Gender tax: prezzi differenti per gli stessi prodotti

Pubblicato il 27 Gennaio 2016 alle 16:52 Autore: Daniele Errera
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Gender tax: prezzi differenti per gli stessi prodotti

La notizia arriva direttamente dal Times, celeberrimo giornale inglese. Si apprenderebbe di una pratica comune: i prodotti per donne, praticamente corrispondenti a quelli per uomo, costerebbero al gentil sesso il 20% in più.

Si parla di rasoi, deodoranti, profumi. Sostanzialmente articoli del genere, ma non solo. Una tassa direttamente dedicata alle donne. Una pratica, tuttavia, non solo ed esclusivamente inglese. Anzi: a dare risonanza per primo è stato il Washington Post. A parità di prodotti, le donne spendono 1400 dollari in più ad anno. A Londra, il Times ha fatto un’indagine presso i magazzini Tesco: rasoi, flagranze ed addirittura le penne Bic costavano molto di più se dedicate alle donne.

Gender Tax, lo studio

Un caso? No, secondo uno studio dell’University of Central Florida: i deodoranti femminili, ad esempio, costano il 30% in più di quelli maschili, nonostante le stesse componenti. Ma è un intero sistema che non funziona, sostiene l’università del sud Stati Uniti: infatti, prendendo ad esempio un paio di sneakers, quelli per uomini sono tassati all’8%, mentre quelli per donne al 10%.

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I campi messi sott’occhio sono molteplici ed estremamente eterogeni: si va dalla lavanderia al parrucchiere, dalle assicurazioni sulla vita al mondo delle autovetture. Presenti anche t-shirt ed abbigliamento in generale. A Londra la questione, tuttavia, non vuole passare inosservata e il capo del Comitato dell’eguaglianza, Maria Miller, ha affermato: “i negozianti devono spiegare perché applicano alle donne prezzi maggiori. La società sta cambiando riavvicinando i generi, ma loro dimostrano di essere completamente estranei a questa tendenza”. Meno moderati sono stati alcuni enti a stelle e strisce: California e la Contea di Miami-Dade (Florida), che hanno vietato disparità di prezzi fra prodotti dedicati a uomini e donne che divergono in caratteristiche puramente marginali. Una reazione normativa che sarà presto seguita anche da altri Stati, volenterosi di rimarginare le differenze fra genere.

E se invece fosse solo la legge del mercato e si scoprisse che è vero l’opposto?

Di contro si potrebbe dire che questo fatto dipenda dal mercato e dalla maggiore propensione all’acquisto da parte delle donne. L’idea che ci sia un complotto sessista internazionale che aumenti forzatamente i prezzi dei prodotti femminili per danneggiare le donne è certamente eccentrica e poco credibile. Al contrario questa maggiore propensione alla spesa probabilmente deriva da una maggiore possibilità di spesa o comunque dal una maggiore attitudine alla spesa, che potrebbe ridisegnare la mappa del reale potere di acquisto sulla base del sesso rivelando che il “sesso debole” nella società moderna forse non è così debole o emarginato come si pensa. In fondo la legge del mercato parla chiaro, non si aumenta il prezzo a chi non ha la possibilità di comprare e se può comprare (perché è evidente che compra) forse ha più potere di acquisto di quanto si pensi. Questo potrebbe dipendere anche dal fatto che in molti casi sono le donne a gestire (spesso disponendone completamente), anche i soldi degli uomini.

Daniele Errera

 

L'autore: Daniele Errera

Nato a Roma classe 1989. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali con la tesi "Dal Pds al Pd: evoluzione dell'organizzazione interna". Appassionato di politica, ha ricoperto vari ruoli nel Partito Democratico e nei Giovani Democratici. E' attivo nell'associazionismo territoriale.
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