Gli archivi dello sport per raccontare gli Italiani

Pubblicato il 21 Gennaio 2015 alle 09:44 Autore: Gabriele Maestri

Quante volte la Rai ha trasmesso dal 2006 a oggi il volto di Fabio Grosso, quella manciata di secondi prima di tirare il rigore che ha consegnato all’Italia del calcio il suo quarto mondiale? Difficile da dire. Eppure è certo che quell’immagine, al pari delle vittorie di Nino Benvenuti, Valentino Rossi, Federica Pellegrini e Stefano Baldini (per citare i primi che sono venuti alla mente) sa riattivare le emozioni di milioni di persone, radunate davanti alla luce dei televisori. Quei filmati raccontano gli atleti, ma raccontano anche (e soprattutto) noi.

Anche per questo, ha un fascino particolare il ruolo di chi cerca, colloca, ripropone quelle immagini, impegnandosi a restituire il più possibile intatto il loro bagaglio di sensazioni. Tra loro sicuramente c’è Lucio Celletti, fondatore e gestore del sito Archeologia dello sport e attento cultore di ciò che i teleschermi hanno trasmesso in ambito sportivo. Da lui ci facciamo guidare nel tesoro immenso delle Teche Rai, con il rammarico che troppi di quei filmati giacciono ancora negli archivi dello sport, poco o per nulla valorizzati. Eppure, per tessere un racconto coinvolgente che includa tante delle nostre storie, basterebbe un po’ di sforzo in più.

logo_corel3Lucio, come si diventa “archeologo dello sport”? Cosa ti ha fatto appassionare alla ricerca e al culto delle immagini televisive sportive?

Essere “archeologo dello sport” presuppone una “malattia” non comune per tutti gli sport: all’insegna di questa “febbre”, Olimpiadi, Campionati Mondiali o Europei delle varie discipline appaiono quasi come una liturgia da dover vivere ogni anno nel segno della tradizione e della continuità.

Com’è cambiata l’attività passando dal videoregistratore alle nuove tecnologie?

Negli ultimi vent’anni abbiamo vissuto una fortissima evoluzione, si è passati quasi senza accorgercene dall’analogico al digitale. Ciò avviene un po’ in tutti campi della tecnologia (con i pregi dell’innovazione, talvolta con i rimpianti di ciò che era); tutto ciò richiede semplicemente un adeguamento.

Si può parlare di cultura sportiva? Se sì, quali sono gli ingredienti?

Potrei affermare che lo sport è soprattutto strumento primario di formazione culturale, direi che esiste quasi uno sport nello sport: quello della narrazione. Chi racconta le vicende sportive può entrare virtualmente nella tua casa, come un amico discreto, stare con te le ore necessarie per raccontare l’avvenimento, per poi svanire lasciando comunque il ricordo della sua presenza. Per questo ritengo che un cronista debba esprimersi non solo con competenza ma anche con familiarità. Nel passato ci sono stati straordinari radio-telecronisti che, oltre alla loro innegabile professionalità, avevano la caratteristica di essere anche professori d’italiano, grazie allo spirito di affabulazione ed al loro modo espressivo. Tanti ascoltatori di ieri, quotidianamente si esprimono  (quasi inconsapevolmente)  con i variegati linguaggi che la storia ci ha consegnato grazie a Ciotti, Ameri, Viola, Rosi, De Zan (e ne dimentico tanti..). Per fornire un esempio attuale guardate quanto è ancora amato dalla gente Bruno Pizzul: sono passati oltre dieci anni dalla sua pensione Rai, ma ogni sua partecipazione televisiva di oggi è un estremo piacere per tutti, in quanto la gente non dimentica le ore passate con l’”amico” Bruno. Lui in cabina, gli altri davanti allo schermo, eppure si creava quel filo immediato di empatia televisiva che a distanza di anni non si è dissolto.

Bruno_Pizzul

Da anni il calcio in tv fa la parte del leone; al di là delle abbuffate olimpiche, sulle reti generaliste hanno spazio giusto la Formula 1 e il motociclismo, qualche spicchio di tennis e di atletica, il ciclismo d’estate e – a tratti – gli sport invernali. Non c’è alternativa al predominio del pallone?

