ESCLUSIVA Paris e il futuro di Rai Sport: “Il 5 febbraio via alla digitalizzazione”

Pubblicato il 22 Gennaio 2015 alle 14:06 Autore: Gabriele Maestri
carlo paris

Nella storia della tv pubblica nessun direttore aveva mai presentato il piano editoriale – il suo progetto futuro per la testata – in video ai telespettatori prima di lui. Carlo Paris, alla guida di Rai Sport da settembre, lo ha fatto il 12 gennaio: un segno di trasparenza, apprezzabile a prescindere dai contenuti. Il nuovo corso della testata sportiva – tra l’altro, con meno opinionisti e programmi a base di parole, più interazioni con le reti generaliste, maggiore identità anche visiva – in prima battuta non ha incontrato il favore dei redattori, visto che ha avuto 49 voti contrari e 47 favorevoli (su 118 votanti).

Lui, in ogni caso, non demorde e si prepara a presentare il documento modificato nei prossimi giorni. Lo abbiamo intervistato, per cercare di capire quale sport vedremo sulla Rai e come sarà trasmesso. Nel futuro più o meno immediato, l’arrivo dell’alta definizione (sacrificando però un canale), un diverso atteggiamento verso la memoria televisiva e, soprattutto, un’anticipazione: il 5 febbraio partirà la digitalizzazione di Rai Sport, colmando un ritardo che si trascinava da troppo tempo.

carlo paris

Direttore, nel suo piano editoriale lei ha parlato di informazione completa e pluralista nello sport: come si declina il concetto di pluralismo, in questo ambito particolare?

Lo intendo come apertura a tutte le componenti dello sport, quelle famose e milionarie come pure quelle che molto spesso non trovano spazio nei giornali e soprattutto nelle televisioni, perché non portano sponsor, notorietà e audience. Credo che la tv pubblica di Stato debba poter coniugare tutto questo.

Mi ha colpito il richiamo alla necessità di avere attenzione (anche sul piano della formazione) per autori in tema di sport e curatori di programmi. Ha cercato di spiegare il loro ruolo, ma cosa manca oggi a queste figure? E, a monte, ne mancano in Rai?

Nel corso degli anni sono venute a mancare soprattutto all’interno delle redazioni. Quando ho messo i piedi in Rai per la prima volta, c’erano vari personaggi che hanno creato trasmissioni storiche – da 90° Minuto alla Domenica sportiva al Processo del lunedì: erano giornalisti, ma erano contemporaneamente ideatori e autori; penso anche a Marino Bartoletti, oltre ad altri nomi “storici”. Oggi non si cerca più la novità: abbiamo preferito un po’ tutti mettere da parte l’impegno per la ricerca e la sperimentazione di nuovi format in tutti i settori televisivi, sport compreso – anche su Mediaset e su Sky non ci sono grandi “voli pindarici” – mentre ci si siede sul talk, che è la forma più facile e più economica, sul piano dei soldi e dello sforzo mentale. È facile mettere tre o quattro persone attorno a un tavolo, accendere microfoni e telecamere e lasciarli parlare: questa però è la radio, non la televisione.

Rai Sport paris

Leggendo alcune interviste e ascoltando il piano un punto non mi è parso troppo chiaro: il fatto di avere finalmente un canale in HD si traduce nell’avere uno dei due canali di Rai Sport in quella tecnologia e l’altro che di fatto ritrasmette lo stesso palinsesto in definizione standard?

È così. Non c’è ancora la tempistica su tutto, ma sappiamo che se mandiamo un evento su Rai Sport 1 in HD, tutti coloro che non hanno il televisore che supporta quella definizione non lo vedono proprio, non lo ricevono. Quindi dobbiamo dedicare a queste persone – che non sono poche – un canale in SD, dunque in definizione più “bassa”, perché continuino a vedere quell’evento come lo vedono oggi, senza dover cambiare televisore.

Lei però ha parlato di sport pluralista e su varie discipline avete o pensate di acquisire i diritti: avere di fatto un canale solo non rischia di creare problemi di carenza di spazi per inserire tutto in palinsesto?

