Elezioni Francia: Emmanuel Macron e i segreti di un successo

Pubblicato il 27 Aprile 2017 alle 13:43 Autore: Livio Ricciardelli
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Elezioni Francia: Emmanuel Macron e i segreti di un successo

C’è una grande verità nelle dichiarazioni di Jacques Attali alla stampa di questi giorni. In Francia, Attali è l’uomo delle grandi intese per eccezione. Ha presieduto la Commissione per lo Sviluppo del paese voluta da Sarkozy nel 2007 e negli anni ’80 è stato un consigliere di assoluto prestigio del presidente Mitterrand. Oggi rivendica i suoi diritti di primogenitura nei confronti di Macron. Lo inventai io, lo coinvolsi appena 30enne nella commissione sarkozysta. Era un così bravo economista. Un novello Pippo Baudo.

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Al tempo stesso, però, il ragionamento di Jacques Attali è di una rispettabile onestà intellettuale. Questo dovrebbe far ragionare gran parte degli opinionisti d’oltralpe (se non lo stesso candidato al ballottaggio). Il primo luogo, il programma. Programma vuol dire per certi versi anche organizzazione.

Attali ha dichiarato di aver votato Macron. Ma che inizialmente era scettico nei confronti della sua discesa (o salita?) in politica. La sua candidatura, infatti, appariva disorganizzata e senza un programma. Aspetti che però sono stati colmati grazie ad un’organizzazione degna della miglior start up; capace di fornire a Macron nel giro di pochi mesi un programma di governo.

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Il fatto che la candidatura di Macron nasca così all’improvviso ed ex novo ci ricorda però anche quanto il suo movimento En Marche! non abbia un radicamento territoriale in grado da prescindere dal suo leader. E questo ci spinge ad ipotizzare uno scenario da coabitazione, quando alle prossime elezioni legislative En Marche! paleserà la sua assenza di personale politico ed il suo non maggioritario sostegno parlamentare.

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In secondo luogo, le contingenze esterne. Attali ricorda come in realtà nel 2017 (ma anche nel 2012) la maggioranza del paese abbia votato centrodestra. Se si sommano i voti della Le Pen, di Fillon e di tutti i candidati minori d’area, la sinistra non arriva al 50%. Uno scenario non dissimile da quello del 2012 in cui, anche in quel caso, Hollande ed il suo schieramento di centrosinistra arrivarono primi alle elezioni.

Ma non solo. Bisogna riconoscere che nonostante l’ovvia capacità politica del candidato Macron, sono anche fattori esogeni ad aver influenzato questo suo primo posto. E che probabilmente se si fosse candidato Hollande e se non fosse scoppiato tutto lo scandalo legato a Fillon, oggi forse staremo a parlare di esiti analoghi. Ma con volti e candidati diversi.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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