Purtroppo da anni ha preso piede una cultura monocalcistica: i mass-media (non solo le Tv ma anche i giornali) si sono resi conto che vendono di più parlando ad esempio di Lega Pro piuttosto che di un mondiale di una determinata disciplina. Credo ci siano fattori commerciali e d’ascolto che influiscano in maniera determinante sulle scelte che purtroppo non sono più quelle di una volta. Viceversa scelte redazionali audaci, volte a mutare questo stato di cose, probabilmente non verrebbero comunque apprezzate sufficientemente dalla massa.

Proprio i diritti di trasmissione del calcio (ma non solo) sono da sempre oggetto di lotte tra società, leghe ed emittenti e il fenomeno della tv a pagamento si è inserito in questa dinamica: come influisce questo sulla ricerca e sulla disponibilità delle immagini?

Purtroppo adesso si sta notando una forte differenza fra sport trasmesso e non trasmesso. Le aziende televisive hanno una propria logica che spesso non coincide con i desideri dello sportivo, cui non resta solo che il rammarico e la stizza per il fatto che pur spendendo importi più o meno alti per canoni, tessere tv, abbonamenti, c’è periodicamente un dato evento che finisce per non essere trasmesso. Il caso recente è quello del mondiale calcistico di club dal Marocco (che pure aveva le sue motivazioni supplementari, con la squadra del Pontefice impegnata in finale). Si è parlato tanto del Papa e della sua sana e genuina passione per il San Lorenzo, poi alla prima occasione agonistica mondiale concreta, nella quale condividere le emozioni con il Santo Padre, nessuna Tv nazionale ha ritenuto voler acquisire i diritti di quella competizione.

Berruti

Lo sport che merita di essere rivisto è in bianco e nero o a colori?

Secondo una mia opinione personale tutto ciò che appartiene ai primi trent’anni di televisione pubblica ha un fascino in più: quello di non appartenere (per la stragrande maggioranza dei teleutenti) all’era del videoregistratore nel formato VHS che ebbe un proprio boom tra il 1984 ed il 1985. Quanto alla differenza tra bianco/nero e colore, ognuna delle due realtà ha un proprio fascino: il bianco e nero fa parte di una generazione in cui la televisione era ogni giorno la pagina di un appassionante romanzo; il colore è la seconda parte di questo romanzo con tutte le sue nuove sfumature. Nei primi anni era percettibilmente diverso il colore di una telecronaca o di un servizio a seconda che le immagini pervenissero dalla Germania piuttosto che dall’Unione Sovietica, dall’Inghilterra piuttosto che dall’Ungheria. E proprio lo sport ci ha aiutato a comprendere queste differenze.

C’è stata o c’è una “età dell’oro” per lo sport in tv?

Anche qui mi esprimo con un concetto soggettivo: ritengo che ogni sport abbia un suo momento nostalgico più forte. Pensiamo al ciclismo ed all’avvento delle telecamere mobili, allo sci alpino ed all’atletica con la sovraimpressione del tempo di gara, alle Olimpiadi ed ai campionati mondiali di calcio che con l’avvento del satellite sono arrivate immediatamente nelle case della gente.
Pensate alla differenza fra i mondiali del Cile 1962 e quelli del Messico 1970: la partita Italia-Germania Ovest 4-3, evento del secolo è ricordata per come si è svolta e per le emozioni vissute in diretta nel silenzio della notte. Se questa semifinale si fosse disputata appena otto prima, non sarebbe stata il frutto di emozioni dirette al cuore ma solo un’opera di immaginazione individuale con tutte le differenze che una gara trasmessa due giorni dopo avrebbe poi provveduto solo in parte a correggere.

ita-ger

E’ possibile raccontare un paese attraverso lo sport filmato e/o commentato? Qual è la tecnica migliore per farlo? Meglio montare spezzoni di vari eventi, magari con un commento che tenga il filo conduttore, oppure rimandare in onda gare intere (magari con il commento originale) o trasmissioni sportive d’epoca?

Il racconto di un paese credo possa avvenire soprattutto per le riprese in esterno sul territorio, in special modo per il Giro d’Italia dove le immagini possono immortalare luoghi, piazze, strade, negozi e far riaffiorare piacevoli ricordi consumati dal tempo. Tuttavia in ogni partita, in ogni evento che torna alla memoria grazie alla riproposizione televisiva credo possa letteralmente riapparire soprattutto la nostra storia personale. Per questo credo sia più efficace una riproposizione d’epoca, possibilmente integrale. Ognuno di noi ha dei fotogrammi che sono rimasti scolpiti nel nostro cervello. Ciascuno, con un effetto mentale immediato, può rivedersi giovane, riabbracciare un parente che non c’è più, ricordarsi di quello che ha fatto in quel giorno, “rientrare” in una vecchia casa da tempo abbandonata. Insomma è un viaggio nella propria mente e nella propria coscienza, ritrovando quasi tangibilmente un passato che è il tempo non ha comunque cancellato. Ad esempio il rivedere una Domenica Sportiva per chi è stato studente negli anni Settanta e Ottanta non può essere disgiunto dall’incombente lunedì, con tutte le preoccupazioni scolastiche e universitarie dell’indomani.

