Trattativa Stato-mafia: depositato l’interrogatorio di Napolitano

Pubblicato il 31 Ottobre 2014 alle 15:19 Autore: Erika Carpinella
deposizione napolitano

Questa mattina è stata depositata alla cancelleria della Corte d’assise di Palermo la trascrizione della deposizione che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto lo scorso martedì al Quirinale in merito alla presunta trattativa Stato- mafia. 

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Le dichiarazioni di Giorgio Napolitano. “La valutazione comune alle autorità istituzionali in generale e di governo in particolare” ha dichiarato ai giudici Napolitano riguardo gli attentati dell’estate 1993 a Roma e Milano “fu che si trattava di nuovi sussulti di una strategia stragista dell’ala più aggressiva della mafia, si parlava allora in modo particolare dei corleonesi, e in realtà quegli attentati, che poi colpirono edifici di particolare valore religioso, artistico e così via, si susseguirono secondo una logica che apparve unica e incalzante, per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut-aut, perché questi aut-aut potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure soprattutto di custodia in carcere dei mafiosi o potessero avere per sbocco la destabilizzazione politico-istituzionale del Paese e naturalmente era ed è materia opinabile”.

La deposizione del Capo dello Stato è raccolta in 86 pagine di trascrizione nelle quali Napolitano parla di Loris D’Ambrosio, suo consigliere giuridico morto nel 2012, e della strage di via D’Amelio. D’Ambrosio prima di morire scrisse una lettera nella quale palesava dubbi in merito a possibili accordi avvenuti tra Stato e cosche mafiose tra il 1989 ed il 1993. Alla domanda del pm “Lei notò una differenza di contenuti tra il contributo in bozza che le diede prima della pubblicazione e quello che invece fu poi effettivamente pubblicato nel libro della signora Falcone? (Maria Falcone, sorella del giudice assassinato, ndr)” Napolitano ha così risposto: “Di analogo sostanzialmente c’era soltanto lo scrupolo, lo spirito di verità che animava il dottor D’Ambrosio, perché lui in effetti usa in quella lettera, anche in alcuni momenti, un linguaggio forte quando dice “io sono convinto che qualcuno sapeva”, aveva saputo che quel viaggio a Palermo sarebbe stato tra gli ultimi, sarebbero diventati meno frequenti a seguito del trasferimento della sua consorte a Roma per la Commissione. Per il concorso in Magistratura. E lui dice: qualcuno quindi lo sapeva”.

Al pubblico ministero Nino Di Matteo che gli chiedeva se ci fosse stato un dibattito politico sulla conversione del dl che introduceva il 41bis per i mafiosi, Napolitano  ha così risposto: “Non credo che nessuno, allora, pensò che in una situazione così drammatica si potesse lasciare decadere il decreto alla scadenza dei 60 giorni, per poi rinnovarlo. Ci fu la convinzione  che si dovesse assolutamente dare questo segno all’avversario, al nemico mafioso”.

Sulla strage di via D’Amelio, in cui il 19 luglio del 1992 persero la vita Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, Napolitano ha dichiarato: “Sono convinto che la tragedia di via D’Amelio rappresentò un colpo di acceleratore decisivo per la conversione del decreto legge 8 giugno ‘92 sul carcere duro”.

 

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