Generale Dalla Chiesa: esempio di coraggio nella lotta alla Mafia

Pubblicato il 11 Settembre 2017 alle 13:48 Autore: Redazione
Omicidio Generale Dalla Chiesa

Generale Dalla Chiesa: esempio di coraggio per le generazioni passate e future

Il 3 settembre, a trentacinque anni dalla sua tragica morte, l’Italia intera ha commemorato il coraggioso Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, esempio di forza e di lotta contro le mafie. Ripercorriamo i momenti chiave della vita di uno dei personaggi più importanti per la lotta contro le Mafie.

Generale Dalla Chiesa: dalla gioventù ai primi successi contro la Mafia

Nato a Saluzzo, in provincia di Cuneo, nel 1920. Si distingue nell’arma dei Carabinieri già nel periodo della Seconda Guerra Mondiale nel ruolo di comandante. Trascorre gli ultimi anni di guerra combattendo al fianco dei partigiani. Terminata la guerra, nel 1949 si fa trasferisce in Sicilia. Qui la Mafia cominciava a far sentire maggiormente la sua presenza e dove Dalla Chiesa, divenuto Capitano, si ritrova a dover indagare su ben 74 omicidi avvenuti per opera di Cosa Nostra.

In seguito viene promosso Tenente Colonnello dei Carabinieri e “subisce” una serie di trasferimenti nelle maggiori città del Centro Italia, tornando in Sicilia solo nel 1966 (dove resterà fino al 1973). A comando della Legione Carabinieri di Palermo, riuscì a contrastare l’operato di numerosi boss della Mafia; tra questi,  Gerlando Alberti e Frank Coppola, arrestandoli e iniziando ad indagare sul presunto collegamento tra Cosa Nostra e la Politica.

Generale Dalla Chiesa: le indagini con  Giuliano e l’attività contro il terrorismo

Famosa la collaborazione, nel 1970, con il capo della polizia Boris Giuliano, durante le indagini sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, del quale si erano perse le tracce in seguito ad alcune sue dichiarazioni riguardanti del materiale compromettente di cui era in possesso.

Nel 1973 è promosso al grado di generale di brigata e nel 1974 diventa comandante della Regione militare di Nord-Ovest, con giurisdizione su Piemonte; Valle d’Aosta; Liguria. E’ a partire da questo momento che si ritrova a dover fare i conti con il terrore. Le stragi e i pericoli portati dalle Brigate Rosse, gruppo terroristico di estrema sinistra, famoso per i numerosi attentati che segnarono l’Italia fino alla fine degli anni ’80.

Nel 1978 Dalla Chiesa viene nominato Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo, una sorta di reparto operativo speciale, alle dirette dipendenze del Ministro dell’Interno Virginio Rognoni, creato per la lotta alle Brigate rosse e, in particolare, per la ricerca e la condanna degli assassini del leader democristiano Aldo Moro; fatto prigioniero, ucciso e ritrovato nel bagagliaio di un’auto il 9 maggio 1978.

Generale Dalla Chiesa: la difficile spedizione siciliana

Nel 1981 diventa Generale d’armata. Subito dopo è congedato dall’esercito per essere eletto, nel 1982, Prefetto di Palermo. Vi si trasferisce insieme ai suoi tre figli in seguito alla perdita dell’amata moglie. Inizialmente Dalla Chiesa si mostra scettico dinanzi a questa scelta. Tuttavia, viene rassicurato dal ministro Rognoni, il quale gli promette pieni poteri nella lotta contro Cosa Nostra.

A Palermo, dove arriva ufficialmente nel maggio del 1982, lamenta più volte il mancato rispetto degli impegni assunti dal governo e la carenza di sostegno da parte dello Stato. In un’intervista concessa a Giorgio Bocca, il generale dichiara espressamente di essere stato lasciato solo; denuncia la mancanza dei mezzi necessari per la lotta alla mafia, che nei suoi piani doveva essere combattuta strada per strada, rendendo palese alla criminalità la massiccia presenza di forze dell’ordine. Emblematica la frase: “Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì“.

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Generale Dalla Chiesa: la morte e il ricordo

Il 1982 è l’anno in cui il prefetto intensifica e inasprisce le proprie mosse contro i più potenti boss della Mafia. Quell’anno viene anche ricordato come l’ultimo della sua intensa vita. La sera del 3 settembre 1982 a Palermo, l’auto sulla quale viaggiava il Prefetto, guidata dalla seconda moglie, Emanuela Setti Carraro, viene affiancata da una BMW. dalla macchina partono alcune raffiche di Kalashnikov che uccidono entrambi sul colpo.

Nel giorno dei funerali una gran folla si ritrovò dinanzi alla Chiesa di San Domenica per protestare contro la presenza di numerose autorità politiche. Colpevoli anch’esse, a loro dire, di quel duplice omicidio che, insieme al prefetto e a sua moglie, uccise anche la speranza dei palermitani. Dalla Chiesa fu insignito di medaglia d’oro al valore civile alla memoria e riposa nel Cimitero della Villetta a Parma. Il suo ricordo vive ancora nella mente e nel cuore, anche a distanza di trentacinque anni, di tutti i siciliani e di tutti coloro i quali credono, ancora oggi, che la mafia possa essere sconfitta.

Maria Iemmino Pellegrino

L'autore: Redazione

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