Intervista ad Amelia Frascaroli

Pubblicato il 10 Dicembre 2010 alle 01:18 Autore: Matteo Patané

Nata nel 1954, madre di cinque figli, una vita spesa nella difesa e nella tutela degli ultimi, un impressionante curriculum di ruoli chiave nei più importanti enti di sostegno sociale di Bologna e non solo, Amelia Frascaroli ha recentemente deciso di candidarsi alle elezioni primarie del centrosinistra per concorrere alla carica di Sindaco di Bologna.

Siamo onorati dalla disponibilità offertaci nel voler rispondere alla nostre domande.

Intervista ad Amelia Frascaroli

Amelia Frascaroli, lei è un volto molto noto a Bologna, ma vuole ugualmente presentarsi ai nostri lettori?

Sono una donna di 56 anni e una mamma. Mio marito è pediatra e io sono una pedagogista. Fin da giovane sono sempre stata impegnata nell’associazionismo cattolico. Ho lavorato come educatrice comunale e poi alla Caritas diocesana. Sono stata presidente della Consulta comunale di Bologna contro l’esclusione sociale e membro dell’Opera Pia dei Poveri Vergognosi. Alle elezioni amministrative del 2009, alla mia prima esperienza politica, sono stata eletta consigliere comunale nelle fila del PD, ma anche in quell’occasione ho agito da indipendente.

Cosa l’ha spinta a partecipare alle primarie del centrosinistra?

Ho deciso di candidarmi perché ho creduto di dovermi assumere la responsabilità nei confronti di tutte quelle persone che me lo hanno chiesto e con le quali ho condiviso in questi anni tanto lavoro, mille pensieri, molte gioie ma anche tante fatiche. Sono stata spinta da loro e dal loro desiderio, ma nel tentativo di dire, tutti insieme, alcune cose importanti rispetto ad alcuni temi forti per la città.

Quali sono i tratti che caratterizzano la sua candidatura rispetto a quelli degli altri partecipanti alle primarie?

Sono prima di tutto una donna, una persona che conosce soprattutto le fragilità di Bologna e sono una candidata civica, espressione cioè della società civile. Non ho la tessera di nessun partito e non ho mai fatto politica per professione. Vorrei essere un’incubatrice per suscitare la partecipazione di più persone possibili: ecco l’immagine che rende bene il servizio che vorrei svolgere per Bologna. Nessun patto di potere, quindi, ma dibattiti pubblici sulla città che vogliamo costruire.

Lei si presenta come una cattolica praticante, ma ha recentemente incassato l’appoggio di SEL, una delle formazioni più a sinistra della coalizione. Come interpreta questo fattore? Ritiene che i consueti concetti di destra e sinistra siano da rivedere alla luce dell’evoluzione della società?

Forse perché voglio valorizzare soprattutto il carattere di assoluta laicità della politica. La parola “laico” vuol dire popolare, cioè di tutti e che riguarda tutti in modo condivisibile, al di là di ogni appartenenza. Nessuna strada positiva può essere scartata, anche se viene da oltre frontiera. Le frontiere sono rigide: o stai di qua o stai di là. Io sinceramente ho sempre sconfinato.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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