In un passato recente, la Rai si era distinta per un uso intelligente del materiale presente nel suo archivio: penso soprattutto alle Perle di Sport e alle Memorie di RaiSport2. Da circa un anno invece quel lavoro certosino sembra scomparso: che è successo?

Ahimè, ahinoi, ahi tutti! Verosimilmente con l’avvento di una nuova dirigenza (stiamo parlando tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014) c’è stato un cambio di tendenza. Dal settembre 2011 al Dicembre 2013 c’era una programmazione specifica di Raisport2 (grazie al versante Raisport di Milano che non finiremo mai di ringraziare): con un’operazione di scavo assolutamente meritoria venne disseppellita una serie di eventi che non si pensava mai potessero tornare alla luce. Sono state confezionate oltre 400 trasmissioni dal titolo “Perle di Sport” ed hanno riavuto vita oltre cento trasmissioni integrali d’epoca (Domenica Sportiva, Domenica sprint, Eurogol, Sportsera, Novantesimo minuto). Esse suscitavano il gradimento dei telespettatori per la loro caratteristica di proporre immutato lo spirito del tempo, dando un’identità precisa al canale (insieme alle grandi produzioni del ciclismo e ad altre apprezzate telecronache). Bisogna dire che le Perle di Sport campeggiano tuttora sulle reti Rai (con un numero forse eccessivo di repliche) ma nei palinsesti giornalieri la programmazione si limita alla sola menzione della rubrica e non si dilunga sull’argomento trattato (non riuscendo quindi a coinvolgere minimamente coloro che ancora potrebbero essere interessati). Nel 2014 si è aggiunta una nuova rubrica nata il 6 gennaio 2014, intitolata “Ti ricordo ancora” che solo raramente (pur rispettando chi ci ha lavorato) è riuscita, secondo me, a trafiggere i cuori e le coscienze degli ascoltatori.

giro italia

La valorizzazione della memoria sportiva sembrava essere un ingrediente (forse appena un po’ generico) del piano editoriale di Carlo Paris, nominato direttore di RaiSport a ottobre. L’intenzione era buona o lo sforzo non era sufficiente? 

Nel suo discorso recente in Tv il Direttore Paris ha riproposto questo intendimento. C’è da precisare che le memorie non possono costituire una priorità dal punto di vista delle problematiche di Raisport ma esse non possono essere degradate alla sola caratteristica di riempitivo. Credo che la soluzione ragionevole sia un ritorno al recente passato, ripartendo con le puntate integrali tanto apprezzate e riattivando la rubrica “Perle di sport”. La Rai dispone di ottimi documentatori, utilizzarli nella maniera migliore è la via sicura per programmi di assoluta qualità. Bisogna però dire che la programmazione di Raisport dovrebbe essere razionalizzata con la conoscenza dell’argomento storico trattato: altrimenti non si valorizza il patrimonio della Rai, come invece si dovrebbe, solo per la pigrizia di non voler decollare.

In ogni caso il patrimonio della Rai deve essere considerato (dalla prima all’ultima trasmissione di ogni genere) come appartenente a tutti gli italiani e non a pochi fortunati che hanno la possibilità di accedere alle “bobine”; ho sempre detto che la Rai non deve nascondere ma semplicemente custodire il suo patrimonio. Proprio per questo l’apprezzamento per la programmazione di Raisport2 sarà comunque infinito. Non parlando solo di Raisport, ma di tutta la Rai (permettimi la breve divagazione) si potrebbe aggiungere che l’Ente televisivo italiano dovrebbe creare un archivio sul web sul modello della Francia: sul sito dell’Ina c’è un immenso patrimonio della Tv pubblica francese messo a disposizione di tutti, gratuitamente o con prezzi risibili. Questo avviene dal 2006!!

Il piano di Paris però comprendeva anche il sostanziale dimezzamento dei canali sportivi Rai (RaiSport2 trasmetterebbe gli stessi contenuti che il primo canale proporrà in alta definizione) e di fatto è stato bocciato dai redattori. Come leggi questo passaggio?

