quindi avallato le tesi dell’accusa, che parla di un’attività da parte dei vertici campani dell’Udeur volta a commettere “una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione”, tra cui l’acquisizione “del controllo delle attività pubbliche di concorso per il reclutamento di personale e gare pubbliche per appalti ed acquisizioni di beni e servizi bandite da Enti territoriali campani, Aziende sanitarie e Agenzie regionali”. La decisione arriva dopo il ricorso alla Cassazione da parte della Procura, dopo che una prima sentenza aveva fatto cadere le accuse di associazione a delinquere. L’annullamento di parte di tale sentenza da parte della Cassazione ha portato ad una nuova udienza, che ha invece confermato l’accusa.

mastella

Il processo per i coniugi Mastella – e gli altri 17 indagati – inizierà il prossimo 18 giugno. “Sono già stato prosciolto per quel reato” è stata la prima reazione del fondatore dell’Udeur. Che ha aggiunto: “continuo a credere nella giustizia e ad avere fiducia, anche se non posso non constatare che, quando si ha di fronte il muro del pregiudizio, ogni battaglia di verità risulta oltremodo difficile”. Mastella poi si lascia andare ad una considerazione amara, difendendo la propria creatura politica: “e dire che l’Udeur ha contribuito ad eleggere Presidenti della Repubblica e primi ministri”.

“È una sentenza che grida vendetta. È la fine della politica dei partiti”. Questo il commento di Amedeo Laboccetta, esponente campano di Forza Italia, partito in cui l’UDEUR è confluito e nelle cui liste Mastella ha annunciato di candidarsi alle prossime Europee. “Nemmeno nell’alto medioevo di Tangentopoli si era arrivati a tanto: paragonare un partito a una banda criminale è l’ultimo colpo di piccone alla credibilità del nostro sistema politico-istituzionale”, il duro giudizio dell’esponente di FI, che aggiunge: “da quest’oggi, qualsiasi partito può essere appeso al cappio del sospetto infamante di essere un’associazione per delinquere, con buona pace della Costituzione ‘più bella del mondo”.

Emanuele Vena

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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