Monsieur le Président

Pubblicato il 9 Giugno 2012 alle 14:53 Autore: Andrea Iurato

Monsieur le Président

 

L’Italia, e gli italiani, ne hanno viste tante. Dittature, guerre mondiali, guerre civili, terremoti, alluvioni e riforme.

Da quando i nostri nonni hanno scelto il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica nel 1946, ed espulso i monarchi ed i loro eredi (salvo revocare questo atto qualche anno fa) il nostro Stato, pur acciaccato dalla crisi economica, è sempre rimasto saldo nella sua struttura formata dai costituenti.

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione; questo ci dice l’articolo 1 della Costituzione.

A parte il maiuscolo utilizzato per le parole Repubblica e Costituzione, teso ad informare tutti i cittadini delle successive generazioni che la forma repubblicana e la nostra carta fondamentale devono essere rispettate come valori fondanti del nostro vivere civile (tant’è che, a scanso di equivoci, i costituenti ribadiscono il concetto all’articolo 139: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale), il nostro ordinamento prevede che il popolo abbia la sovranità e la possa esercitare nei limiti e nelle forme previste dalla Costituzione. Questo è chiaro: solo nell’antica polis greca il popolo, e nemmeno tutto potendo votare solo i cittadini maschi che superavano la maggiore età, si recava nell’agorà e decideva direttamente le questioni essenziali dello Stato.

La sovranità quindi è demandata ai rappresentanti del popolo (anche se, da qualche anno questo non è più possibile) i quali siedono in Parlamento. Per questo motivo la nostra è una Repubblica Parlamentare dove il consesso popolare è messo al centro dell’agone politico; infatti il Governo, scelto dai cittadini, per poter operare deve avere “la fiducia” del Parlamento, senza la quale non può iniziare il suo mandato ed anzi, è costretto a dimettersi.

Da qualche anno siamo abituati a vedere la fiducia del Parlamento come qualcosa di scontato, ma nella I Repubblica non era così: le alleanze di governo non venivano fatte a monte prima delle elezioni, ma a valle all’interno del Parlamento, in modo tale da decidere solo successivamente la forma della coalizione che avrebbe guidato il Paese ed ottenere quindi la fiducia del Parlamento. Anche per questo motivo non era raro avere governi che duravano in carica qualche mese.

In questo frangente il ruolo del Presidente della Repubblica era, ed è tutt’ora, essenziale: l’articolo 87 della Costituzione prevede che: “Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”.

Un Capo dello Stato visto come arbitro e non come giocatore, che deve mettere l’unità del Paese al primo posto, senza farsi tentare da logiche di partito o di appartenenza ideologica, capace di essere una voce di equità e di forza anche nei periodi più bui del vivere democratico.

Il semi-presidenzialismo, invece, è tutto un altro genere di forma di Stato. Ha la sua maggiore e famosa espressione in Francia, anche se la Russia ed altri, pochi, Stati europei l’adottano (più che altro viene adottato in Stati asiatici od africani).

In questa forma repubblicana il Presidente della Repubblica viene eletto direttamente dai cittadini, con un voto distinto ed autonomo da quello per il Parlamento, nomina e revoca il Primo Ministro (il quale, insieme al governo, può essere sfiduciato dal Parlamento), può sciogliere le Camere e, ovviamente, non è sfiduciabile.

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