Sud Sudan: la prima volta della Cina

Pubblicato il 19 Gennaio 2015 alle 16:27 Autore: Raffaele Masto

La Cina invierà in Sud Sudan un contingente di caschi blu con compiti di peacekeeping. La notizia è clamorosa, Pechino non ha mai inviato in Africa militari con le missioni delle Nazioni Unite. Il fatto segna una svolta.

Nuova politica estera

Che la politica estera africana della Cina stia cambiando non è cosa nuova. Finora Pechino è stata lineare: “abbiamo imprese, personale, disponibilità finanziarie e possiamo costruire qualunque cosa, infrastrutture, ponti, grattacieli, centri commerciali, ferrovie, palazzi istituzionali, stadi, aeroporti. Non avete denaro per pagare? Non importa, siamo interessati al vostro territorio, alle vostre risorse minerarie e agricole.Siamo un partner affidabile: non ci interessa da quando la vostra classe politica è al potere, non ci interessa se non rispettate i diritti umani, non ci interessa con chi siete schierati. Non siamo come europei e Stati Uniti che pongono un sacco di condizioni. Noi abbiamo bisogno di acqua, cibo, energia e le nostre imprese, pubbliche e private lavorano per questo”. Oggi comincia a non essere più così.

Sud Sudan cina

Il caso Sud Sudan

La Cina ha cominciato ad interessarsi della situazione politica interna e alle relazioni internazionali dei paesi nei quali investe. Oggi comincia a conoscere i nomi di eventuali oppositori e degli equilibri politici interni. Il Caso Sud Sudan è esemplare. Quando ancora c’era il Sudan Pechino era il principale partner commerciale di Khartoum, aveva contratti miliardari con il presidente Omar Al Bachir, soprattutto in campo petrolifero. Khartoum aveva siglato una serie di accordi per la ricerca, prospezione, estrazione, sfruttamento e commercializzazione dei ricchi giacimenti dello stato di Unity, di Abey, del Blue Nile. Poi però è arrivata l’indipendenza del Sud Sudan e i pozzi erano tutti, o quasi, nel Sud. Un guaio per Pechino, un grave danno economico.

Bisognava subito entrare in contatto con i nuovi dirigenti che però, dopo appena due anni hanno cominciato a farsi la guerra e il conflitto è ancora in corso. Pechino non può presentarsi da un presidente…perché ce ne sono due. Uno dei due vincerà. La Cina ha tutto l’interesse di fare accordi con il leader che controlla i pozzi. Ma se poi questo non vince? Ecco allora che Pechino ha bisogno di influenzare gli avvenimenti (come del resto hanno fatto sempre le potenze europee) e l’invio di una forza di peacekeeping diventava un passo se non necessario, almeno utile. Così, sotto il cielo africano, la situazione oggi è più complessa e le imprese pubbliche e private cinesi un po’ più dipendenti dalla politica estera della classe politica al potere a Pechino.

L'autore: Raffaele Masto

Giornalista di Radio Popolare-Popolare Network. E' stato inviato in Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa dove ha seguito le crisi politiche e i conflitti degli ultimi 25 anni. Per Sperling e Kupfer ha scritto "In Africa", "L'Africa del Tesoro". Sempre per Sperling e Kupfer ha scritto "Io Safiya" la storia di una donna nigeriana condannata alla lapidazione per adulterio. Questo libro è stato tradotto in sedici paesi. L'ultimo suo libro è uscito per per Mondadori: "Buongiorno Africa" (2011). E' inoltre autore del blog Buongiornoafrica.it
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