Guardi, è stata la mia preoccupazione iniziale. Il 29 settembre scorso – io ero direttore da pochi giorni – doveva partire la nuova programmazione di Rai Sport che prevedeva sul primo dei due canali 8 ore giornaliere di talk: io immediatamente ho tolto la metà dello spazio, poi tre quarti e ora abbiamo tra un’ora e un’ora e mezza al giorno. Questo significa che abbiamo liberato sei ore e mezza: è questo il tempo che ci consente di dare spazio a tutte le discipline sportive.

Il discorso vale anche per il fine settimana, che di fatto è il periodo più congestionato sul piano degli eventi?

Sì, anche nel fine settimana. Tra l’altro, ad alcuni eventi, sia per la qualità non eccelsa delle riprese, sia per la scarsa qualità sportiva, rinunceremo molto volentieri. Metteremo attenzione a questo e anche agli orari che stabiliremo con le Federazioni e le Leghe, non credo che avremo problemi con questo. Devo però dire che, al di là dei canali, ho trovato una disponibilità maggiore di Federazioni e Leghe, che prima chiedevano una “abbuffata” di spazi e di eventi, a prescindere anche dalla qualità delle immagini: questo faceva del male a noi, ma anche a loro, perché non era un buon biglietto da visita. Ora loro stessi hanno un atteggiamento diverso: facendo un esempio volutamente “estremo”, il kendo, arte più filosofica che marziale che ha una sua federazione, potrebbe trarre più beneficio – attirando più persone potenzialmente interessate – da un bel reportage, ben girato, montato a dovere e con musiche curate, piuttosto che da vari eventi ripresi con due telecamerine e montati “alla meno peggio”. L’idea resta sempre: qualità, invece che quantità.

Mazzola

Nel piano sono ottimi i riferimenti al patrimonio di memoria sportiva che la Rai ha. Avere un canale in meno però non toglie ancora più spazio ai programmi che pescano nel passato, già ridimensionati prima del suo arrivo? Lei stesso ha parlato del lavoro delle redazioni di Roma e soprattutto di Milano, molto impegnata nella ricerca (penso alle Memorie di Rai Sport 2, che riproponevano interi programmi storici della Rai)…

Devo dire che a Milano in particolare c’è una cultura, una teca e ci sono persone che sono molto, molto specializzate in questo. Noi però abbiamo buttato lì così le famose Perle, Memorie, … senza alcun punto di riferimento, magari perché nel palinsesto c’era un buco da riempire. Questo non deve più capitare, non si deve più mandare in onda un programma per 50 minuti perché bisognava coprirne 50, oppure di 25 perché ne servivano 25, con la logica del tappabuchi, trattare così le Teche è veramente bruttissimo. Italia-Germania 4-3 del 1970, per dire, deve andare in onda per qualche anniversario o ricorrenza, o magari perché si gioca un’altra partita con le stesse squadre. Trattare le memorie come riempitivi non sta bene a nessuno di noi; le Teche invece entreranno in sinergia con il palinsesto, si “parleranno” tra loro. Ci sarà magari meno materiale, ma più lavorato.

Perché è mancata finora questa interazione con il palinsesto? Tra l’altro, mi domando se davvero avere un canale in più sarebbe stato un grosso problema: la Rai i multiplex li ha e non credo che mandare in onda un canale di memorie, con palinsesti ben programmati, avrebbe un costo proibitivo…

Guardi, bisogna fare anche i conti con l’oste, che alla fine porta il conto. Tenere i due canali fatti in quel modo era un dispendio troppo forte: ci toglieva qualità perché mancava l’HD, non c’era il controllo di tutto quello che andava in onda… Prima di difendere canali “a prescindere” così bisogna difenderli con la qualità. Sono sicuro che spazi ce ne saranno per tutte le discipline sportive (che comunque si dovranno adeguare alla scelta del “prodotto buono”), per le Teche e anche per l’inserimento “immediato” nella cronaca nel palinsesto, quando dovesse servire: ci sono casi in cui la cronaca deve intervenire quasi con autorità, in base ai fatti che si verificano giorno per giorno.

giro italia paris rai sport

Certamente la voce “diritti sportivi” è una delle più costose ed è un settore molto delicato che fa gola a molti: avete intenzione di puntare su manifestazioni particolari, su cui la Rai ha o magari non ha ancora (o non ha più) i diritti?

