Una via d’uscita per Bersani

Pubblicato il 23 Marzo 2012 alle 16:20 Autore: Matteo Patané
pierluigi bersani

Una via d’uscita per Bersani

 

Mai come in questi ultimi giorni l’esistenza stessa del Partito Democratico rischia di essere messa in discussione.
Lo strappo – perché di strappo si parla – del Governo sull’annosa questione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ha fatto letteralmente deflagrare il partito, più diviso che mai tra la sua anima filomontiana che fa capo all’area veltroniana e quella socialdemocratica le cui posizioni si possono riassumere nella visione di Stefano Fassina, responsabile Finanza Pubblica ed Economia Internazionale del partito.

Il principale oggetto del contendere è legato al reintegro a seguito dei licenziamenti per motivi economici; in primo luogo se possa o debba essere previsto dalla norma, ed in secondo luogo a chi spetti la valutazione sulla tipologia di licenziamento e quindi sulla tipologia di azione da intraprendere, se indennizzo o reintegro e nel primo caso l’ammontare della somma dovuta al lavoratore. Secondo la proposta del Governo la decisione spetta alle aziende, ovvero ad una delle due parti in causa, mentre l’anima più di sinistra del PD propendeva per lasciare la decisione ad una figura terza, in particolare al giudice del lavoro.

Le prime dichiarazioni a caldo dei membri delle due aree del PD sono state estremamentetranchant, lasciando quasi presagire una rottura che né lo spirito di appartenenza alla formazione né le parole del segretario, Bersani, avrebbero potuto ricomporre. Dopo una giornata i toni sono in parte mutati, ed il PD pare essersi schierato con compattezza sulla soluzione considerata più di sinistra, ma questa ritrovata unità non deve trarre in inganno.
Se infatti il Partito Democratico nella sua interezza può essere favorevole ad una modifica della riforma del mercato del lavoro ed anche impegnarsi seriamente per ottenerla, un esito negativo di questa operazione riaprirebbe le crepe nella facciata del partito emerse con tanta chiarezza al momento del primo annuncio della riforma. Se si arrivasse ad un voto sull’attuale testo, è infatti difficile credere che il PD saprà votare compattamente, in un senso o nell’altro.

pierluigi bersani

Il fenomeno paradossale è che per alcuni esponenti democratici la questione dirimente non risiede tanto nei diritti dei lavoratori o delle aziende, ma nella collocazione politica futura di quello che oggi è il principale partito di centrosinistra. Scambiando la causa con l’effetto, non sono pochi i parlamentari del PD che oggi voterebbero contro o a favore della riforma in virtù di quella che ritengono debba essere la collocazione del partito nelle future competizioni elettorali, se il PD debba essere un partito di centro alleato con il Terzo Polo oppure il perno di un centrosinistra in stile foto di Vasto. Il vero rischio, tuttavia, è che il partito stesso esploda, almeno a livello di classe dirigente, scindendosi – pur con qualche rimescolamento – nelle due componenti che solo pochi anni prima si erano fuse dandogli vita.

In tutto questo si staglia la figura di Bersani, segretario del PD e come tale tenuto a curarsi tanto di rispondere ai milioni di elettori che nel 2008 hanno scelto di dare fiducia al centrosinistra, quanto del partito stesso. A differenza di episodi del passato in cui singoli esponenti hanno abbandonato la formazione, la situazione attuale rischia di lacerare il partito in due tronconi, nessuno dei quali sia più in grado di contenere l’essenza del PD, decretando quindi il fallimento del progetto del partito e in generale di un progetto di centrosinistra italiano di stampo non comunista.
Se, come sembra, vi sono possibilità di modifiche alla proposta dell’esecutivo è bene che il PD si adoperi per ottenerle, ma al tempo stesso Bersani deve tenersi pronto a fronteggiare la possibilità di una crisi senza precedenti nel proprio partito, che si consumerà sicuramente se la via della trattativa con il Governo dovesse fallire.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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