Cagliari e Sampdoria: la Serie A cambia pelle

Pubblicato il 13 Giugno 2014 alle 11:45 Autore: Michele Palmiero

Il mese di Giugno ha segnato un cambiamento importante nella nostra Serie A.
Due presidenti “storici” come Cellino e Garrone infatti lasciano rispettivamente il Cagliari e la Sampdoria dopo anni di gioie e dolori.
A Cagliari Massimo Cellino era l’indiscusso patron da ormai 22 anni, ma dopo l’acquisto del Leeds United, società inglese , datata 1 Febbraio 2014, l’imprenditore sardo ha deciso di lasciare il calcio italiano cedendo il Cagliari a Tommaso Giulini.
Giulini
Quest’ultimo, proprietario della Fluorsid, ha pagato ben 48 milioni per assicurarsi l’intera proprietà del club sardo: una cifra ingente che manifesta la volontà di portare a Cagliari entusiasmo attraverso il calcio spettacolo. Non a caso l’unica certezza che accompagna il neo-presidente Giulini è la volontà di puntare su Zdenek Zeman.
L’allenatore boemo sarebbe l’uomo giusto per dar vita ad un progetto giovane e affascinante, tuttavia come ogni estate diversi club (tra cui Pescara e Bologna) sono pronti a dar battaglia per assicurarsi la guida di uno degli allenatori più discussi e allo stesso tempo amati in circolazione.
A Genova invece la trattativa che ha portato al cambio di proprietà ha spiazzato un po’ tutti, tifosi e giornalisti. Nel segreto più totale infatti la famiglia Garrone ha deciso di abbandonare il calcio cedendo la Sampdoria al vulcanico imprenditore cinematografico Ferrero.
Ferrero e Garrone
A differenza del caso-Cagliari però la nuova gestione blucerchiata intende seguire le orme lasciate dalla decennale esperienza dei Garrone: Osti e Braida rimarranno in società, mentre sarà ancora Mihajlovic a sedersi sulla panchina.
Cagliari e Sampdoria rappresentano due esempi diversi di un fenomeno che riguarda però tutto il calcio italiano, dalla Serie A al mondo dilettantistico: i costi che gravano su una società sportiva sono divenuti ormai insostenibili per gran parte degli imprenditori.
La necessità di vendere o aprire a nuove cordate, spesso straniere come nel caso di Roma e Inter, manifesta il momento di difficoltà economica che attanaglia il nostro calcio, soffocato da costi gestionali enormi eppure incapace di “tagliare” le spese in nome di una lungimirante programmazione.
Budget e stipendi continuano a gonfiarsi sempre di più, così come i debiti. Per sopravvivere dunque non resta che vendere o pianificare un nuovo modo di fare calcio.
La Serie A cambia pelle, ma la strada per un calcio sostenibile è ancora irta di ostacoli e poco percorsa.