La banda del collegio 23.

Pubblicato il 24 Novembre 2009 alle 22:10 Autore: Livio Ricciardelli
primarie repubblicani

La banda del collegio 23. 

La banda del collegio 23.

Dopo la batosta elettorale del 2008, che ha visto il Partito Repubblicano degli Stati Uniti d’America sconfitto sia alle presidenziali sia alle legislative, il “Grand Old Party” appariva come un partito politico spacciato. Già nel corso delle elezioni primarie, iniziate nel gennaio 2008, la contesa per la leadership repubblicana sembrava, agli occhi dell’opinione pubblica, come una partita molto meno interessante della super sfida democratica tra Obama e Hillary Clinton.

Tutto ciò mentre comunque si registrava sul fronte repubblicano una gara aperta con possibili esiti ben più numerosi di quelli del partito dell’asinello: basti pensare che il favorito alla vigilia della primarie, Rudy Giuliani, dopo i deludenti risultati dei primi stati si era ritirato dalla corsa, lasciando il tutto con un esito incerto: stati vinti da Mitt Romney, stati vinti da Huckabee…alla fine fu il veterano John McCain ad avere la meglio. E non era un risultato scontato.

Subito dopo la vittoria di Obama del 4 novembre del 2008, qualche commentatore già si chiedeva: valutando che il capitale politico-carismatico di Obama è immenso, chi sarà lo sfidante repubblicano alle elezioni presidenziali del 2012? Chi avrà il difficile compito di sfidare la ventata d’aria fresca rappresentata dalla candidatura e dalla vittoria di Obama?

Già avvenivano cose folkloristiche: il 20 novembre del 2008 (ribadisco: il 20 novembre 2008) l’ex candidato alle primarie repubblicane Mike Huckabee (che già di suo è un personaggio folkloristico, tanto da aver ricevuto l’agognato endorsment da parte di Chuck Norris) annunciava la sua candidatura in vista delle presidenziali del 2012 e annunciava l’inizio della sua raccolta fondi per la competizione elettorale.

Lunghi editoriali di quel geniaccio di Karl Rove, spin doctor di Bush jr. sin dai tempi del Texas, ricordavano che “chi vorrà candidarsi nel 2012 dovrà dare una mano alle elezioni di mid-term nel 2010”.

Tutto questo mentre si denigrava la scelta autolesionista di McCain di proporre l’inesperta Sarah Palin alla vicepresidenza, e mentre il duo Bush-Cheney registrava un livello di popolarità bassissimo.

Insomma, il Partito Repubblicano era inesistente. Non c’era.

Almeno nella fase di coabitazione.

Assunto l’incarico di presidente, Obama ha subito aperto vari fronti (e non è ancora riuscito a chiuderne nessuno nonostante il buon iter dell’importantissima riforma sanitaria). Ciò ha consentito alla sua opposizione di potersi organizzare sia dal punto di vista politico-programmatico che dal punto di vista della propaganda.

Gli attacchi più forti dei repubblicani al presidente vengono proprio a proposito della riforma sanitaria: si accusa Obama di essere un socialista, si teme di perdere il comodo seggio senatoriale e di dispiacere le lobby locali, e soprattutto si fa credere ai cittadini (già abbastanza svantaggiati dal sistema sanitario) che le proposte di Obama non possono che peggiorare le cose.

Quindi si risveglia l’opposizione ad Obama, anche se il piano propagandistico impera su tutto.

Gran parte di questo “focolaio propagandistico” è frutto della rete televisiva “Fox News” che ha attaccato cosi tanto il presidente Obama da portarlo ad un boicottaggio totale da parte della Casa Bianca della rete di Murdoch.

Da notare che proprio in questo periodo, oltre a concentrarsi quasi sempre e solo sulla riforma sanitaria e sui suoi presunti danni, il network statunitense trasmette programmi televisivi con conduttori alquanto particolari: c’è Mike Huckabee con un suo programma denominato con molta fantasia “Huckabee” (potete vederlo verso le due notte italiane…dite la verità, non aspettavate altro!) oppure il tribuno Glenn Beck (ore 23 ore italiane) che scrive i suoi appunti su una lavagnetta e butta libri diMao e Hitler addosso alla telecamera. Per non parlare dello storico commentatore radiofonico neo-con Rush Limbaugh che mette insieme tutti gli stereotipi degli americani ultra-conservatori degli ultimi anni.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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