La Svezia alla ricerca di un governo

Pubblicato il 18 Settembre 2014 alle 08:37 Autore: Antonio Scafati

Che sarebbe stato complicato si era capito subito. I risultati delle elezioni di domenica scorsa hanno consegnato alla Svezia un Parlamento senza una maggioranza chiara. Stefan Löfven, leader del Partito Socialdemocratico, ha per le mani tanti pezzi di un puzzle dal disegno incerto: dove andare a pescare il sostegno parlamentare necessario per dare al paese un governo stabile?

La Svezia è un paese la cui storia è piena di governi di minoranza, ma stavolta la situazione è più confusa rispetto al passato. Colpa dell’avanzata dell’estrema destra targata Democratici Svedesi, ma colpa anche del mediocre risultato dei Verdi che speravano di arrivare al 10 per cento e invece si sono fermati al 6,8: meno seggi parlamentari e meno forza politica. Socialdemocratici e Verdi potrebbero anche formare un governo ma sarebbe troppo debole per durare.

Per Löfven c’è da affrontare una situazione inedita: mai nessun leader socialdemocratico di Svezia in passato ha dovuto formare un governo con un consenso elettorale così basso. Il 31,2 per cento costringerà il Partito Socialdemocratico non solo a dover contare anche sugli altri, ma a dover anche abbassare le pretese.

Löfven ha deciso da che parte non intende andare nel giro di poche ore: un esecutivo con i Verdi ma senza altri passi verso sinistra. Il leader socialdemocratico ha annunciato infatti di non voler formare un governo con il Partito della Sinistra: un “grosso errore”, secondo i diretti interessati. Löfven ha detto che cercherà la collaborazione del Partito di Sinistra su materie come il bilancio e il welfare, ma il leader Jonas Sjöstedt è stato meno conciliante: “Saremo un partito di opposizione”. Un sondaggio Demoskop ha mostrato che il 38 per cento degli elettori che ha scelto uno dei tre partiti del blocco rosso-verde considera sbagliata la mossa di Löfven.

Stefan Löfven

Stefan Löfven

Photo by Bengt NymanCC BY 2.0

Il leader socialdemocratico non vuole rinunciare alla possibilità di allargare verso il centro la platea che lo appoggerà. Ma secondo Mikael Gilljam, professore di scienze politiche all’Università di Göteborg, è una mossa estremamente rischiosa. E in effetti le dichiarazioni degli ultimi giorni sembrano mettere Löfven nei guai. Il Partito Popolare Liberale non sembra desideroso di stringere accordi con i Socialdemocratici. Martedì il leader Jan Björklund ha detto: “I rosso-verdi hanno vinto le elezioni. Adesso hanno la responsabilità di formare un governo. Noi staremo all’opposizione”.

Parlando della chiusura dei socialdemocratici nei confronti del Partito della Sinistra, Björklund ha detto che “avranno bisogno del loro sostegno in Parlamento. L’influenza di Sjöstedt potrebbe diventare ancora più grande”. Non ha torto: in Parlamento, soprattutto quando si tratterà di votare il bilancio statale, i Socialdemocratici non potranno fare a meno di quei voti.

Dover cercare appoggi a destra come a sinistra rischia di lasciare Löfven in mezzo al guado. Tutti gli riconoscono spiccate doti di negoziatore ma quello che il leader socialdemocratico ha davanti è un rebus davvero complicato che lascia aperte molteplici possibilità. L’unica certezza è che Löfven non vuole sedere al tavolo con i Democratici Svedesi, i quali accusano che “è da irresponsabili isolare il 13 per cento del paese” e annunciano che potrebbero votare la proposta di bilancio delle opposizioni: sarebbe il capolinea per i Socialdemocratici, che non potrebbero governare il paese con una legge di bilancio dettata dalle opposizioni.

È l’economia il problema principale. Socialdemocratici, Verdi e soprattutto Partito della Sinistra non condividono le stesse ricette. E ci sono divergente ovviamente anche con i partiti di centrodestra. Ma la soluzione passa per forza per una collaborazione tra le due sponde. Robert Bergqvist, capo economista del gruppo finanziario Skandinaviska Enskilda Banken, ha dichiarato che “la Svezia si è svegliata in un panorama politico diverso. Fondamentale per la stabilità sarà la capacità di cooperare dei partiti al di là delle correnti politiche”. Löfven aveva probabilmente in testa questo quando ieri ha dichiarato: “Sono pronto a cercare forme di collaborazione anche non tradizionali”.

Qualche certezza dal voto di domenica è comunque uscita fuori. Il primo ministro Fredrik Reinfeldt lascerà in primavera la guida dei Moderati. Un esito prevedibile e previsto. Imprevisto è stato invece l’annuncio di Anders Borg, ministro delle Finanze del governo di centrodestra e figura molto influente nel partito dei Moderati. Era dato quasi da tutti come successore di Reinfeldt: Borg ha invece annunciato di voler uscire di scena.

Immagine in evidenza: photo by Håkan DahlströmCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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