Crisi Grecia, le origini: la folle spesa socialista degli anni 80

Pubblicato il 5 Luglio 2015 alle 14:00 Autore: Gianni Balduzzi
Crisi Grecia, linea blu con anni sotto che descrive l'aumento del debito

Crisi Grecia, le origini: la folle spesa socialista degli anni 80

Da dove giunge e qual è l’origine della situazione che ha portato la Grecia sulle prime pagine dei giornali mondiali in queste ultime settimane? Da dove è cominciata quella rincorsa verso l’inefficienza economica, il debito, il deficit che hanno costretto il Paese a chiedere aiuto alla troika, con tutte le conseguenze che vediamo?

In realtà i guai greci non si sono originati con Angela Merkel, ma in un’epoca in cui la cancelliera tedesca era una giovane ricercatrice nella Germania Est, con un primo ministro erede di una celebre famiglia, i Kennedy dell’Egeo, i Papandreou.

Andreas giunse alla vittoria elettorale nel 1981, occupando il posto di primo ministro come suo padre Georgios negli anni ’60 e come poi farà suo figlio nel 2009. Il partito che aveva fondato, il PASOK, partito socialista, era, a differenza degli altri partiti socialdemocratici europei, intriso anche di un profondo nazionalismo e populismo che vedeva come prioritaria una rivalsa della Grecia nei confronti del resto d’Europa di fronte alla quale il Paese era allora molto arretrato, una società contadina, che non aveva ancora conosciuto la modernità, men che meno quel welfare che tutto il mondo, e soprattutto il Sud dell’Europa, invidiava al Nord. Con la promessa di questo cambio radicale, di sradicare anche in Grecia la povertà assieme alla retorica nazionalista molto spesso anti-americana e anti-capitalista, la vittoria alle elezioni del 1981 fu facile.

Furono subito intraprese misure di imponente spesa pubblica: il salario minimo fu alzato del 40%, le pensioni minime, legate a questo salario di base, seguirono lo stesso trend, e l’aumento fu massimo nelle pensioni agricole, non legate ad un fondo contributivo; inoltre come in Italia fu allargato l’accesso a queste pensioni da coltivatori diretti anche alle donne con qualche legame con l’agricoltura. Ciò ebbe un enorme impatto su un Paese ancora molto agricolo.

Fu creato un sistema sanitario nazionale nel 1983 sul modello di quello italiano del 1978, ma al contrario dell’Italia non furono aboliti i tanti fondi sanitari pre-esistenti, con conseguente moltiplicazione dei costi. Molti più medici furono assunti con grandi aumenti di salario.

Furono inoltre varati piani di assistenza diretta a varie categorie di cittadini, in particolare le donne.

Dopo due anni – tra il 1985 e il 1987 – di moderazione, la quale fece calare dal 23% al 15% l’inflazione, l’esigenza di non perdere le elezioni del 1989 fece riprendere la spesa allegra.

Il risultato come vediamo di seguito fu che la spesa primaria passò dal 24% al 43% del PIL, mentre le entrate salirono molto meno, dal 20% al 27%, visto che non fu fatto nulla per combattere l’evasione e l’elusione fiscale che anzi il sistema clientelare fomentò maggiormente.

Crisi Grecia, linee una rossa e una blu con i numeri che indicano entrate e uscite

Se consideriamo la spesa totale, inclusi gli interessi sul debito, si è passati dal 32,4% del PIL nel 1975 – il 12,3% in meno della media della Comunità Europea, secondo l’OCSE –  al 55,7% a fine anni ’80, ben l’8% in più della media.

A causa dei tassi al 12% in media, lo Stato greco nel 1990 dedicava il 15% del PIL al pagamento degli interessi.

Non è difficile immaginare quindi come il debito sia decollato dal 22% del 1980 al 98% del 1990.

Crisi Grecia, linea blu con anni sotto che descrive l'aumento del debito

L’inflazione media rimase al 18% di media per tutti gli anni ’80, quando in Italia per esempio si era scesi già dal 1985 al 5-6%.

Ma a quale scopo? Cosa ottenne il governo socialista con questa spesa? Il lato qualitativo è forse anche più importante di quello quantitativo.

