Fake news: 7 punti per spiegare il ddl Gambaro approdato in Senato

Pubblicato il 17 Febbraio 2017 alle 13:58 Autore: Camilla Ferrandi
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Fake news: 7 punti per spiegare il ddl Gambaro approdato in Senato

Dopo l’approvazione del rapporto “Media online e giornalismo: sfide e responsabilità” da parte del Consiglio d’Europa, che impegnava gli Stati membri a mettere dei paletti al non regolarizzato mondo del web, e la raccolta firma promossa dalla Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, approda al Senato un ddl recante “Disposizioni per prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica”.

Presentato dalla senatrice Ala-Sc Adele Gambaro, la stessa promotrice del rapporto succitato, il disegno di legge conta una partecipazione trasversale, con adesioni raccolte da tutti i gruppi parlamentari, come dimostra il lungo elenco dei cofirmatari. “Una battaglia a tutela dei cittadini che non deve lasciare fuori nessuno”, dichiara, soddisfatta, la Gambaro. “Il provvedimento che ho presentato è un primo passo per aprire un dibattito più ampio che non riguardi solo il mondo politico, ma tutti gli attori della società civile. Non vogliamo mettere un bavaglio al web né sceriffi, ma normare quello che è diffuso e non ha regole”.

Fake news: 7 punti per spiegare il ddl Gambaro

Il ddl arrivato in Senato consta di 8 articoli.

In base al primo articolo, è punito con ammenda fino a 5.000 euro chi pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico, attraverso piattaforme informatiche. Nel comma 2 dello stesso articolo si aggiunge che, laddove i casi menzionati nel primo comma comportino anche il reato di diffamazione, la persona offesa può richiedere, a titolo di riparazione, una somma aggiuntiva.

L’articolo 2, invece, prevede la reclusione non inferiore a dodici mesi e un’ammenda fino a 5.000 euro per coloro che diffondono notizie false che possono destare pubblico allarme e fuorviare settori dell’opinione pubblica. I mesi di reclusione aumentano a 24 e l’ammenda a 10.000 per chi divulga fake news aventi ad oggetto campagne d’odio e campagne volte a minare il processo democratico.

L’articolo 3 definisce gli obblighi degli amministratori delle piattaforme elettroniche destinate alla pubblicazione e diffusione di informazione presso il pubblico, che devono registrarsi presso i tribunali, lasciando dati personali oltre all’URL della piattaforma elettronica utilizzata per la divulgazione di notizie.

L’articolo 4 delinea l’obbligo per l’amministratore della piattaforma di pubblicare le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti offensivi o non veritieri, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile a incriminazione penale. Nel caso in cui l’amministratore non assolva all’obbligo menzionato, è punito con una sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro. In base all’art. 5, il soggetto della notizia può anche, fermo restando quanto stabilito dall’art. 4, chiedere la rimozione della notizia oltre a fare appello al giudice in caso di rifiuto o omessa cancellazione da parte dell’amministratore della piattaforma. Per quanto riguarda gli impegni dei gestori, infine, l’art. 7 afferma che quest’ultimi sono tenuti ad un continuo monitoraggio dei contenuti diffusi.

L’articolo 6 reca alcune modifiche alla legge 107 del 2015 (riforma della buona scuola) al fine di potenziare le attività di formazione professionale in tema di diffusione di notizie, sostenere progetti di sensibilizzazione per promuovere l’uso critico dei media online e organizzare, presso le scuole secondarie, corsi di formazione per la professione di giornalista.

Infine, l’articolo 8 modifica l’art. 4 della legge 103/1975, riguardante “Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva”, aggiornando la norma alle nuove esigenze di un mondo perennemente “online”. Tra i compiti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, si aggiunge il monitoraggio degli standard editoriali delle piattaforme informatiche destinate alla pubblicazione e diffusione di informazioni con mezzi telematici delle emittenti radiotelevisive pubbliche, oltre che dei contenuti generati dagli utenti sulle stesse.

L'autore: Camilla Ferrandi

Nata nel 1989 a Grosseto. Laureata magistrale in Scienze della Politica e dei Processi Decisionali presso la Cesare Alfieri di Firenze e con un Master in Istituzioni Parlamentari per consulenti d'assemblea conseguito a La Sapienza. Appassionata di politica interna, collaboro con Termometro Politico dal 2016.
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