Il consenso di Obama. Stabile, nonostante tutto

Pubblicato il 13 Settembre 2009 alle 17:43 Autore: Redazione
usa 2010

Il consenso di Obama. Stabile, nonostante tutto

 

Barack Obama Il consenso di Obama. Stabile, nonostante tutto

Nelle presidenziali del 2008 Barack Obama ha ottenuto un chiaro successo, staccando il suo avversario di oltre 7 punti percentuali, circa 10 milioni di voti, così da conseguire una netta affermazione nel Collegio Elettorale. Obama si è affermato in 28 Stati, vincendoin 240 dei 435 distretti della Camera dei Rappresentanti. All’inizio della sua Amministrazione, il presidente si è attestato su valori record nei sondaggi, beneficiando della classica luna di miele con l’elettorato.Nei primi mesi alla Casa Bianca il tasso di approvazione dell’operato di Obama si era attestato intorno al 60%, un valore superiore rispetto agli immediati predecessori, George W Bush e Bill Clinton, ma da luglio il calo è stato repentino. Il presidente è sceso intorno alla soglia del 50%, il primo campanello d’allarme di ogni Amministrazione. La pausa estiva è stata riempita da una lunga teoria di osservazioni sul crollo di consensi subito dal primo inquilino afro-americano della Casa Bianca, un fatto che potrebbe creare notevoli problemi ai candidati democratici impegnati nelle midterm 2010. La tradizione della politica americana indica che il partito che esprime il presidente parte sfavorito alle elezioni di metà mandato, tanto che nel dopoguerra solo nel 1998 e nel 2002 l’opposizione non è avanzata, in consultazioni molto influenzate da fattori esterni (la solidarietà a Clinton per l’impeachment nel 1998, il consenso per la risposta di Bush agli attacchi terroristici quattro anni dopo). Maggiore è l’impopolarità del presidente, più grandi sono i rischi corsi dal suo partito.

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QUALE CAMPIONE?

I sondaggi che rilevano l’approvazione del presidente non possono essere considerati delle indicazioni di voto, se non a poche settimane dal voto. I valori di Obama, e di altri presidenti americani nel passato, sono stati spesso inflazionati nel passato dalla scelta del campione. Negli Stati Uniti vota poco più della maggioranza degli elettori, mentre molti istituti preferiscono sondare l’intera cittadinanza per le loro rilevazioni. Non casualmente, nelle indagini che invece di interrogare “tutti gli adulti” (all adults) si sono rivolti agli elettori registrati (per votare negli Stati Uniti ci si deve iscrivere ai registri predisposti dai singoli Stati) oppure agli elettori probabili ( i cosiddetti likely voters) Obama aveva sin dall’inizio mostrato valori più bassi. PPP, un istituto che lavora spesso per i Democratici, era partito a marzo con un rapporto approvo/disapprovo di 55/37, mentre 6 mesi dopo rileva 52/42. RasmussenReports, che come PPP utilizza gli elettori probabili, segnalava invece Obama al 57/42 a metà marzo, mentre nella giornata di domenica 13 settembre rileva 51/48. Rasmussen è stata la casa di sondaggi che più ha suscitato controversie in questi mesi. L’istituto, di notorie simpatie repubblicane ma molto rispettato per i suoi brillanti risultati, ha proposto un nuovo indice, la forte approvazione/forte disapprovazione, che non ha precedenti nella demoscopia americana. Grazie a questo metodo, Rasmussen ha segnalato per primo la forte impopolarità di Obama nei segmenti più conservatori della popolazione, segnalando così una dinamica abbastanza simile a quanto successo durante l’ultima Amministrazione democratica guidata da Bill Clinton. Con la scelta di campioni composti da elettori probabili, i due istituti hanno diminuito l’oscillazione che ha invece caratterizzato i sondaggi basati sull’intera popolazione adulta. Nel mese di marzo Gallup ha sempre rilevato Obama sopra il 60%, valori confermati dalle indagini dei maggiori quotidiani statunitensi, Washington Post, New York Times e Wall Street Journal. In questo periodo questi sondaggi hanno invece mostrato una maggiore contrazione del rapporto approvo/disapprovo, con un deficit negativo per Obama superiore anche ai 20 punti rispetto a 6 mesi fa.

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