Renzi e quella rottamazione che non c’è più

Pubblicato il 26 Maggio 2015 alle 16:42 Autore: Alessandro De Luca
bandiere del partito democratico con sfondo cielo sereno

“Lo diciamo in modo brutale: la rottamazione non esiste più”. Questa, in maniera molto sintetica, è la differenza che Claudio Cerasa, dalle colonne del Foglio, rileva tra il Pd che si presentò alle europee di un anno fa e quello che domenica andrà alle urne per le regionali.

Nelle regioni candidati “non rottamati”

“Se Matteo Renzi oggi non fosse presidente del Consiglio e segretario del Pd”, scrive Cerasa, “non potrebbe non notare che tra le europee del 2014 e le regionali del 2015 ci sono sì alcuni punti in comune (Italicum votato prima delle regionali, un avversario che stenta a decollare) ma ci sono soprattutto diversi elementi di contraddizione tra loro. Le facce prima di tutto”.

Se, infatti, all’indomani del voto europeo, sostiene Cerasa, al Nazareno saltava all’occhio il fatto che “si riunì una nuova classe dirigente del Pd”, fatta di “ragazze semisconosciute che riuscirono a riflettere l’elemento di novità introdotto dalla figura renziana”, oggi non si può dire altrettanto scorgendo i nomi dei candidati governatori.

rottamazione

Alcuni di essi sono “anti-renziani”

Fatta eccezione per la ligure Raffaella Paita e la veneta Alessandra Moretti, infatti, tra gli aspiranti presidenti non ci sono volti nuovissimi della politica. Essi, poi, o sono “anti-renziani di ferro” o, comunque, candidati che non gravitavano nell’orbita del premier.

Tra i primi, Cerasa cita il governatore uscente toscano Enrico Rossi, la umbra Catiuscia Marini, che è stata anche membro della segreteria democratica ai tempi di Bersani, e il bersaniano ex sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli, oggi in corsa per la poltrona di governatore delle Marche contro l’uscente Gian Mario Spacca (ex Pd passato al centrodestra).

Tra i secondi, invece, il direttore del Foglio annovera i restanti due aspiranti presidenti. Cerasa, infatti, ricorda che Michele Emiliano, all’epoca sindaco di Bari, era “il candidato alla presidenza dell’Anci che Renzi, quando riuscì a imporre Delrio, non voleva in quanto rappresentante di un vecchio modo di far politica”. Per quanto riguarda, invece, il nome del partito in Campania, Vincenzo De Luca, Cerasa ha sottolineato che “considerandolo troppo legato al vecchio mondo cozzoliniano” Renzi “ha, però, provato fino all’ultimo a far scendere dal carro”.

In sostanza,  secondo il direttore del Foglio, il premier sta provando “a nazionalizzare le regionali” perché “l’energia della rottamazione si è esaurita”. Comunque, continua l’articolo, il premier “continuerà a vincere” finché non avrà avversari, ma quando essi compariranno il partito lo potrebbe “inghiottire” con velocità.

L'autore: Alessandro De Luca

Classe 1990. Laureato in Scienze politiche (indirizzo Scienze di governo e della Comunicazione Pubblica) alla Luiss Guido Carli di Roma. Giornalismo e politica, le mie passioni da sempre. Collabora con Termometro Politico da maggio 2014. Attualmente è membro di Giunta dell'Associazione Luca Coscioni.
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