Dal sindacato unico al sindacato confederale unitario

Pubblicato il 24 Maggio 2015 alle 16:05 Autore: Livio Ricciardelli
Rappresentanza sindacale

Fino a qualche anno fa si sosteneva che in realtà Matteo Renzi avesse qualche problemino di comunicazione. Sembra una boutade, una presa in giro. Ma fino ad un certo punto. Nel periodo di maggior enfasi rottamatrice molto spesso il gruppo dirigente democratico metteva i bastoni tra le ruote al sindaco di Firenze. In primis organizzandogli casualmente manifestazioni sempre in contemporanea alla Leopolda (assemblea dei circoli nel 2010, incontro sul Mezzogiorno nel 2011). In secondo luogo dipingendo il toscano quasi alla stregua di una “fascista” (denotando però in questo modo una grande paura nei confronti della sua capacità espansiva) attraverso una martellante campagna di comunicazione. Tra le colpe principali di Renzi c’era stata quella di essere andato a cena a casa di Berlusconi per sbloccare qualche fondo governativo per la città di Firenze. Un’accusa superficiale, per certi versi populista e comunque poco elaborata. Ma che mirava all’accostamento indiscriminato Renzi-Berlusconi. Nonostante sia stato un fenomeno del tutto marginale rispetto alla sua successiva cavalcata, Matteo Renzi non è effettivamente mai riuscito a rispondere adeguatamente ad una “critica” di questo genere.

A suo modo può essere considerato un “errore di comunicazione” la sua dichiarazione a “Bersaglio Mobile” sul sindacato unico. Un’accusa che ha portato ad una levata di scudi da parte del mondo sindacale, ben felice di ritrarre il capo del governo come un autoritario e un…fascista, appunto!

sindacati

Non sappiamo se l’enfasi comunicativa tesa alla semplificazione del messaggio politico (la signora Maria non comprenderà mai la differenza tra Cgil, Cisl e Uil) abbia avuto la meglio sull’errore materiale. Fatto sta che formalmente la proposta di un sindacato unico è pura astrazione.

Probabilmente Renzi si riferiva ad un altro aspetto legato al tema delle divisioni del modo sindacale. Aspetto che però non ha mai approfondito abbastanza. E non sappiamo se per superficialità o per mettere tutti in uno stesso calderone, dando vita ad una campagna comunicativa dai tratti popolari.

Partendo comunque da presupposto che la dichiarazione di Renzi sui sindacati è stata “superficiale”, nella misura in cui non è stata spiegata bene, il tema politico è questo: Renzi ha utilizzato l’espressione “sindacato unico”. Ma probabilmente intendeva “sindacato confederale unito”.

La stessa Susanna Camusso (sic) ha dichiarato che più che di un sindacato unico occorre un sindacato unitario.

Il Presidente del Consiglio infatti lancia questo messaggio (o almeno, lo si deduce dalla sua azione politica): oggi i sindacati rappresentano sempre meno lavoratori. Il posto fisso è appannaggio di un’elite e c’è stato un cambiamento di paradigma nel mondo del lavoro a partire dal 1980, quando i “colletti bianchi” hanno superato numericamente la categoria dei “colletti blu”. Per stare al passo coi tempi, il sindacato deve ripensarsi. Dovrebbe adattarsi ad una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro e ad un relativo aumento dell’età pensionabile. Al tempo stesso non può essere legato ai totem del passato, in una perversa spirale in cui c’è la rappresentanza sindacale “comunista”, socialista e cristiano democratica. Quindi basta con queste divisioni. I sindacati confederali tornino all’origine, quando esisteva solo la Cgil. E sposino una piattaforma unitaria in grado di parlare con una sola voce senza sigle e siglette. Da un certo punto di vista, un gesto di grande sensibilità da parte di un leader della sinistra riformista nei confronti delle associazioni che dovrebbero tutelare i diritti dei lavoratori.

Ha invece utilizzato il termine “unico” che vuole dire “uno e un solo sindacato”. Da qui le accuse di corporativismo e di fascismo sono arrivate a iosa. Non sappiamo se questa mancanza di chiarezza da parte di Renzi sia dovuta (per generalizzare e deridere alcune posizioni dei sindacalisti litigiosi) o no. Non lo sapremo mai. I giornalisti a quanto pare hanno altre cose più interessanti da chiedergli.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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