L’America pro Gaza e l’inconsistenza del mondo arabo

Pubblicato il 31 Luglio 2014 alle 17:18 Autore: Guglielmo Sano

Sono passati 24 giorni dall’inizio dell’offensiva israeliana su Gaza. Navi Pillay, Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani, negli scorsi giorni aveva promosso un’indagine su presunti crimini di guerra condotti dalle forze di Tel Aviv contro la popolazione palestinese. A favore della risoluzione hanno votato compatti i paesi dell’America Latina supportati dai BRICS, contrari solo gli Usa, l’Europa si è astenuta. Nethanyahu, premier israeliano, non ha esitato, subito dopo l’approvazione, a definire l’iniziativa dell’Onu “una parodia”.

Anche oggi da Tel Aviv si ribadisce che non vi sarà tregua fino a quando l’ultimo tunnel scavato da Hamas al confine con Israele non verrà distrutto. Non si è fatta attendere la risposta di Pillay che a seguito dei bombardamenti israeliani contro abitazioni, scuole e ospedali ha dichiarato: “nessuno di questi attacchi sembra casuale, ma un atto di deliberata violazione del diritto internazionale”. Tuttavia le responsabilità di Hamas restano indubbie: “commette gravi violazioni dei diritti dell’uomo che potrebbero essere considerati crimini contro l’umanità” ha aggiunto l’Alto commissario.

gaza bolivia

Nel frattempo il fronte d’opposizione a Israele si compatta anche al di fuori del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. In testa il Brasile che, già una settimana fa, ha ritirato il proprio ambasciatore definendo “sproporzionato l’uso delle forza” contro la Striscia di Gaza. Dagli Affari Esteri israeliani hanno risposto che “sproporzionato è perdere 7 a 1 (riferimento alla Semifinale di Coppa del Mondo persa dal Brasile contro la Germania, ndr)”. Sempre dall’America Latina arriva oggi la forte condanna del Presidente boliviano Morales: la morte di 1300 palestinesi indica che Israelenon favorisce la coesistenza pacifica all’interno della comunità internazionale” per questo la Bolivia ha deciso di inserire lo stato ebraico nella lista degli “stati terroristi”.

Da Teheran l’Ayatollah Khamenei ha invece invitato il “mondo” ad “armare Gaza” . L’Iran, che non riconosce lo Stato d’Israele, come dice il ricercatore Stefano Torelli dell’Istituto di Studi Politici di Milano (ISPI), sostiene economicamente Hamas, anche se in veste ufficiosa. È praticamente certo infatti che molti armamenti usati dai militanti palestinesi contro Israele siano forniti proprio dall’Iran.

gaza khamenei

A parte tutto il dato più rilevante resta la litigiosità del mondo arabo. La frammentazione e gli instabili equilibri geopolitici sono tra i fattori che stanno determinando l’aggravarsi del conflitto arabo-israeliano.

L’Egitto che si è proposto come paciere tra le due parti in conflitto è al momento poco credibile, dice Torelli. Al Sisi è un fermo avversario dei Fratelli Musulmani a loro volta legati ad Hamas e su questo punto può contare sull’appoggio dell’Arabia Saudita. Il Qatar che sostiene ufficialmente Hamas e i Fratelli Musulmani cerca di inserirsi come importante soggetto politico regionale ma al momento è isolato proprio a causa dell’asse tra Il Cairo e Riad. Proprio come la Turchia, tra l’altro ingolfata da problemi di politica interna. La Siria un tempo alleata di Hamas e Fratelli Musulmani oggi si trova a combatterli.

Gli altri paesi arabi – prosegue il ricercatore intervistato da ilfattoquotidiano.it non vanno oltre la retorica anti israeliana. Molti di loro sono formalmente in guerra e, Giordania a parte, non hanno mai riconosciuto Israele. I Paesi arabi usano la Palestina nelle loro dichiarazioni, ma nei fatti non muovono un dito e non si sono mai interessati a una soluzione della questione. Anzi: il Libano e la Giordania, che ospitano decine di migliaia di rifugiati palestinesi, li trattano come cittadini di serie B. Una doppia faccia che rimane funzionale allo scopo di avere un nemico da fronteggiare”.

 

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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