Milleproroghe, l’ippopotamo costituzionale

Pubblicato il 3 Marzo 2011 alle 11:22 Autore: Francesca Petrini
Le possibili alleanze di Renzi

Le preoccupazioni del Quirinale sulla procedura con cui si è approvato il milleproroghe

 

Quasi all’esatta scadenza dei 60 giorni previsti dalla Costituzione – articolo 77, comma 3 – il disegno di legge di conversione del decreto c.d. milleproroghe (più esattamente Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie) arriva in terza lettura al Senato per l’approvazione finale. Ciò a seguito della presentazione di un nuovo maxiemendamento che, unito alla richiesta di voto di fiducia, è stato presentato dal Governo alla Camera dei Deputati, immediatamente dopo l’invio di una lettera del Presidente della Repubblica Napolitano ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio (22 febbraio 2011). Stando a quanto riportato nella lettera, il Capo dello Stato è stato indotto a sottoporre all’attenzione del Governo e del Parlamento alcune considerazione, al fine di “evitare che un decreto-legge concernente essenzialmente la proroga di alcuni termini si trasformi sostanzialmente in una sorta di nuova legge finanziaria dai contenuti più disparati” (si veda “Una piccola finanziaria in arrivo“). Nella lettera si è trattato anzitutto dei “tempi” del procedimento legislativo: il disegno di legge di conversione infatti è stato presentato dal Governo al Senato il 29 dicembre 2010, assegnato alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio il 7 gennaio 2011 ed esaminato in sede referente fino all’11 febbraio, con l’approvazione di 104 emendamenti; poi è iniziato l’esame in Assemblea, esame che si è concluso mercoledì 16 febbraio con l’approvazione del maxiemendamento presentato dal Governo, che ha riprodotto il testo delle Commissioni con l’aggiunta di numerose altre disposizioni, e su cui è stata posta la questione di fiducia. In sostanza, il solo esame del testo in prima lettura ha consumato 50 dei 60 giorni tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti-legge (art. 77, comma 3 Cost.).

Come ha tecnicamente e correttamente notato il Presidente della Repubblica, il testo su cui la Camera si apprestava a votare era estremamente ampio ed eterogeneo: il testo originario del decreto-legge, costituito da 4 articoli (di cui il terzo relativo alla copertura finanziaria e il quarto all’entrata in vigore) e 25 commi, è “ingrassato” di ben 5 articoli e 196 commi a seguito delle modifiche apportate dalle Commissioni del Senato e dal Governo, con il successivo maxiemendamento. Questo dato formale, valutato alla stregua di un aumento di peso della normazione, di una crescita del contenuto sostanziale del provvedimento, costituisce un indicatore utile ai fini della misurazione del quantum giuridico prodotto nell’arco di 60 giorni, nell’ambito di un procedimento costruito per definizione a fronte di casi di straordinaria necessità ed urgenza (art. 77, comma 2 della Costituzione). Se si considera che il maxiemendamento interamente sostitutivo, presentato dal Governo alla Camera ed approvato sabato scorso dal Senato in terza lettura, ha inciso solo minimamente sul dato formale appena citato (si è trattato di 2 modifiche e 7 soppressioni che portano il conteggio definitivo dei commi del milleproroghe a 189 rispetto ai 196 licenziati da Palazzo Madama), ci sembra opportuno confrontarsi con la ormai nota metafora del Presidente del Consiglio Berlusconi, secondo cui le iniziative legislative proposte dal Governo, simili a “puledri di razza”, verrebbero poi trasformate, attraverso il lavoro parlamentare, in “ippopotami”. È lo stesso prodotto del Governo che, infatti, contiene all’incirca 103 nuove materie rispetto a quelle previste nel decreto legge originario: questo modo di procedere si pone in contrasto con i principi sanciti dall’articolo 77 della Costituzione e dall’articolo 15, commi 1 e 3, della legge n. 400 del 1988, recepiti dalle stesse norme dei regolamenti parlamentari. Se durante il procedimento di conversione del decreto d’urgenza il dato formale contenuto nell’atto cresce sostanzialmente, è allora possibile intuire come difficilmente si tratti di misure di immediata applicazione, dal contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo – sebbene, nel caso di specie, già il titolo investisse materie di per sé ampie (materia tributaria e sostegno alle imprese e alle famiglie).

(per continuare la lettura cliccare su “2”)

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
Tutti gli articoli di Francesca Petrini →