L’Unione europea e le sanzioni contro la Russia

Pubblicato il 29 Luglio 2014 alle 09:21 Autore: Antonio Scafati

Una conference call tra Obama, Renzi, Hollande, Merkel e Cameron, una telefonata tra le due sponde dell’Atlantico per decidere la risposta da dare alla crisi in Ucraina. Il risultato è un Occidente che mostra i muscoli: tutti d’accordo nel procedere con nuove sanzioni che colpiscano l’economia della Russia.

Nel bollettino diffuso ieri dall’Eliseo il messaggio è chiaro: “Nonostante i numerosi appelli rivolti al presidente Putin affinché faccia pressione sui ribelli, non ci sono stati significativi passi avanti. I cinque capi di stato e di governo confermano la loro intenzione di adottare nuove misure contro la Russia”. Entro questa settimana – forse anche nel giro di 24-48 ore – l’Europa potrebbe far scattare la cosiddetta ‘fase 3’, che colpirà settori strategici dell’economia russa: da quello bancario, con limitazioni nel movimento dei capitali, alla vendita di armamenti (ma i contratti firmati saranno onorati) e di tecnologie civili utilizzate nell’estrazione del petrolio.

Se queste sanzioni diventeranno operative sul serio, il contraccolpo lo si sentirà anche qui in Europa. Lo ha detto con chiarezza e semplicità Nina dos Santos, corrispondente per la Cnn da Londra: “Mentre l’Europa si prepara ad adottare misure decisive, deve essere consapevole che se vuole che abbiano davvero effetto dovranno inevitabilmente fare del male anche alla stessa economia europea”. Complessivamente, infatti, l’Unione europea esporta in Russia beni e servizi per un totale di circa cento miliardi di euro e ne importa l’equivalente di duecento. All’interno dell’Ue, ci sono paesi più o meno esposti.

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Photo by Anca PandreaCC BY 2.0

La Camera tedesca lo ha già detto qualche giorno fa: sanzioni più aspre potrebbero finire per danneggiare un bel po’ di imprese della Germania. Più di 6.000 aziende operano in Russia e lo stipendio di circa 300.000 tedeschi dipende dagli scambi commerciali tra Berlino e Russia. Non a caso il Washington Post ha sottolineato il malumore che si respira nelle aziende tedesche. La Gran Bretagna vende componenti militari alla Russia. E vede anche automobili. Ma c’è di più: se l’Europa deciderà di far scattare le sanzioni contro le banche russe, la city di Londra – principale polo finanziario del continente – ne risentirà. Parigi invece ha firmato con la Russia un contratto da 1,2 miliardi di euro che prevede la vendita di due navi militari. La Francia è il paese europeo che vende più armi a Mosca.

L’Italia è il quarto partner commerciale della Russia: come ha ricordato qualche giorno fa il vice ministro degli Esteri russo Aleksey Meshkov, nel 2013 ci sono stati scambi per l’equivalente di 53,8 miliardi di dollari. L’Eni è notevolmente coinvolto nel progetto del gasdotto South Stream, che dalla Russia porterà gas nell’Europa centro-meridionale. Già sul finire della scorsa settimana Eni ha perso valore in borsa: gli azionisti temono le ripercussioni delle sanzioni contro la Russia e l’impatto che queste potrebbero avere sul progetto del gasdotto.

Tutti hanno qualcosa da perdere nel procedere con sanzioni più dure nei confronti di Mosca. Quel che i leader europei devono decidere è se vale la pena sacrificare parte degli interessi nazionali per tentare di spegnere l’incendio che da settimane infiamma l’est dell’Ucraina.

Immagine in evidenza: photo by jeoffowenphotos – CC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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