Mineo attacca Renzi: Subalterno a donna bella e decisa. E’ il ministro Boschi?

Pubblicato il 5 Novembre 2015 alle 11:22 Autore: Giulia Angeletti
mineo attacca renzi dopo la fuoriuscita dal pd

Mineo attacca  Renzi. E’ passato solo qualche giorno da quando il senatore Corradino Mineo è fuoriuscito dal gruppo del Pd a Palazzo Madama, ma l’ex direttore di Rainews sembra avere l’impellente bisogno di sfogarsi. Contro chi? Contro il premier-segretario Matteo Renzi naturalmente.

I suoi non sono insulti, ma quattro non troppo velate allusioni riguardanti appunto il presidente del Consiglio: “So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente“, “So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo”, “Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private“e, la stoccata finale, “Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano”.

Il motivo che si cela dietro tanto astio sono le parole che il premier ha riferito a Bruno Vespa per il suo ultimo libro “Donne d’Italia”, parole riguardanti proprio il giornalista: “È sempre lì,a spiegare come va il mondo. Al massimo si dimette dal Pd, ma la poltrona non la lascia, per carità. Chi va a raggiungere Landini, Camusso, Vendola, Fassina faccia pure”.

mineo attacca renzi dopo la fuoriuscita dal pd

Mineo: “Matteo Renzi non ha stile”

Mineo, a queste ingloriose affermazioni nei suoi riguardi, ha così replicato: “Io non ho bisogno della poltrona, a differenza di qualcun altro. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Probabilmente ho ancora mercato, potrei tornare a fare quello che ho dimostrato di saper fare. Ma non ora, perché ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose nel 2013 e lo manterrò, quell’impegno, in barba a chi vorrebbe asfaltare il dissenso“.

“Diciamo – ha continuato Mineo nella pungente risposta al segretario-premier Pd – che Matteo Renzi non ha stile. Non ho mai manifestato l’intenzione di dimettermi dal Senato, se non in un sms che mandai proprio a lui, disgustato dall’attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso davanti all’assemblea del Pd, dopo la vittoria alle Europee. Fu poi Gianni Cuperlo a riprendermi per i capelli e spiegarmi che la politica, ahimé, è anche questo — scorrettezza cialtrona — e che bisogna saper resistere. Grasso mi ricordò che avevo un mandato da onorare. Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato”.

Il senatore-giornalista, che in questa occasione non se ne è tenuta una, ha voluto concludere ritirando fuori un vecchio scontro con il premier risalente al giugno 2014, quando lo aveva paragonato ad un “bambino autistico, che vorresti proteggere perchè tante cose non le sa”. Al tempo il senatore, insieme a Vannino Chiti, era stato sostituito in Commissione affari costituzionali su decisione dell’Ufficio di presidenza del gruppo, e Renzi aveva così risposto alla provocazione: “Di me potete dire quello che vi pare, ma quella frase ha offeso quelle famiglie che hanno un figlio disabile. Non è giusto per chi vive una situazione di sofferenza”.

Ad oggi Mineo torna a difendersi per quella dichiarazione: Quanto ai bambini autistici, è stato Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per “spianarmi”. Li ha usati per strappare un applauso in assemblea e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle tante famiglie in difficoltà. I fatti hanno la testa dura”.

Mineo, critiche dai senatori e l’appoggio dai fuoriusciti

Chiaramente da parte di alcuni altri membri democratici di Palazzo Madama si sono levati commenti e critiche riguardanti le forti affermazioni di Corradino Mineo. Infastidite – per quella allusione alla Boschi – soprattutto le donne: “Le donne del Pd sono solo schifate dalle allusioni di Mineo. Pizzini senza destinatario e senza senso che descrivono solo il livore del suo autore. Se la cosa rossa comincia così, andiamo bene”, ha dichiarato Laura Cantini della direzione Pd.

Voci sdegnate provengono anche dalla minoranza, con Miguel Gotor che ha commentato: “Le parole di Corradino Mineo si commentano da sole. Sono meschinità che superano i confini della lotta politica”. Anche Giachetti ha così ironizzato:

Sostegno è invece arrivato dagli altri parlamentari fuoriusciti dal Pd come Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina, Vincenzo Folino, Carlo Galli e Monica Gregori. Questi, insieme a Mineo, hanno scritto un documento intitolato “Ricostruire la sinistra, per il lavoro e per l’Italia”.

In esso si leggono parole sicuramente meno avvelenate, ma comunque forti: “Il Partito democratico è stato ridotto ad appendice inerte del leader: comitato elettorale e ufficio stampa. La mutazione genetica del Pd, nato come forza centrale del centrosinistra italiano, è purtroppo ormai compiuta. L’esperienza renziana e le mutazioni introdotte non saranno una parentesi. Siamo fuori dalla cultura istituzionale dell’Ulivo e del centrosinistra”.

 

 

 

L'autore: Giulia Angeletti

Giornalista pubblicista classe 1989, laureata in Scienze Politiche, "masterizzata" presso la Business School del Sole 24 Ore, attualmente è addetta stampa e redattrice per Termometro Politico. Affascinata dal mestiere più bello del mondo e frustrata dalla difficoltà di intraprendere più seriamente questa professione, pianifica numerosi "piani B" per poter sbarcare il lunario nel settore della comunicazione. Ama informarsi e leggere, odia avere poco tempo per farlo. Su Twitter è @GiuliaAngelett3
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