Reinfeldt e l’economia, Löfven e i numeri: la Svezia al voto

Pubblicato il 14 Settembre 2014 alle 09:27 Autore: Antonio Scafati

Se si guarda all’economia, quello della Svezia può apparire un paradosso. Il governo di centrodestra negli ultimi otto anni ha raggiunto pregevoli risultati economici. In mezzo alla tempesta della crisi, Stoccolma ha retto. I bilanci sono in ordine, la spesa pubblica è stata ridimensionata, il paese cresce, molte tasse sono state limate, gli svedesi sono mediamente più ricchi rispetto a un decennio fa. Eppure molto probabilmente il governo di centrodestra oggi verrà congedato dagli elettori: i sondaggi dicono che a prevalere sarà il blocco di centrosinistra.

Reinfeldt ha dichiarato che la stabilità data alla Svezia è uno degli elementi che potrebbe spingere gli elettori a cambiare: si possono correre rischi grazie al nostro lavoro, dice in un certo senso il premier. Ha ragione, ma il fatto è che non ci sono solo buoni risultati negli ultimi otto anni di centrodestra. Ci sono anche gli insuccessi. La disoccupazione, ad esempio, che sta scendendo ma non così in fretta come avevano sperato gli svedesi. I dati del Centro Statistico dicono che a ad agosto la quota dei senza impiego era al 7,4 per cento. Tra i giovani e gli immigrati le cose vanno molto peggio.

La diseguaglianza nella società è aumentata: un fenomeno che ha riguardato in pratica tutto l’Occidente travolto dalla crisi economica, ma che dagli svedesi è stato percepito e vissuto come un segnale profondamente negativo. Anche sul fronte dei servizi pubblici (istruzione, sanità) le pressioni per un miglioramento dell’assetto attuale sembrano premiare la voglia di cambiamento. La gente del resto sembra aver accantonato quella voglia di tagli fiscali che aveva attraversato la Svezia negli anni scorsi: sondaggi recenti hanno mostrato al contrario che gli elettori sono disposti a dare qualcosa di più.

A minare il lavoro del centrodestra ci sono anche rischi striscianti che potrebbero minare la stabilità economica del paese. Uno su tutti: il pericolo deflazione. Ma c’è anche semplicemente la stanchezza. La gente vuole facce nuove. Una cosa del genere si è vista anche in Norvegia alle elezioni dello scorso settembre: il centrosinistra aveva dalla sua ottimi risultati, ma dopo otto anni gli elettori hanno preferito ugualmente sostituire il conducente.

Stefan Löfven

Stefan Löfven

Photo by Bengt NymanCC BY 2.0

Come ha ricordato l’Economist, il leader del Partito Socialdemocratico, l’ex sindacalista Stefan Löfven, potrebbe diventare primo ministro senza avere nessuna esperienza governativa e nessuna esperienza parlamentare – non è deputato, infatti: in Svezia una cosa del genere non accadeva dal 1921. Prima però c’è da vincere un’elezione che solo qualche settimana fa sembrava una cavalcata trionfale. Il centrodestra ha guadagnato punti riducendo il distacco. Ma i pericoli arrivano anche da altrove: Verdi e Partito della Sinistra piacciono ai giovani, ad esempio, e quasi certamente cresceranno rispetto alle elezioni del 2010. Il Guardian ha scritto che anche una città tradizionalmente socialdemocratica come Stoccolma potrebbe finire per scoprirsi più vicina ai Verdi di quanto non lo sia mai stata in passato.

Se tutto andrà secondo previsione, però, i Socialdemocratici alla fine la spunteranno. Ma visto che con i Verdi e con il Partito della Sinistra non esistono accordi preelettorali, lo scoglio più duro da superare Löfven lo incontrerà all’inizio della corsa: formare un governo, gettare le basi per un consenso parlamentare. Löfven dice di volersi rivolgere anzitutto ai Verdi ma non è detto che basti. Dalle parti del centrodestra questa teorica debolezza viene sottolineata di continuo: il governo guidato dai socialdemocratici potrebbe non essere in grado di durare quattro anni.

L’ago della bilancia potrebbero essere i Democratici Svedesi, la più a destra delle forze rappresentate in Parlamento, anti-Europa e sostenitori di leggi sull’immigrazione molto più restrittive. Alle scorse elezioni il partito ha ottenuto il 5,7 per cento. Stavolta potrebbe raddoppiare i consensi. Tutti dicono di non voler intavolare nessun tipo di trattativa con loro: ma se dovessero emergere come terza forza del paese guadagnando il 10 per cento, i Democratici Svedesi potrebbero finire per essere decisivi, soprattutto quando si dovrà votare il bilancio statale.

Ma altrettanto decisivo potrebbe essere il risultato di Iniziativa Femminista, giovane partito che nel proprio nome riassume tutto sé stesso. Nuovo, di sinistra, vicinissimo alla soglia del 4 per cento necessaria per entrare in Parlamento, Iniziativa Femminista potrebbe essere la sponda sulla quale Löfven potrebbe appoggiare il suo esecutivo.

La prospettiva di un governo di minoranza non sarebbe cosa insolita, considerata la storia della Svezia. Ma saranno i numeri a essere determinanti. E Löfven ha tante insidie da scansare. Guiderà un esecutivo che vuole cambiare il paese ma che non adotterà le tradizionali politiche fiscali tipiche della socialdemocrazia. Del resto la Svezia è cambiata negli ultimi anni. E a cambiarla ha contribuito anche Reinfeldt.

Immagine in evidenza: photo by Guillaume BaviereCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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