Stress test banche, sarà stato abbastanza “stressante”?

Pubblicato il 27 Ottobre 2014 alle 12:00 Autore: Giovanni De Mizio
stress test

Settimana di rimbalzo per le borse, specie grazie a interessanti notizie dovute agli stress test europei. Le indiscrezioni erano abbastanza ottimiste, e i dati rilasciati domenica hanno per gran parte confermato tali indiscrezioni. Ma con alcuni ma.

Erano 25 banche sulle 130 investigate dalla Banca Centrale Europea quelle che avevano capitale insufficiente al 31 dicembre 2013; tuttavia dodici di esse si sono messe in regola nel corso del 2014. Delle altre 13, alcune dovrebbero avere ulteriormente messo i conti in ordine (fra di esse, dice Bankitalia, la Banca Popolare di Milano e quella di Vicenza, le due italiane con un minore shortfall di capitale, rispettivamente 170 e 220 milioni).

STRESS TEST ED ITALIA

Per l’Italia restano le due più “disastrate” e più note alle cronache degli ultimi mesi: Banca Carige e Banca Monte dei Paschi di Siena, su cui gravano sia l’eccessivo investimento in titoli di Stato italiani, nonché la parte residua di Monti bond da restituire.

In generale, l’Italia è il Paese messo peggio: quattro delle tredici banche bocciate sono italiane, e dovranno raccogliere oltre un terzo di tutto il denaro richiesto agli istituti entro nove mesi (circa tre miliardi, di cui 2,1 MPS e 0,8 Carige).

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Le criticità non mancano: in generale gli stress test non sono stati troppo “stressanti”; se da un lato la crescita del PIL in caso di scenario avverso sembrano realistiche (ma a nostro avviso anche un po’ ottimistiche), il tasso di interesse di lungo periodo sembra essere troppo basso (inferiore al 6%). Difficile credere che se i mercati dovessero smettere di credere in Draghi (e se questi non interverrà) i tassi non torneranno sopra la “soglia della morte” del 7%, soglia cui si avvicinarono molto in quel drammatico autunno del 2011.

QUALITA’ DEL TEST

In secondo luogo pare che la BCE non abbia “stressato” le banche in un evento che sta diventando sempre più probabile (e per alcuni Paesi, fra cui l’Italia, è già realtà): quello di un prolungato periodo di deflazione o di bassa inflazione.

Infine, gli stress test hanno riguardato solo le grandi banche europee: che succede se le banche più piccole (e non stressate) stanno covando i germi di una crisi? La questione riguarda sia l’Italia (dove le Fondazioni, spesso in mano alla politica, non vogliono mollare la presa sulle banche), sia altri Paesi, come la Germania, dove le piccole e medie banche vanno a braccetto con la politica locale.

Intanto di una cosa abbiamo un indizio ulteriore: che la favola delle banche italiane solide perché legate al territorio è, appunto, una favola. Per quanto l’Italia abbia prestato meno (molto, molto meno) denaro per salvare il sistema bancario, viene fuori che le banche italiane sono quelle più affamate di liquidi. L’esame della qualità dei crediti vantati dalle banche lascia intendere che c’è molta polvere sotto il tappeto.

L’AGENDA

L’agenda macroeconomica apre con l’IFO che misura la fiducia delle aziende tedesche, atteso sostanzialmente invariato. Martedì toccherà alle aziende italiane, anche qui la fiducia è attesa ai livelli precedenti: gli ordini di beni durevoli USA dovrebbero far segnare un piccolo aumento, anche se il trend sembra essere in rallentamento.

Mercoledì la giornata sarà dominata dalla decisione della Federal Reserve, che dovrebbe porre la parola fine al Quantitative Easing parte terza (anche se già di parla di una parte quarta… che non sarebbe la quarta, peraltro). Nella nottata (ora europea) fra martedì e mercoledì arriveranno comunque i dati sulla produzione industriale giapponese, che dovrebbe far segnare un rimbalzo di oltre il 2% dopo due mesi di contrazione.

Giovedì gli USA avvieranno la stagione di PIL: la lettura preliminare dovrebbe far segnare una crescita del 3% su base trimestrale, meno del 4,6%. Le richieste di sussidi di disoccupazione sono attese in area 280mila. Attesa anche l’inflazione tedesca, in negativo per lo 0,1% su base mensile e in lieve accelerazione su base annua a +0,9% secondo le attese.

Venerdì toccherà all’inflazione italiana (o forse è meglio cominciare a chiamarla “deflazione”?): atteso un -0,2% sia su base mensile che su base annua, mentre quella armonizzata all’Europa dovrebbe salire dello 0,1% congiunturale e scendere dello stesso vall tendenziale. In generale, l’Eurozona dovrebbe segnare una crescita dei prezzi su base annua dello 0,4% (+0,8% per la componente core).