Consentimi di essere un po’ lungo ma l’argomento lo merita. Premetto che il Direttore Paris si è messo in luce con una carriera giornalistica particolarmente apprezzata, facendo della professionalità un suo punto di forza e quindi ha meritato il vertice di Raisport.  Il suo programma, esposto in tv il 12 gennaio scorso è apparso anche convincente. Lì non ha esplicitamente parlato di chiusura di Raisport2; però di questa evenienza parlano in tanti sul web; personalmente ritengo che tutti i giornalisti della redazione debbano lottare con tutte le proprie forze perché questo dimezzamento non avvenga.
Egualmente ritengo che tutte le intenzioni di Paris non possano trovare spazio con una Raisport ad un solo cilindro. Non possiamo conoscere le motivazioni specifiche che porterebbero alla cancellazione di un canale Rai ma possiamo paventarne le conseguenze.  Capiteranno nel corso della settimana concomitanze più o meno importanti, più o meno scomode, e Raisport non potrà pensare di parcheggiare l’evento non prescelto sul web in streaming perché ancora non è attrezzata per farlo nella maniera migliore. Sarà difficile piazzare rubriche ed anche le nostre amatissime memorie nei momenti in cui ci sono dirette.
Non si potrà pensare di chiedere spazio alle Tv generaliste perché esse non penseranno mai di dover ricedere i propri spazi e comunque li reclameranno anche se una discesa libera dovesse richiedere altro minutaggio per un rinvio dovuto al meteo. Non potranno essere gestite al meglio le Olimpiadi di Rio perché i paragoni impietosi con Londra 2012, verrebbero a realizzarsi in maniera direttamente proporzionale ai timori che già attualmente vi sono. Ci sarà un inconsapevole esodo verso altri lidi sportivi che trasmettono quello stesso evento a pagamento. Non è accettabile che la Rai acquisti un evento di qualsiasi sport se poi non avrà lo spazio di trasmetterlo adeguatamente: addio alle telecronache fiume del Giro d’Italia, alle grandi produzioni mondiali ed europee del nuoto e dell’atletica. Questi eventi hanno bisogno della pienezza dei tempi e degli spazi e la Rai, che ha delle professionalità di spicco nel campo dei telecronisti e dei bordocampisti, non potrà esprimersi al massimo perché mancheranno, giustappunto, tempo e spazio. E se invece queste manifestazioni occuperanno il tempo e lo spazio che meritano, saranno altre discipline a subirne le conseguenze. Una chiusura di Raisport2 sarebbe un fatto letale per tutto lo sport nazionale, dovrebbero capirlo e mobilitarsi anche i Presidenti delle varie federazioni sportive.

Polonara

Quale sarebbe il destino migliore per la seconda rete sportiva della Rai?

Mi auguro che la tanto temuta restrizione di Raisport non avvenga e se deve accadere l’irreparabile spero esso non avvenga prima dell’appuntamento olimpico di Rio 2016. Ma nel frattempo Raisport deve recuperare una credibilità che negli anni si è consunta per qualche episodio negativo: la gente deve ricominciare ad amare la Rai e il suo sport, esaltarne i pregi e comprenderne i difetti; sotto questo aspetto il “piano Paris” è assolutamente condivisibile, ma attuabile solo con la pienezza dei mezzi; se questi vengono dimezzati non penso possa essere realizzata la maggior parte dei propositi.

 I semplici appassionati possono fare qualcosa perché la videomemoria sportiva abbia più spazio e più attenzione?

Raisport ha il pregio di essere raggiungibile con i social network e quindi questo è l’unico strumento in mano agli abbonati per far sentire (in modo civile ed urbano, beninteso) la propria opinione. Queste pagine sono generalmente uno spazio di lamentele e doglianze; eppure una pagina Facebook dedicata alla Memoria di Raisport (adesso chiusa) aveva il pregio di contenere elogi anche sperticati sulla programmazione di Raisport2. Oggi però credo che l’appassionato sportivo debba non solo partecipare alla riaffermazione delle memorie di qualità ma anche contribuire alla sopravvivenza dei due canali di Raisport2. Il timore è che la maggioranza della gente si accorgerà di un’eventuale chiusura di Raisport2 solo a cose fatte; sarà difficile, per non dire impossibile, tornare indietro e con il canale ad alta definizione…ci faremo la birra.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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