Caspio: Mare o lago? Un’identità geopolitica da definire

Pubblicato il 4 Agosto 2012 alle 19:25 Autore: EaST Journal

La definizione dell’identità del Caspio, mare o lago, è di importanza fondamentale per gli equilibri geopolitici dell’area nonché per il futuro energetico dell’Europa.

Tecnicamente stiamo parlando di un bacino endoreico ossia una distesa d’acqua che riceve un fiume immissario ma dal quale non esce un fiume emissario, in più l’acqua del Caspio è salata. Che si tratti di un mare o di un lago non è puramente una questione dottrinale ma influenza direttamente l’aspetto giuridico, per esempio nello stabilire i diritti estrattivi dei paesi rivieraschi. Se fosse un mare questi avrebbero un diritto di estrazione proporzionale alla lunghezza della propria costa, se invece fosse un lago i diritti estrattivi sarebbero equamente divisi.

Fino alla dissoluzione dell’URSS la questione era risolta attraverso un accordo bilaterale con l’Iran, che non a caso è il più accanito difensore dello status quo. Una revisione dei diritti estrattivi ridurrebbe infatti enormemente la capacità produttiva della Repubblica Islamica. L’Iran inoltre ha tutto l’interesse a limitare i diritti dell’Azerbaijan temendo che questi diventi troppo attrattivo per la propria minoranza azera fino a rischiarne la secessione. Tornando alle vicende del Caspio va sottolineato come dopo il 1991 la comparsa di nuove formazioni statali ha complicato la questione, portando a contrasti ancora oggi non risolti e la cui risoluzione sembra lontana.

caspio

Il paese più deciso nel proporre una revisione dell’”identità giuridica caspica” e’ il Kazakistan che, grazie alla lunghezza delle sue coste, riceverebbe immensi vantaggi dall’applicazione del diritto marirttimo. Tuttavia il colosso centroasiatico deve stare attento a non entrare eccessivamente in conflitto con la Russia per evitare problemi nella parte settentrionale del paese, dove risiede la forte minoranza russa. Acceso fautore di una revisione giuridica, ma di segno opposto, è l’Azerbajian, la cui produzione di idrocarburi deriva per l’80% da giacimenti offshore, ossia al largo dalle sue coste. Il Turkmenistan ha invece una posizione oscillante, come tutta la sua politica estera, e tendenzialmente tesa a trarre più profitti possibili; così come la Russia che con una politica estremamente pragmatica sta risolvendo le dispute per problematiche di confine tramite accordi bilaterali, come avvenuto con l’Ucraina per il Mar Nero e con la Norvegia per il Mar di Barents.

La Russia di fatto si pone sempre più come arbitro nelle controversie caspiche, come ha recentemente dimostrato l’intervento nella costante diatriba tra Turkmenistan e Azerbajian relativamente al giacimento di Kyapaz (o Serdar). Significative le affermazioni dell’analista azero Orujlo, secondo il quale la Russia ha il potere di influenzare le politiche di entrambi i paesi, ed è esattamente quello che sta accadendo.

Che Azerbaijan e Turkmenistan riescano a trovare degli accordi, come già avvenuto per il giacimento di Shah Deniz, è di fondamentale importanza per l’Unione Europea, che sta puntando molto sul progetto Trans-Caspian Gas Pipeline, che vede la partecipazione di entrambi i paesi. Il progetto è fortemente ostacolato dalla Russia che usa quindi la questione caspica come “un’arma nella guerra energetica” a difesa della propria posizione di monopolio nella fornitura di combustibile all’Europa, e non è un caso che gli accordi bilaterali di cui sopra prevedano spesso l’utilizzo di esistenti condotti russi.

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