Corruzione, Milella, Buccini e Manfellotto: oggi come nel 1992

Pubblicato il 16 Aprile 2015 alle 18:53 Autore: Giacomo Salvini

“In Italia non si fa business senza la politica” dice il Marcello Dell’Utri di 1992 a Leonardo Notte, esperto di marketing di Publitalia. Ma Goffredo Buccini, cronista giudiziario del Corriere della Sera ai tempi di Tangentopoli, ribalta l’aforisma: “Oggi non si fa la politica senza il business”. Siamo al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Il teatro della Sapienza è stracolmo di gente: giovani e meno giovani. Sono in molti che in quel 1992 “erano all’asilo”, altri neppure nati, qualcuno – come Alessandro Fabbri, creatore della serie tv in onda su Sky – al ginnasio. “1992: l’Italia di Tangentopoli” è il titolo di uno dei 112 panel in programma per questa IX edizione del festival che ogni anno porta a Perugia migliaia di giornalisti (o aspiranti tali) da tutto il mondo. Sul palco del piccolo teatro si alternano Liana Milella (Repubblica), Goffredo Buccini (Corriere della Sera), Bruno Manfellotto (l’Espresso) e Alessandro Fabbri (sceneggiatore), moderati da Maria Latella, volto noto di Sky.

Tangentopoli: una rivoluzione mancata

Parlando del 1992, i quattro relatori concordano su un punto-chiave: “E’ stato un anno rivoluzionario”. Nell’aria si avvertiva un forte bisogno di cambiamento, ma purtroppo “l’Italia del ’92 è la stessa Italia di oggi” e “niente è cambiato” chiarisce subito Liana Milella, al tempo cronista giudiziaria del Sole 24 Ore oggi a Largo Fochetti. “Gli stessi imprenditori” finiti nel sacco del pool di Di Pietro, infatti, “sono gli stessi che finiscono negli scandali di oggi”, cioè il Mose, l’Expo, la Cpl Concordia. Buccini, rincarando la dose, pensa che Mani Pulite sia “una faccenda ancora aperta sia in termini politici che giudiziari”. Ma, rispetto ai tempi, oggi “non esistono più le tangenti nelle bustarelle” perché “è la politica a preparare con le norme il fenomeno corruttivo, basti pensare alla legge obiettivo del 2001 del governo Berlusconi”.

Anche Bruno Manfellotto è d’accordo. “Oggi si è molto abbassato il livello della corruzione”, dice. E rispetto a quando? La cesura è “il famoso discorso di Craxi in Parlamento in cui accusava il suo e gli altri partiti di intascare finanziamenti illeciti”. Dopo non si è più “rubato per il partito”, ma hanno iniziato “i singoli politici” a prendere le tangenti. Così, capita che la massima del mai banale Rino Formica (Psi)– “il convento è povero ma i frati sono ricchi”– passi alla storia come l’emblema di una classe dirigente sempre più deviata. Intanto, tra aneddoti, qualche screzio e molti applausi, l’incontro scorre via veloce ma qualche minuto per parlare anche della più stretta attualità rimane.

craxi

Milella: “Contro il bavaglio alla stampa”

Ieri Matteo Renzi e Andrea Orlando hanno annunciato in coro che entro l’anno sarà approvata una norma per regolare le intercettazioni pubblicabili sui giornali. La giornalista di Repubblica in esclusiva a Termometro Politico dice che “una legge sulle intercettazioni non è un’emergenza nazionale” ma, soprattutto, che con le “norme vigenti” esiste già la possibilità “di superare la pubblicazione di testi che riguardano il privato delle persone” e che spesso finiscono sui giornali, pur essendo penalmente irrilevanti. Perciò – conclude– “da una parte si vuole limitare de facto il potere dei magistrati” perché “costringerli ad una selezione stringente del materiale da inserire nei loro atti significa portare meno carte nei processi e magari avere meno prove per condannare i colpevoli” e, dall’altra, si vuole “imbavagliare” i giornalisti per “evitare che pubblichino le intercettazioni”.

Buccini: “Garantisti solo in aula”

Nel suo intervento il giornalista del Corsera ammonisce: “Ai tempi di Mani Pulite bastava un avviso di garanzia per dimettersi, oggi si aspetta la Cassazione e la Severino”. Quindi, è “giusto essere garantisti dal punto di vista giudiziario” ma “non da un punto di vista politico per un discorso di opportunità”. A Termometro Politico poi chiarisce che questo è possibile nel nostro paese e non negli altri per “colpa degli italiani stessi”. Cioè? “In un paese normale se un politico non si dimette dopo un avviso di garanzia viene punito dall’elettorato al giro successivo, non venendo rieletto” mentre gli italiani non hanno alcun tipo di “coscienza civile” e “non tengono minimamente conto di questi aspetti”. La riprova: 2018.

 

Giacomo Salvini

L'autore: Giacomo Salvini

Studente di Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze. 20 anni, nato a Livorno. Mi occupo di politica e tutto ciò che ci gira intorno. Collaboro con Termometro Politico dal 2013. Su Twitter @salvini_giacomo
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