Friuli Venezia Giulia, l’esperimento di Serracchiani su sostegno al reddito con asse Pd-Sel e M5S

Pubblicato il 2 Luglio 2015 alle 11:57 Autore: Giuseppe Spadaro
sondaggi elettorali, presidente friuli venezia giulia al microfono

“La nostra Regione può diventare un laboratorio per le politiche di contrasto alla povertà”. Lo dice il governatore del Friuli, Debora Serracchiani, intervistata da Repubblica e da La Stampa, sul provvedimento che introduce misure di sostegno al reddito, fino a 550 euro al mese, approvato con il voto favorevole di Pd, Sel e M5S. Non chiamatelo reddito di cittadinanza, precisa.

Differenze tra Reddito di cittadinanza e sostegno al reddito

Quest’ultimo, come proposto dal M5s, afferma Serracchiani, è “destinato ad una platea indistinta, ha una natura fortemente assistenziale, e costa tantissimo: a livello nazionale circa 20 miliardi di euro l’anno”, mentre con la ‘misura attiva’ c’è un “patto” tra Regione e cittadino: “Il sostegno al reddito viene dato in cambio dell’impegno della persona a fare tutto ciò che è necessario per riqualificarsi per poter entrar nel mercato del lavoro ma anche dell’impegno, per esempio, a mandare i figli a scuola. Si punta all’inclusione di persone che si trovano in difficoltà”. Le risorse sono state trovate, spiega, “nel bilancio della Regione. Ho fatto la spending review”.

Una misura di questo tipo potrebbe essere estesa a livello nazionale e Serracchiani intende parlarne con Renzi. Un punto su cui aprire un dialogo con Sel e M5S anche in parlamento: “In Friuli abbiamo fatto un gran lavoro di ascolto. Il M5S ha votato la legge pur non avendola firmata e mi dispiace che il centro destra abbia votato contro”.

Illy: “Sostegno al reddito si può fare anche in Italia”

Il sostegno al reddito «si può fare anche in Italia». Lo afferma Riccardo Illy, commentando – in un’intervista a La Stampa – il provvedimento della Regione Friuli Venezia Giulia che ha introdotto un sussidio per l’inclusione sociale. Da governatore, nel 2008 adottò una reddito di cittadinanza per i disoccupati, poi abrogato dalla giunta successiva. «È – dice – una misura che a regime fa crescere l’economia attraverso l’impiego produttivo di lavoratori che altrimenti tra cassa integrazione e mobilità alimentano per sei anni il lavoro nero e pesano sulle casse pubbliche. Così la spesa assistenziale diminuisce perchè crescono i consumi e con l’emersione del lavoro nero aumentano i tributi incassati». Al premier Renzi dice che il suo modello «può essere una misura sostenibile a livello nazionale. La Regione ha competenze limitate, invece lo Stato può riformare l’intero Welfare mettendo a disposizione quanto oggi spende per cassa integrazione (ordinaria, straordinaria) e mobilità. Anche i lavoratori comunque dovrebbero fare la loro parte, attraverso il tfr. Allora la somma dovrebbe essere sufficiente».

L'autore: Giuseppe Spadaro

Direttore Responsabile di Termometro Politico. Iscritto all'Ordine dei Giornalisti (Tessera n. 149305) Nato a Barletta, mi sono laureato in Comunicazione Politica e Sociale presso l'Università degli Studi di Milano. Da sempre interessato ai temi sociali e politici ho trasformato la mia passione per la scrittura (e la lettura) nel mio mestiere che coltivo insieme all'amore per il mare e alla musica.
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