Russia: L’economia nell’era Putin, la modernizatsya mancata

Pubblicato il 31 Maggio 2012 alle 13:42 Autore: EaST Journal
putin, russia

DA MOSCA. Ormai Vladimir Putin ha giurato ed è presidente della Russia. Il tandem Putin-Medvedev ha dietro di sé quattro anni di potere, e all’inizio di questo nuovo periodo dopo la staffetta è interessante vedere che cosa i due massimi dirigenti, al Cremlino e alla ‘Casa Bianca’, hanno lasciato alla Russia. La domanda se l’è posta l’organizzazione economica moscovita FBK (Consulting di finanza e contabilità) guidata da un gruppo di specialisti della facoltà di economia delle MGU (Università statale di Mosca Lomonosov), compresi i fondatori della compagnia, Sergej Shapiguzov e Elena Proskurnja. Abbiamo visto nella prima parte come le occasioni mancate siano state tante. Vediamo ora, nella seconda parte, alcune altre caratteristiche dell’economia russa lasciatasi alle spalle da Putin e Medvedev “prima versione”.

Sergej Dubinin, ex capo della Banca Centrale, attualmente presidente del consiglio di sorveglianza della Banca per il commercio estero (VTB), rileva che la concorrenzialità e la produttività del lavoro in Russia, come 100 anni fa, rimangono tre volte meno efficienti che nei paesi più avanzati. Secondo l’opinione dell’analista, è necessario far crescere gli investimenti, tuttavia rimane non chiaro come si possa fare. Infatti l’interesse per il mercato russo manca, secondo lui, perfino agli imprenditori russi che si rifugiano negli offshore. In questo modo il problema cessa di essere solo economico per divenire politico. “In un decennio abbastanza di successo sul piano del background macroeconomico (a partire dal 1998-2000) i problemi economici fondamentali non sono stati risolti, – sostiene Dubinin. – Uno di essi è la dipendenza del bilancio dall’esportazione delle materie prime. Che cosa succede quando la domanda di essi diminuisce, lo abbiamo già visto nel 2008”.

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Per quanto riguarda il settore cruciale, quello del petrolio e del gas, il risultato che più balza agli occhi negli ultimi tempi è il suo degrado. “Se prima la sfera del petrolio e del gas era il mezzo per risolvere molti problemi, oggi è diventata essa stessa un grosso problema strutturale. Entro il 2030 dovremo investire in essa almeno 700 miliardi di dollari solo per mantenere i volumi materiali di produzione”: questa è l’opinione di Nikita Maslennikov, consigliere dell’Istituto per lo sviluppo contemporaneo” (INSOR). Si noti che questo istituto, dopo la sua fondazione nel marzo 2008, ottenne il consenso di Dmitrij Medvedev a guidare il Consiglio dei Curatori dell’organizzazione, di cui è presidente Igor Jurgens.

A sua volta Natalja Akindinova, direttore esecutivo di un altro “think tank” macroeconomico, il “Centro per lo Sviluppo” di Mosca, ha ricordato la crescente dipendenza della popolazione e dell’economia dal bilancio statale: “Se nel 2006-2007 circa il 20% dei redditi della popolazione consistevano di pagamenti provenienti dal bilancio sotto forma di pensioni, sussidi, stipendi degli impiegati statali, durante il periodo della crisi la loro quota è già salita al 30% … Cresce la percentuale di coloro che lavorano nelle aziende di stato che garantiscono le goszakupki (acquisti da parte di enti pubblici). Nello stesso tempo nel settore privato aumenta la dipendenza dagli aiuti di stato: già prima dell’attuale crisi le imprese private avevano incominciato ad orientarsi verso una cooperazione più stretta con le aziende pubbliche. Come risultato, si osserva una crescente monopolizzazione: questa è l’opinione di Natalja Akindinova.

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