Le economie di Italia e Francia, un confronto, perchè noi rimaniamo indietro

Pubblicato il 23 Gennaio 2017 alle 08:30 Autore: Gianni Balduzzi
Economie Italia e Francia

Le economie di Italia e Francia, un confronto, perchè noi rimaniamo indietro

C’è una vulgata comune che vorrebbe le economie di Italia e Francia accomunate come da uno stesso destino, e quindi alleate in Europa contro l’austerità tedesca.

Più volte è emersa questa visione, sia nel celebre incontro dei leader socialisti, quello della foto con Renzi, Valls, Sanchez, e i maggiormente sconosciuti Post, tedesco, e Samson, olandese. tutti in camicia bianca nel settembre 2014, sia soprattutto nel summit dei Paesi mediterranei con governi di sinistra pochi mesi fa, quando Renzi e Hollande hanno accolto Tsipras in nome di una visione comune contrapposta all’egemonia tedesca.

E però poi non se ne è fatto nulla, anzi. Le ultime richieste di una manovra aggiuntiva per 3,4 miliardi arriva proprio dal commissario Moscovici, socialista francese, che come unica mossa clemente verso l’amico Renzi aveva sospeso la procedura in vista del referendum, ma si trattava solo di un rinvio. Il deficit concordato dovrà essere rispettato.

Nel frattempo sono continuate le acquisizioni delle industrie francesi ai danni di quelle italiane. Dopo il tentativo di scalata ostile di Vivendi su Mediaset, vi è stata la fusione tra Luxottica e Essilor, in cui Del Vecchio sarà sì AD, ma con un piano di successione (l’imprenditore italiano è ultra-ottantenne) che prevede un francese alla guida entro pochi anni, con un quartier generale del resto in Francia.

E così il confronto con gli amici-nemici francesi torna attuale. Perchè non sembra possibile un’alleanza con i cugini d’Oltralpe e invece pare che questi siano destinati sempre ad avere una marcia in più?

Perchè effettivamente, a guardare i dati, ce l’hanno.

Economie di Italia e Francia, destino simile su deficit e disoccupazione, ma i francesi hanno meno giovani disoccupati

La credenza che in fondo siamo molto simili nasce dal confronto di alcune grandezze come il deficit, la spesa pubblica, la disoccupazione, che affiancano la Francia più all’Italia e ai Paesi del Sud Europa che alla Germania e ai Paesi nordici.

Il deficit francese infatti dal 2003 è sempre stato più alto di quello italiano, sia Sarkozy che Hollande hanno sempre rifiutato di fare gli aggiustamenti richiesti ai Paesi in deficit eccessivo, e di fatto si può dire che nessuna austerità sia mai stata applicata Oltralpe

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Non a caso la spesa pubblica è la più alta d’Europa in confronto al PIL, al 57%, contro il 50,4% dell’Italia.

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Abbassare questo livello appare quasi impossibile, se non con riforme radicali e dolorose che oggi i francesi non vogliono accettare, come si è visto con le proteste per le riforme del lavoro e con il voto di protesta anti-globalizzazione al Front National e alla sinistra radicale.

L’immobilismo francese ha delle conseguenze, prima fra tutti l’altro livello di disoccupazione, ancora al 10%, non lontanissima da quella italiana.

Attenzione però, il tasso di occupazione è decisamente superiore al nostro, vi sono più persone al lavoro e meno inattivi.

E la disoccupazione giovanile, al 27,7%, è più di 10 punti inferiore a quella italiana.

Cominciano così una serie di differenze che mostrano come strutturalmente l’economia francese abbia alcuni punti di vantaggio sostanziali su quella italiana.

Economie di Italia e Francia, Oltralpe aziende più grandi, più hi tech, produttività maggiore

La Francia è il secondo Paese in Europa per numero di aziende Hi Tech. dopo il Regno Unito, superando anche la Germania, e soprattutto l’Italia, 145 mila a 106 mila.

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Non solo, gli investimenti privati nell’Hi Tech ammontano a più di 31 miliardi, molto più del doppio che in Italia, 12 miliardi. Solo la Germania fa di meglio.

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Il segreto è la presenza di molte più grandi imprese che da noi. Sappiamo già quanto la nostra economia sia danneggiata dalla presenza del nanismo industriale, ovvero di una miriade di micro imprese che non hanno la forza di investire, innovare, essere dei player internazionali.

In Francia il 48,5% dei dipendenti lavora in imprese con più di 250 lavoratori, in Italia questa percentuale è del 29,2%, in Germania e USA addirittura del 55,7% e 64,2%. In compenso mentre da noi invece quasi il 29% è in aziende con meno di 20 dipendenti, in Francia solo il 18% dei lavoratori si ritrova occupato in tali aziende.

Insomma, la Francia in queste caratteristiche strutturali si ritrova affiancata molto più alla Germania che a noi, e si spiega anche il perchè della presenza di tanti gruppi con una forza di penetrazione del mercato tale da permettere acquisizioni di altre imprese, come quelle italiane che hanno subito e scalate francesi.

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Come esito di questa situazione vi è la superiore produttività francese. Per molti può essere una sorpresa, ma se misuriamo il PIL per ora lavorata e come è cambiata in questi anni troviamo la Francia su livelli simili a quelli di USA e Germania, mentre l’Italia da metà anni ’90 è rimasta indietro. Di fatto l’aumento delle persone al lavoro, in realtà occupate in attività a basso valore aggiunto, ha determinato nel nostro Paese una stagnazione della produttività. Lo stesso in Spagna.

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Di fronte a questi dati appare chiaro che in Europa la spaccatura corre lungo le Alpi e i Pirenei, non possiamo consolarci in nome di una comunanza con la Francia non esiste, ma dobbiamo rimboccarci le maniche per recuperare quella produttività che ci manca. E’ l’unico modo per contrastare la fame di acquisizioni che troppo spesso le grandi imprese francesi portano avanti con pochi scrupoli e un uso disinvolto delle regole di mercato, come il caso Vivendi insegna.

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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