Dove investire i risparmi. I diamanti la nuova moda?

Pubblicato il 10 Novembre 2016 alle 12:19 Autore: Redazione

Dove investire i risparmi. I diamanti la nuova moda?

I piccoli risparmiatori continuano ad avere poca scelta, dovendosi accontentare di tassi ridotti all’osso, se non si ha intenzione di rischiare. Ma per chi ha capitali più elevati, la nuova tendenza è rappresentata dall’investimento in diamanti. Osservando l’andamento storico dell’investimento nelle preziose gemme si nota un trend molto più costante di quello dell’oro, che ha attraversato anche momenti di ribasso piuttosto significativi, ma nonostante l’elevata “costanza” nei rendimenti, e una maggiore affidabilità, non è accessibile a chiunque voglia guadagnare senza dover subire le bizze dei mercati finanziari.

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Quali le ragioni? A differenza di quanto si possa pensare, il limite non è dettato dall’obbligo di dover investire in diamanti società offshore, ma dal fatto che si tratta di un tipo di “prodotto di investimento” molto “tipico”. Poi ci sono delle oggettive difficoltà che si possono incontrare sulla quotazione. Il numero di banche che oggi, anche in Italia, permette di effettuare questo tipo di investimento è aumentato notevolmente, con una forte concentrazione soprattutto in alcune province dell’Emilia Romagna (non a caso Modena anche nel 2015 si è confermata prima con ben 20 milioni di euro investiti nei diamanti) e della Lombardia, che detengono circa l’80% della somma complessivamente investita in questo settore.

Dove investire i risparmi? Le questioni geopolitiche legate ai diamanti

Quindi non c’è un  problema di concorrenza, ma rimane elevato comunque quello della concorrenzialità delle quotazioni. Per queste, la certezza è solamente che le banche, fungendo da intermediari, applicano costi più elevati rispetto a quelli che si trovano sul mercato diretto, che sono stimati in un 15 o 20% in più. Ma l’acquisto, il trasporto e la custodia hanno un rischio troppo elevato per non affidarsi a intermediari specializzati. A questi aspetti si aggiunge il problema della certificazione, che porta a due implicazioni ugualmente importanti. La prima è legata al valore che effettivamente ha un diamante. Trattandosi infatti di un investimento assolutamente unico, anche con l’adozione della classificazione della 4 C, riconosciuta a livello mondiale, ci deve essere una certificazione di accompagnamento valida a livello internazionale, perché altrimenti si rischia di avere delle gemme non facilmente convertibili in denaro.

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La questione più spinosa è quella di origine geopolitica. Spesso l’estrazione dei diamanti, allo stato grezzo nelle miniere, avviene in condizioni lavorative inumane, e in alcuni Paesi i guadagni ottenuti sono utilizzati per sostenere delle guerre interne o finanziare i ribelli. Quindi per essere sicuri che si sta investendo in diamanti che non appartengono a circuiti illegali si deve controllare che nella certificazione sia esplicitamente richiamato l’accordo  denominato Kimberley Process Scheme. Questo è giunto alla sua formulazione nel 2002, quando è stata fatta una lista di Paesi che commerciano nelle preziose gemme rispettando i principi in esso riportati. I diamanti che hanno il certificato in regola con queste indicazioni hanno quotazioni più elevate, ma quelli che non l’hanno non possono essere venduti sui canali tradizionali.

L'autore: Redazione

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