D’Alema: “Non odio Veltroni, ma il leaderismo è colpa sua”

Pubblicato il 27 Aprile 2015 alle 15:11 Autore: Daniele Errera
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D’Alema contro Veltroni, ci risiamo. Una storia sorta negli anni 70’, c’era ancora il Partito Comunista Italiano, e poi proseguita tra Pds, Ds e quindi nel Pd. Anche se i due non sono più dirigenti attivi. D’Alema, ad un’iniziativa nel circolo Arci ‘Fuori Orario’ tra Parma e Reggio Emilia, dà il via ad una nuova polemica, condita di retaggi del passato.

Il tema principale è la deriva leaderistica che il Partito Democratico evidenziata fin dal 2007, anno di nascita. Il suo primo leader, Walter Veltroni, secondo D’Alema, non può che esserne colpevole: “Io non odio Veltroni – dichiara l’ex premier – ma gli imputo la colpa del leaderismo che ci ha portati dove stiamo. M’invitò alla prima di Quando c’era Berlinguer, ho dovuto declinare l’invito perché avevo un convegno, in Cina. Ma poi ha insistito. E con lui le nostre figlie. Io e lui abbiamo un universo sentimentale comune e siamo prigionieri delle nostre figlie”.

matteo renzi walter veltroni

“Stili diversi, io più buono”

D’Alema parla dei loro stili, estremamente differenti: “Non è vero che Veltroni è più buono e io più furbo. È l’opposto. Lui è talmente scaltro che si è fatto passare per buono. Io gli voglio bene, ma lui ha dato questa impronta americana al partito. Non è un fatto criminale, ma io ho un’altra concezione. Lui una volta ha detto che non è mai stato comunista, io non potrei dirlo non solo perché non è vero ma perché lo sono stato e non me ne vergogno”.

L’ex segretario Pci Puglia, poi, passa a Renzi. Per D’Alema il passaggio è quasi d’obbligo, vista la vicinanza di concezione partitica: “Nel Pci non c’era la democrazia, c’era il centralismo democratico”, racconta ‘baffino’. “Ora invece? Peggio, solo la ratifica delle idee, mutevoli, espresse dal nostro leader. Il Pd è meno democratico di quel Pci. La verità è che abbiamo fatto il partito che sognava Berlusconi. Renzi è una versione tra virgolette di sinistra di Berlusconi”.

Infine respinge le solite voci di allontanamento dal partito che ha contribuito a fondare ed organizzare: “Capisco chi non fa la tessera. Riprendiamoci casa nostra” “Ma perché –chiedono dal pubblico del circolo Arci – non ce ne andiamo da questo Pd?Io non vado in un gruppo minoritario, ho passato la vita a inseguire l’idea di un grande partito riformista. Dobbiamo riprenderci casa nostra. Nel frattempo facciamo associazioni, teniamo aperti posti come questo, anche per chi non ha più lo stomaco di prendere la tessera del Pd, perché li capisco, ma non disperdiamoci”.

L'autore: Daniele Errera

Nato a Roma classe 1989. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali con la tesi "Dal Pds al Pd: evoluzione dell'organizzazione interna". Appassionato di politica, ha ricoperto vari ruoli nel Partito Democratico e nei Giovani Democratici. E' attivo nell'associazionismo territoriale.
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