Crisi Grecia: una storia di clientelismo e inefficienza

Come abbiamo visto lo scopo era quello di portare la Grecia in Europa anche dal punto di vista del welfare, tuttavia il modello greco che dagli anni ’80 si è realizzato ha assunto delle caratteristiche che l’hanno reso simile, ma in peggio, a quello italiano; un welfare basato su trasferimenti diretti a categorie “protette” di lavoratori corteggiati dalla politica, come i dipendenti statali, con generosi aumenti di salario, o come i pensionati, basato sugli assegni di invalidità distribuiti a pioggia e spesso a chi non ne aveva diritto. E invece sono state ignorate, o quasi, le situazioni di vera marginalità, di povertà ed esclusione, come i disoccupati o le famiglie con disabili, ovvero tutto quel tipo di intervento – presente nel Nordeuropa – che non si basa solo su pensioni e salari, ma anche su una assistenza al reimpiego o all’occupazione per disoccupati di lungo periodo e chi non ha mai lavorato, invece assenti in Grecia.

Di fatto invece la maggiore forma di welfare fu la crescita del settore pubblico, nel 1975: alla fine della dittatura militare il settore pubblico costituiva il 35% dell’economia nazionale, mentre nel 1990 era il 60%, e l’80% di questo aumento del 25% si verificò tra il 1980 e il 1990.

In assenza invece di un welfare veramente universale rivolto a tutti gli individui si è dovuto sviluppare, come unico strumento il clientelismo, la protezione del potente, la raccomandazione per entrare nelle aree di privilegio come l’occupazione statale o ricevere una pensione di invalidità.

Il clientelismo divenne quindi dagli anni 80 una pratica strutturale, favorito dal bipartitismo ormai creatosi fin dalle elezioni del 1981. Il grande numero di assunzioni nel settore pubblico in quegli anni fu effettuato tramite la lottizzazione politica: con la concessione cioè di un lavoro pubblico a chi era fedele al PASOK prima o a Nuova Democrazia dopo, con la distribuzione di posti a chi proveniva dal determinato feudo elettorale del potente di turno in vari settori della pubblica amministrazione, naturalmente divisa in aree di influenza tra i colonnelli dei due partiti politici, in un sistema di lottizzazione che in fondo anche noi italiani conosciamo bene.

Essendo la meritocrazia un concetto inesistente, il clientelismo ha plasmato lo stato greco come una roccia sedimentaria con i diversi strati corrispondenti alle assunzioni fatte negli anni di vittorie elettorali dei due diversi partiti, e tutti i livelli, in particolare quelli più alti della pubblica amministrazione, che hanno visto promozioni dipendere solo dalla fedeltà politica e non dalla competenza.

La trasformazione di diritti in favori ha portato all’esplosione della corruzione, calcolata come un 8% del PIL nel 2009: di fatto Trasparency International ha calcolato che ogni greco all’anno versava 1355€ di tangenti per accedere a cure mediche, avere permessi di costruzione e persino per ottenere la patente.

Crisi Grecia, le conseguenze sull’economia di questo modello di sviluppo

Portarono qualche vero beneficio queste misure di Papandreou? A osservare i numeri no, gli anni ’80 furono in Grecia una decade perduta. Come vediamo dallo schema di seguito la crescita pro capite fu la più bassa di tutti i decenni, la produttività calò e aumentò la disoccupazione.

crisi grecia, tabella con decenni in alto e indici economici e percentuali

Si noti soprattutto l’altissima inflazione, provocata dal fatto che questa spesa facile e queste assunzioni nel pubblico crearono una classe sociale consumista desiderosa di beni di consumo avanzati, che però la Grecia non produceva e così le importazioni decollarono. Negli anni ’80 la Grecia esportava il 25% di quanto prodotto, ma la quota di prodotti importati tra quelli consumati decollò dal 30% al 57%, con le conseguenze che vediamo sull’inflazione.

La sentenza finale su quel periodo che segna l’inizio del modello greco è il  seguente grafico sul reddito procapite paragonato a quello medio europeo, che vede proprio il 1980 come inizio del declino, soprattutto perchè la nuova Grecia socialista e clientelare non tenne il passo della crescita del resto d’Europa. Da un reddito che era il 95% della media europea scese fino al 71% del 2000, per poi risalire fino al 2008. Il resto è poi storia recente, cioè la tragedia greca che conosciamo.

Crisi Grecia, linea blu con le date, che indica il calo del PIL procapite

 

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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