Il francese Guy Abeille “Inventai io il 3%, fu scelta casuale”

Pubblicato il 8 Luglio 2014 alle 10:01 Autore: Gabriele Maestri

La regola del 3% di deficit sul Pil “fu una scelta casuale, senza nessun ragionamento scientifico”, “dovevamo fare in fretta” ed “è venuto fuori in un’ora”. Lo dice Guy Abeille, meglio conosciuto come ‘Monsieur 3%‘, l’uomo che rivendica la paternità del limite imposto nel patto di stabilità, che lavorava al ministero delle Finanze di Parigi.

In un’intervista al quotidiano Repubblica afferma che la regola nacque dalla volontà di Francois Mitterrand, eletto all’Eliseo, di “fermare la deriva” del deficit lasciato da Valery Giscard d’Estaing. “Avevamo pensato in termini assoluti di stabilire come soglia massima 100 miliardi di franchi. Ma era un limite inattendibile data l’alta fluttuazione dei cambi e le possibili svalutazioni. Quindi decidemmo di dare il valore relativo rispetto al Prodotto interno lordo che all’epoca era di 3.300 miliardi. Da qui il fatidico 3%”.

Guy Abeille inventore della regola 3 per cento

La regola, spiega, aveva funzionato bene negli anni ottanta ed “è stato Jean-Claude Trichet, allora direttore generale del ministero del Tesoro, a proporre questa norma durante i negoziati per il Trattato di Maastricht. Per paradosso, la Germania ha adottato la norma del 3% di deficit sul Pil fino a farne uno dei punti centrali del Patto di Stabilità. Trovo divertente che questa regola nata quasi per caso e oggi imposta dai tedeschi sia nata proprio in Francia”. “Immaginavo – conclude – che ci sarebbero stati degli studi più approfonditi, in particolare quando il parametro è stato esteso all’Europa. E invece il 3% rimane ancora oggi intoccabile, come una Trinità”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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