I tragici dati del PIL del primo trimestre, l’Italia sprofonda in Europa

Pubblicato il 19 Maggio 2014 alle 10:33 Autore: Gianni Balduzzi

Gli ultimi dati sul PIL sono stati una doccia fredda, il calo congiunturale dello 0,1% non era atteso e mette in pericolo i progetti ambiziosi del governo Renzi, ma ci fa capire che molti dei nostri problemi sono strutturali e non dipendenti dalla crisi economica

Il primo trimestre 2014 ha riservato diverse cattive sorprese, l’Italia è calata dello 0,1% a dispetto di attese di un +0,2%, in Portogallo dello 0,7% contro attese di +0,1%, i Paesi Bassi addirittura hanno perso il 1,4% contro attese di crescita zero.

Solo la Germania ha fatto meglio delle attese crescendo dello 0,8%, ma vediamo tutti i dati dalla seguente mappa:

L’Ungheria, a dispetto delle polemiche sulla natura troppo conservatrice del suo governo, affianca la Polonia come guida della crescita in Europa, almeno a livello congiunturale. L’Estonia come al solito si differnzia dal resto dei Paesi Baltici, anche se ora in negativo e segue in recessione la vicina Finlandia.

A livello tendenziale, forse i dati sono più interessanti perchè anno su anno, vediamo cosa succede:

L’Italia è l’unico Paese assieme a Grecia e Cipro che prosegue nella recessione in atto da anni, visto che Finlandia, Estonia e Paesi Bassi, per ora sono new entry, mentre Spagna e Portogallo ne sono uscite con crescite rispettivamente dello 0,6% e del 1,2%.

La Francia a fianco di una crescita zero congiunturale mette a segno uno 0,8% tendenziale, ed è sempre la Germania a sorprendere con ben un + 2,3%.

Al solito le performances migliori sono di Inghilterra ed Est Europa, in particolare Polonia, Ungheria e Romania.

Quello che più di tutto dovrebbe farci preoccupare è il peggioramento de vero dato che certifica il fallimento del modello italiano, il gap di crescita con gli altri Paesi europei, che , lo sappiamo, è una realtà dal 1995, ma è poi proseguito e negli ultimi 3 anni è peggiorato:

Se tracciamo un grafico del differenziale di crescita con la Germania il gap è costante, molto pesante, sopra il 2% e a volte il 3%. Migliora nei confronti della Francia, ma solo perchè i transalpini hanno cominciato a soffrire di difetti simili ai nostri, mentre peggiora verso quelli che erano nostri compagni di sventure, verso Spagna e Portogallo abbiamo un gap negativo per noi, mentre tre anni fa crescevamo di più, o meglio decrescevamo di meno. Persino nei confronti della Grecia, che ora scende solo del1,1% dopo avere toccato abissi del -8% in singoli trimestri, il gap si assottiglia velocemente.

Sono quelle stesse riforme che anche la Francia non ha fatto, e si ostina a non fare, che con la loro assenza ci relegano in queste condizioni, e senza avere la soldità delle aziende e del sistema Paese francese. Il recupero di produttività spagnolo e portoghese, avuto con grandi sacrifici, è stato invece salutare e il confronto con i Paesi iberici è impietoso.

Non giova il fatto che a Palazzo Chigi dopo due anni e mezzo sia tornato il populismo politico, quello che considera economisti come burocrati, i loro avvisi come “gufate”, che pensa sia un problema solo di domanda e di avere più “soldi nelle tasche degli italiani”, e non di più competitività, che pensa che ormai i sacrifici giusti siano stati fatti, anche se non sono state toccate nè riformate le pensioni retributive, e la gran parte del mercato del lavoro, quella a tempo indeterminato.

Qualche brillante ha già cominciato a dire che la responsabilità è della Germania, che avrebbe la colpa di avere avuto la governance più lungimirante d’Europa forse?

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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