Innanzitutto ci sarà garanzia totale, ovviamente dove è possibile, su tutte le discipline olimpiche. Senza voler fare polemica con nessuno, noi ci riteniamo la casa dello sport: la eravamo quarant’anni fa, la eravamo trent’anni fa, la siamo oggi e continueremo così tra dieci o vent’anni. Presi dall’entusiasmo del momento e dai risultati, tanti fanno a gara per avere i diritti di una disciplina sportiva che sta andando bene, poi però la mollano: noi invece, per esempio, ai mondiali di volley femminile abbiamo dato uno spazio su Rai2 arrivando a 4,5 milioni di telespettatori, nessuna rete “commerciale” lo ha fatto. La Rai ha coperto le Paralimpiadi come nessuno al mondo (non mi prendo io il merito perché non lo è, parlo da dipendente Rai) e coprirà allo stesso modo le prossime; altri parlano molto, ma non danno poi tutti questi spazi, anche ad esempio agli sport sociali e ai più piccoli, che come dicevamo normalmente non passano sugli schermi.

Volendo fare qualche esempio, la Rai pensa di acquistare i diritti sulla Vuelta o su certe manifestazioni come il Mondiale per club di calcio?

Guardi, francamente sulla Vuelta ora non ci sono novità: aspettiamo ovviamente, perché è l’unica cosa che ci manca del ciclismo, tutto il resto c’è, così come per lo sport della montagna invernale abbiamo tutto. Certo, se arrivasse qualche chicca… ma non voglio dire «Mi piacerebbe tanto questo o quest’altro», potrei dirle molte cose ma sono cose personali ed è inutile parlarne. Una vittoria invece gliela annuncio: dal 5 di febbraio parte la digitalizzazione di Rai Sport.

Quindi con la digitalizzazione si colmerebbe un bisogno che c’era da tempo?

Già, non era in nessun calendario purtroppo, si diceva «forse tra 27 mesi», invece parte il 5 febbraio: significa che potremo essere pronti a qualsiasi tipo di sfida tecnologica.

brasile olimpiadi

Le olimpiadi di Rio 2016 sembrano lontane, ma non lo sono: come pensate di gestire il palinsesto in quel caso? Con una rete olimpica come era stata Rai2 o diversamente?

Ci sarà certamente una rete olimpica generalista, ci sarà Rai Sport 1-2, ma ci saranno anche molti altri canali – il numero non è ancora stato stabilito – che seguiranno una disciplina senza staccare mai. Per dire, se ci saranno dodici ore di tuffi di seguito, ci sarà il canale che copre quella disciplina, lo stesso avverrà con l’atletica leggera: la Rai metterà a disposizione di Rai Sport una serie di canali, già oggi è in grado di darci un canale che segua per intero e con continuità un evento, se occorre.

Per finire, direttore, sul piano editoriale c’è stato un voto e l’esito non è stato favorevole: si è fatto un’idea di cosa può essere accaduto? Come intende procedere ora?

Intendo procedere come la legge chiede: entro quindici giorni da quel voto io ripresenterò il piano, arrivando dunque al 2 febbraio. Quanto al motivo del voto – 49 no contro 47 sì – ho un rispetto totale per qualunque risultato elettorale, vengo dal sindacato Usigrai e c’ero fino a pochi mesi fa, per cui devo prenderne atto. Ritengo comunque che in qualunque situazione sia difficile cambiare rotta, cambiare strategie e modus operandi: capisco che possa esserci qualche malcontento o qualche giudizio negativo, che in questo caso ha avuto la maggioranza, anche se solo di due voti. Andiamo comunque avanti, con un piano che punta a far arrivare Rai Sport in tutti i notiziari Rai, compreso il canale Rai News, che già ci ha chiesto molti interventi.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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