Da Barroso a Juncker: tra economia, rigore ed euroscetticismo

Pubblicato il 31 Ottobre 2014 alle 09:50 Autore: Antonio Scafati

Il passaggio di consegne c’è stato ieri pomeriggio a Bruxelles, Palazzo Berlaymont. Il portoghese José Manuel Barroso lascia la Commissione europea nelle mani del lussemburghese Jean-Claude Juncker, che la guiderà ufficialmente a partire da domani.

Negli ultimi giorni, Barroso ha spesso rivendicato i risultati ottenuti: “Alla fine, siamo riusciti a rispondere a una crisi senza precedenti” ha dichiarato, pur non nascondendo che “la nostra azione non è stata perfetta, anche per il complesso sistema decisionale dell’Ue per cui non è possibile muoversi abbastanza rapidamente”.

“Sono sempre stato convinto che ce l’avremmo fatta, ma ho dovuto tenere la nave nella giusta direzione, a volte andando contro venti molto forti” ha detto. Il momento più emozionante, ha confessato, è stato quando nel 2012 ha ritirato il Nobel per la Pace assegnato all’Unione europea. “La Commissione Ue ha sempre lottato per più solidarietà e sussidiarietà”.

Quella che lascia Barroso è però un’Europa ancora malata. La crisi economica è diventata rapidamente crisi politica e poi sociale: in discussione sono finiti meccanismi e decisioni dell’Unione europea, additata a volte come corresponsabile della crisi di questi anni, altre come ostacolo per la ripresa.

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Photo by European People’s PartyCC BY 2.0

Juncker ha parlato spesso di “ultima chance” per l’Europa. Il nuovo presidente della Commissione ha di fronte a sé un cammino tutt’altro che agevole. Un’economia ancora debole e una disoccupazione (soprattutto giovanile) ancora alta sono i problemi principali da affrontare. Ma non solo i soli.

Nell’Europa soffia forte il vento dell’euroscetticismo: soffia per le strade ma soffia anche nei corridoi delle istituzioni. Le elezioni del maggio scorso hanno mandato all’europarlamento una numerosa pattuglia di deputati eletti sulla base di un programma che prevede il cambiamento radicale (se non l’azzeramento) delle istituzioni comunitarie e della moneta unica.

I mercati e gli investitori dovranno essere convinti che il Vecchio Continente è ancora un buon posto dove portare i propri soldi. Ma Juncker dovrà ricostruire soprattutto il rapporto di fiducia tra le istituzioni europee e i cittadini.

L’Europa è però anche alla ricerca di nuovi equilibri interni ed esterni. Ai confini orientali ci sono le tensioni irrisolte con la Russia, in un incerto equilibrio che mescola i timori dei paesi dell’Europa dell’Est agli opportunismo economici dei paesi dell’Europa continentale.

La Gran Bretagna minaccia di abbandonare l’Unione, Francia e Italia spingono per maggiori margini di flessibilità, la Germania guida il gruppo di paesi convinti che rigore e crescita non si escludano a vicenda: in sostanza è l’irrisolta tensione tra i paesi dell’area mediterranea e i paesi del nord. Uno dei tanti problemi che Juncker dovrà affrontare.

Immagine in evidenza: photo by European People’s PartyCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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