Jobs Act e articolo 18 possono convivere? La Novartis ci prova

Pubblicato il 28 Marzo 2015 alle 14:06 Autore: Antonio Atte

Jobs Act e articolo 18 possono convivere? A giudicare dall’esperimento condotto dal colosso farmaceutico Novartis, sembrerebbe di sì. L’industria farmaceutica svizzera, in un accordo siglato la settimana scorsa con i sindacati dei chimici di Cgil, Cisl e Uil, si è impegnata a recepire, nei confronti di 35 nuovi dipendenti, le nuove normative sul contratto previste dalla riforma del mercato del lavoro, rinunciando però alla parte relativa ai licenziamenti. La Novartis ha messo nero su bianco l’impegno a “formalizzare la propria scelta di non applicare le disposizioni del contratto a tutele crescenti relative al regime giuridico applicabile in caso di recesso datoriale dal rapporto di lavoro”. I dipendenti in questione – spiega all’Adnkronos Ermanno Donghi, segretario della Filtem Cgil – lavoravano in altre società del gruppo (sette provenivano da Alcon, tre da Sandoz e altri da un’altra azienda con sede a Milano), prima di essere “trasferiti con cessione del contratto individuale alla sede Novartis di Origgio (Varese)”.

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Novartis, Donghi (Filtem Cgil): “Si può costruire una nuova storia”

“Sono figure professionali specializzate di cui l’azienda aveva bisogno – spiega Donghi – ma con la cessione c’era il rischio che, pur lavorando da tempo e avendo acquisito importanti competenze, gli si applicasse il nuovo tipo di contratto. Nell’accordo abbiamo condiviso che l’azienda non applicherà le nuove norme sul licenziamento. Si tratta dunque di un contratto ‘ibrido’, perché a questi lavoratori sarebbe potuto essere applicato il nuovo sistema. Sarà così, ma non per la parte relativa al licenziamento”. Secondo Donghi, l’esperimento attuato dalla Novartis potrebbe essere il punto di partenza “per costruire una nuova storia” per quanto riguarda i rinnovi contrattuali del settore: “Il principio che sta iniziando a passare – conclude il sindacalista – è quindi quello di trovare una forma ‘alternativa’: sì al contratto a tutele crescenti, ma sì anche alla tutela attiva di lavoratori professionalizzati. Questo sarà un elemento importante che penso sarà applicato anche da altre aziende con particolare sensibilità”.

L'autore: Antonio Atte

Classe '90, stabiese, vive a Roma. Laureato al DAMS con 110 e lode, si sta specializzando in Informazione, editoria e giornalismo presso l'Università degli studi Roma Tre. E' appassionato di politica, cinema, letteratura e teatro. Mail: antonio.atte@termometropolitico.it. Su Twitter è @Antonio_Atte
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