Confindustria, nel Mezzogiorno persi quasi 50 miliardi di PIL

Pubblicato il 25 Luglio 2014 alle 16:27 Autore: Francesco Di Matteo

Confindustria e Srm hanno emanato una ricerca, Check Up Mezzogiorno, che analizza la situazione economica del meridione dall’inizio della crisi ad oggi. I dati non sono per niente incoraggianti: al sud si sono persi 47.7 miliardi del Pil, una somma stratosferica per una già debole economia come quella del mezzogiorno, da sempre martoriata per la bassa appetibilità per gli investimenti e l’avvio di imprese. In 6 anni, dal 2007 ad oggi, oltre ai quasi 50 miliardi di Pil persi, si è registrato il fallimento di oltre 32mila imprese; la perdita di 600mila posti di lavoro e la relegazione in cassa integrazione per altre 115mila persone; una disoccupazione giovanile altissima, con un solo occupato ogni 3 giovani.

La sentenza della ricerca è chiara e incontrovertibile: la crisi al sud ha avuto “effetti durissimi”, e mostra la necessità di applicare “le riforme istituzionali e strutturali”, oltre che ad un programma di “interventi robusti per amplificare i timidi segnali positivi”. Tra le riforme che vengono indicate come più urgenti ci sono le riforme per l’energia, il fisco, la semplificazione e la riduzione dei tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione.

A dimostrazione ulteriore del crollo del Pil nel mezzogiorno c’è anche il dato riguardante gli investimenti, sia pubblici che privati, che hanno interessato tutta l’area. Gli investimenti sono calati del 34%, ovvero 28 miliardi nei 6 anni di crisi. Ma il dato raggiunge lo spaventoso record del -47% nel settore strettamente industriale e un calo del 34% netto nel settore agricolo e della pesca, da sempre specificità dell’economia del meridione.

Anche il pubblico ha visto una forte riduzione degli investimenti, con spese in conto capitale in calo di più di 5 miliardi di euro, tornando ai valori del 1996, e un calo di oltre 3.5 miliardi di euro per le gare pubbliche per aziende pubbliche o a partecipazione statale. Il dato è chiaro: nonostante la fase ciclica dell’economia richiederebbe robusti investimenti per sostenere il mercato interno, lo stato investe sempre meno al sud che quindi è vittima sia della crisi economica globale che del vertiginoso calo degli investimenti statali.

Nella ricerca viene mostrato un solo singolo dato in crescita. L’export delle aziende del meridione è cresciuto, rispetto al 2007, di oltre 2 punti percentuali (2.5%), anche se nei primi mesi del 2014 ha visto una leggera differenziazione: cala l’esportazione di idrocarburi, mentre tiene l’export dell’acciaio. Aumenta, al contrario, le esportazioni del settore aereonautico/automotivo, la gomma e la plastica, la meccanica e l’agroalimentare, da sempre il punto di forza dell’economia del sud del Paese.

L'autore: Francesco Di Matteo

Napoletano classe '92. Laureato in Scienze Politiche e delle relazioni internazionali alla Federico II di Napoli nel 2014, è appassionato di giornalismo e in particolare di politica, di analisi politica e di Scienza Politica, in generale. Tesserato a Libera, in passato ha ricoperto la carica di Coordinatore Regionale a livello giovanile nell'Italia dei Valori (2012). Cofondatore dell'associazione Agorà - Lavoro, Partecipazione e Libertà. Attualmente collabora anche con "Il Roma" ed è co-fondatore della testata indipendente "Libero Pensiero".
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