Disastro di Fukushima: tutta colpa dell’uomo e del governo

Pubblicato il 5 Luglio 2012 alle 19:09 Autore: Redazione

Il disastro di Fukushima è tutta colpa dell’uomo. Preferibilmente dell’uomo di governo giapponese. È questa la conclusione, che pone con le spalle al muro tutte le autorità nipponiche, alla quale è giunto Kiyoshi Kurokawa, professore di medicina a capo di una commissione d’inchiesta indipendente. In questi mesi il gruppo ha dragato ogni minimo dettaglio del disastro della centrale nucleare Daichii ponendosi molte domande e dando altrettante risposte. Non lesinando nei dettagli. Il rapporto finale consta di ben 644 pagine ed è un atto d’accusa contro i vertici aziendali e governativi: si parte dai manager di Tepco, l’azienda proprietaria del reattore fino a Naoto Kan, primo ministronei giorni della catastrofe ecologica.

fukushima

L’ex primo ministro Naoto Kan

Sulla definizione da dare Kurokawa è intervenuto nel suo rapporto smentendo di poter attribuire agli accadimenti di Fukushima lo status di disastro naturale. “Questo è un disastro, rispetto al quale l’uomo avrebbe dovuto prevedere e anticipare”. La relazione finale è stata presentata al governo mercoledì, dopo che era stato il Parlamento di Tokyo a decidere la costituzione della commissione.

L’impegno in prima linea per la verità da parte dell’esecutivo e del Parlamento non è servito ad alleggerire il carico di responsabilità sulle istituzioni statali. Anzi, Kurokawa non ha usato giri di parole per affermare che Fukushima ha violato tout court le più elementari norme di sicurezza, ignorando persino il bisogno di mettere in moto un efficace piano d’evacuazione della popolazione in caso di fuga radioattiva.

Nulla di tutto ciò è avvenuto e, adesso, per i commissari bisognerà chiederne conto al governo, alle agenzie di regolamentazione e alla Tepco. I responsabili di quest’azienda avevano tarato il sistema di raffreddamento basandosi sulla previsione di un terremoto non di alta scala.

Venirlo a sapere soltanto ora per Kurokawa dimostra, inoltre, che nel paese regna ancora un’eccessiva fiducia verso il nucleare. 

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