E se a questo punto Alleanza Nazionale non torna?

Pubblicato il 9 Settembre 2015 alle 17:25 Autore: Gabriele Maestri
fondazione an
(Ri)fare Alleanza nazionale con gli altri della Fondazione An? No, grazie. Sembra questo il risultato del questionario somministrato via mail agli iscritti di Fratelli d’Italia nei giorni scorsi. Il sondaggio sarà pure stato – come riportato da Luca Cirimbilla per L’ultima Ribattuta – “un appuntamento fisso e un’occasione periodica con cui i vertici vogliono analizzare il sentimento della base”, dunque un episodio di ordinaria amministrazione, ma c’era eccome e il fatto che i dirigenti sentissero il bisogno di capire cosa la base pensasse sulla questione “nuovo partito a destra” (cosa pienamente legittima, ovviamente) meritava di essere segnalato.
Gli esiti dell’indagine sono parzialmente riportati oggi sul Tempo in un articolo di Vincenzo Bisbiglia: non è chiarissimo il numero dei partecipanti (il giornale romano parla genericamente di decisione da parte dei “circa 20mila iscritti”, mentre l’editoriale diFrancesco Storace sul Giornale d’Italia indica “ben duemila persone”, un po’ pochine rispetto agli iscritti totali, opinione condivisa pure da altre fonti, come il Secolo Trentino), ma i risultati – di un sondaggio “anonimo e non ripetibile”, come notato dal Tempo – dicono cose interessanti.
Le domande che più interessano qui sono due. La prima era sul futuro di Fratelli d’Italia davanti a un possibile scenario di trasformazione della fondazione in partito per riunire tutti gli ex An: per il 74,8% dei partecipanti al sondaggio, il partito guidato dalla Meloni dovrebbe “continuare il proprio percorso aggregando nuove energie“, quando a gradire l’opzione “convergere sulla proposta di Alemanno, con Fini, Scopelliti e altri ex An, fondando con loro un nuovo soggetto politico sviluppatosi nell’ambito della Fondazione An” sarebbe solo il 16% di coloro che hanno risposto (gli altri hanno scelto la risposta “non conosco l’argomento”).
La seconda domanda interrogava gli iscritti sul loro comportamento elettorale in caso di nascita di “un nuovo soggetto politico di destra dopo l’Assemblea della Fondazione An”: secondo quanto si legge sul quotidiano, l’87% dei partecipanti avrebbe preferito l’opzione “FdI Giorgia Meloni” rispetto a “nuovo soggetto a destra” e “altro”. C’è chi ha fatto prontamente notare che le risposte a tale quesito sarebbero evidentemente influenzate dalla presenza del nome della leader del partito all’interno della risposta, quasi come se facesse parte della denominazione e se si volesse evidenziare che la Meloni, in fondo, ha già scelto che strada prendere. Si sarebbe tentati, in realtà, di dire lo stesso sulla prima domanda: quanti, tra i potenzialmente interessati alla conversione in partito della Fondazione An, avranno scelto l’opzione del percorso autonomo per la sgradita presenza del nome di Fini nell’altra alternativa?
A corroborare i risultati delle due domande precedenti, c’è anche la classifica dei “magnifici dodici”, ossia i dodici personaggi che gli iscritti dovevano numerare in ordine di importanza quanto ad attitudine alla guida unitaria del centrodestra. Non ci si stupisce troppo a trovare in cima alla “top 12” la Meloni, né di trovare subito dopo di lei Matteo Salvini; è già più interessante trovare sul gradino più basso del podio uno che – pur avendo co-fondato Fdi – la politica l’ha lasciata come Guido Crosetto, preferito nell’ordine a Ignazio La Russa e a Fabio Rampelli. A scendere si trovano, nell’ordine, Giuseppe Scopelliti e Flavio Tosi, mentre è solo ottavo Silvio Berlusconi, che pure precede immediatamente Raffaele Fitto; in fondo alla classifica, se i malpensanti di professione sono stati facili profeti nel vaticinare l’ultima posizione di Gianfranco Fini, colpiscono di più il decimo posto di Maurizio Gasparri e, soprattutto, l’undicesimo di Gianni Alemanno, autosospesosi da tutti gli incarichi in Fratelli d’Italia.
Ammesso che l’esito del sondaggio sia attendibile e generalizzabile, riferendolo a tutti gli iscritti al partito, il messaggio che esce sembra molto chiaro: a Fdi rifare Alleanza nazionale non interessa, men che meno avendo Alemanno come figura di riferimento (anche se lo stesso Alemanno aveva detto di non volersi candidare ad alcuna poltrona). La questione non è di poco conto: in sede di assemblea della Fondazione An, un “no” degli aderenti che si riconoscono in Fratelli d’Italia all’impegno politico diretto dell’ente (attraverso una riedizione del partito che fu di Fini), unito ai “no” di chi avversa quella strada da tempo (soprattutto Gasparri e Matteoli) potrebbe bloccare sul nascere la “voglia di An” manifestata da alcuni soggetti negli ultimi mesi, evitando tra l’altro di sbloccare il “tesoretto” di cui la fondazione è titolare.
Certamente la notizia del sondaggio non dev’essere piaciuta dalle parti di Prima l’Italia. Il neoportavoce, Marco Cerreto, dopo aver precisato “da componente della direzione nazionale” di Fdi di non avere mai ricevuto nulla al pari di tanti colleghi iscritti al partito, si esprime negativamente sul modo in cui sono stati formulati i quesiti (“modalità forzatamente capziose, oltre che viziate nell’elaborazione: vengono citate persone che oggi non sono più in politica o non sono iscritte alla Fondazione An”), sul canale di somministrazione delle domande (era meglio usare il sito del partito) e sulle stesse dinamiche di divulgazione dei risultati: esse “lasciano intendere una volontà di dar vita ad una temeraria strumentalizzazione su un tema così importante in questi giorni che ci separano dalla data dell’Assemblea degli iscritti della Fondazione An”.

In ogni caso, che fine farà ora il simbolo di Alleanza nazionale? Resterà sul contrassegno di Fratelli d’Italia? La risposta è tutt’altro che scontata. Se non nascerà alcun soggetto politico di diretta emanazione della fondazione, in teoria l’assemblea della fondazione potrà anche decidere di lasciarlo nella disponibilità di Fdi; è altrettanto possibile, tuttavia, che l’emblema sia rimosso e torni nella piena disponibilità della fondazione stessa (alla concessione del fregio a Fdi, tra l’altro, gli aderenti a Prima l’Italia avevano contribuito in modo decisivo). Alla fine sarà una questione di scelte e, soprattutto, di numeri: quelli degli aventi diritto a partecipare all’assemblea della fondazione (due anni fa si era litigato innanzitutto su questo), quelli dei votanti sul simbolo e sulla “mozione dei quarantenni”. Inutile, però, fare pronostici prima dell’assemblea del 3 ottobre: tutto può ancora cambiare.

Articolo apparso sul blog “I simboli della discordia

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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