Il Sud nel 2013 sprofonda nella crisi e trascina l’Italia

Pubblicato il 19 Giugno 2014 alle 13:29 Autore: Gianni Balduzzi
Il Sud nel 2013 sprofonda nella crisi e trascina l'Italia

Ce lo si aspettava, ma forse non in queste proporzioni, ma ora i dati ISTAT ci hanno messo di fronte alla realtà: la recessione del 2013, e forse anche quella precedente, è stata molto più pesante al Sud che nel resto d’Italia, riproducendo in piccolo le stesse differenze presenti nell’area euro tra zone più forti economicamente ed altre più fragili, in prima linea nel soccombere alla crisi.

L’Italia nel 2013 ha avuto una recessione del 1,9%, ancora molto pesante, quindi, anche se inferiore a quella del 2012, e tuttavia forse più della precedente si è molto differenziata tra le regioni, essenzialmente perchè nel 2013 vi è stata una ripresa delle esportazioni, a controbilanciare in parte il calo di consumi interni e di investimenti, e l’export italiano è molto concentrato in modo diseguale sia geograficamente che settorialmente.

Vediamo di seguito come le diverse aree dell’Italia hanno subito la recessione:

Al Nord il PIL si è ridotto certamente meno, un -0,6% è un valore non molto lontano da quello di Paesi Nordeuropei, certamente ha influenza il peso della Lombardia, la regione che meglio se l’è cavata, soprattutto nella produzione industriale, calata di pochissimo, circa un 3% dal picco del 2007, contro un 20% nazionale. Il Nordest fa un po’ peggio, il Centro è in media nazionale ma ad avere un valore “greco” è il Sud Italia, con -4%, un’area che con la Grecia ha in comune molti tratti, come un sovrannumero di dipendenti statali rispetto alla media, una economia basata sia sul settore statale, appunto, che sulla domanda interna, e piccolissime imprese, in realtà piccolo commercio e artigianato, e turismo, oltre che su una economia sommersa amplissima.

La situazione appare più grave se si guarda alle unità di lavoro, ovvero le giornate/uomo potremmo dire, impiegate. Normalmente si potrebbe avere un calo di unità di lavoro ma non di occupazione, se per esempio c’è un maggior ricorso al part time, in ogni caso è un buon indicatore dell’occupazione e soprattutto della quantità di salari erogati.

Ebbene come si vede sopra al Sud il calo delle unità di lavoro è ancora più ampia, -4,5%, contro un quasi trascurabile -0,3% del Nordovest.

Un maggiore chiarimento si trova osservando i settori dell’economia e come sono calati nel 2013:

Come si sapeva è l’industria ad avere sofferto di più, con un calo del 3,9%, che diventa  un catastrofico -8,9% nella fragilissima e non competitiva, spesso sussidiata, industria del Sud. Il peso certamente non è molto, ma la dimensione del calo è così ampia che influenza le medie nazionali. Fa invece sperare il +1,1% dei servizi al Nordovest, ovvero turismo, commercio, e soprattuto servizi alle imprese, sovente nel campo ICT, molto spesso forniti da multinazionali che hanno a Milano e dintorni la sede italiana. Quello dei servizi è del resto il settore preponderante ormai nelle economie occidentali.

Analizzando le unità di lavoro vediamo dati simili:

Al mezzogiorno, anche per una bassa produttività generale, la perdita in unità di lavoro nell’industria è minore. L’unico settore con un pur marginale aumento di lavoro è stato proprio quello dei servizi al Nord, generando anzi un incremento del PIL ancora maggiore, come abbiamo visto, di conseguenza maggiore produttività.

E’ questa la strada e l’indizio di speranza per la ripresa.

 

 

 

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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