Le tre lezioni del voto in Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta

Pubblicato il 11 Maggio 2015 alle 19:31 Autore: Livio Ricciardelli

La sostanziale vittoria del centrosinistra alle comunali in Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige (al netto del dato bolzanino, dove il sindaco uscente Spagnolli dovrà giocarsi il ballottaggio ma con oltre il 10% di vantaggio sul candidato del centrodestra) non deve stupirci considerando la frammentarietà del sistema politico attuale. Ci lascia comunque qualche dato e qualche lezione da considerare.

Il calo della Svp

Frse il dato maggiormente rilevante per la provincia di Bolzano è il crollo del “partito-stato” Svp. Nel 2010 il Partito Popolare Sudtirolese si piazzò al primo posto per numero di voti nel comune di Bolzano. Si trattò di un dato apparentemente scontato: Bolzano risulta essere tuttora una città sostanzialmente “italiana” e dove storicamente un partito autonomista “chiuso” come quello al potere nella provincia autonoma difficilmente attacca. Cinque anni fa però si viveva il “buio periodo bersaniano”, in cui sembrava ci fosse un disegno nel non far emergere il Pd come forza di governo. Da qui un’affermazione non scontata da parte dei sudtirolesi.

Nonostante tutto i dati della giornata di lunedì non ci mostrano soltanto una Svp che non arriva al 15% nelle comunali bolzanine. Ma anche un partito che ha difficoltà nelle valli, tradizionale bacino di consensi per la formazione autonomista. In molti comuni (se escludiamo quelli commissariati a causa del mancato raggiungimento del quorum del 50+1 dei votanti, come Ortisei) addirittura i popolari sudtirolesi vengono sconfitti da liste civiche locali. E stiamo parlando di comuni dove la formazione politica che fu di Silvius Magnago ha sempre governato! Una dinamica da “fine impero” come le elezioni politiche sovietiche dell’89, dove in molti collegi i candidati del Pcus persero contro i pionieristici (per l’Europa orientale) “civici”. Nonostante la recente visita di Renzi a Bolzano, sembra che col tempo la tradizione tenda ad assumere i connotati dell’oppressione. Non solo nella fascia appenninica.

elezioni trentino

Alessandro Andreatta (Pd), riconfermato ieri sindaco di Trento

L’exploit della Lega

Il risultato elettorale per la formazione salviniana è sostanzialmente positivo nella misura in cui risulta in crescita rispetto al 2010. Ci sono però due reali aspetti da considerare nell’analizzare l’elettorato leghista sia in Trentino sia in Alto Adige. In primo luogo questo voto sancisce la fine di qualsiasi velleità autonomistica da parte del Carroccio: la crescita del movimento leghista in un’area che, per quanto nordista, ha sempre resistito alle sirene bossiane rispetto a Lombardia a Veneto, testimonia come il movimento assuma sempre più connotati nazionali (e quindi in provincia di Bolzano anche anti-Svp, sulla falsariga di An fino a qualche anno fa) e sempre meno connotati nordisti.

Un tempo l’esponente di punta della Lega Nord in Trentino era il consigliere provinciale Erminio Boso, che non esitava a candidarsi per il Parlamento Padano nelle file della lista agraria e conservatrice “Unione Padana Agricoltura, Ambiente, Caccia e Pesca”. Dopo Boso venne Sergio Divina, candidato con scarso successo alle provinciali 2008 contro Dellai e giù responsabile esteri del Carroccio. Personalità anomale, ma comunque integrate nel discorso bossiano secondo cui la Lega era il partito dei territori. Ad oggi invece il voto dell’estremo nord al Carroccio, è attribuibile solamente alla figura di Salvini ed al suo carisma.

Nuove Dc? Il caso valdostano

Alle elezioni comunali di Aosta del 2010 si definì l’Union Valdotaine come la formazione politica che fa “il buono ed il cattivo tempo”. Determinante fu in quel caso il ruolo del movimento che fu di Bruno Salvatori nella vittoria del candidato del centrodestra Giordano Bruno al primo turno. Ogg il quadro sembra essere radicalmente cambiato nella misura in cui l’Uv sostiene il centrosinistra anche a livello nazionale (almeno si spera). Da qui l’affermazione netta ed al primo turno di Fulvio Centoz.

Tre elementi principali in un quadro in cui il Pd tiene come perno centrale del paese mentre Forza Italia risulta essere schiacciata sul versante “nazionalista” dal Carroccio.Tutto questo in un complesso quadro d’autonomismo sostanzialmente riuscito e quindi necessariamente gravido di incognite e stranezze politiche.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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