Identità italiana e interesse nazionale. Breve storia di due concetti difficili

Pubblicato il 28 Agosto 2012 alle 12:11 Autore: Giacomo Bottos

Gli italiani si sa, non si sono mai distinti per uno spinto sentimento patriottico. Anzi, un certo sentimento “antiitaliano” ha spesso fatto parte del sentire di alcuni strati della società italiana. Eppure quantomeno il problema dell’identità nazionale e dell’identificazione di un interesse generale proprio della nazione italiana ha una lunga storia, che dura da molto prima dell’unità italiana.

E’ noto che l’Italia ebbe un’unificazione tarda. I numerosissimi staterelli dell’Italia comunale avevano dato origine, nel periodo che va dall’inizio del secondo millennio al Trecento ad uno straordinario sviluppo economico e culturale, che li poneva in una posizione di avanguardia in Europa. Poi ne seguì un periodo di conquiste che ridusse il numero degli Stati a relativamente poche entità.

 

E’ in questo quadro, all’inizio del Cinquecento, che Machiavelli scrisse il suo Principe per invocare l’avvento di un “principe nuovo” che tentasse la grande impresa dell’unificazione nazionale. Purtroppo le cose non andarono in questo modo e l’Italia raggiunse l’indipendenza, assieme alla Germania, più di tre secoli dopo.

Una volta avvenuta l’unificazione si pose però il problema di unificare il sentire di popoli così diversi, che non condividevano nemmeno la lingua. L’identità nazionale italiana, in realtà, era esistita da molto prima che si concretizzasse come fatto politico, ma sempre come fatto culturale, proprio di ristrette élite intellettuali. La cultura, la letteratura, la lingua colta erano sempre stati i principali elementi di unificazione italiana. Non stupisce allora che anche il Risorgimento fu un processo politico portato avanti con grandissima determinazione da una ristretta élite. E le élite italiane (le più illuminate almeno), da allora in avanti, dovettero sempre porsi il problemi di come trasmettere questo sentimento di identità nazionale alla maggioranza della popolazione. La scuola, il servizio militare obbligatorio, la guerra, in parte la Resistenza, e poi nel secondo dopoguerra i grandi processi di migrazione interna, la televisione, l’avvento della civiltà dei consumi contribuirono a unificare maggiormente la popolazione italiana.

Ma se il sentimento di una comune appartenenza ad un’unità nazionale indubbiamente crebbe nel corso della storia d’Italia, il contenuto di questa appartenenza fu qualcosa di sempre molto problematico. Cosa significava essere italiani? Quali erano gli elementi unificatori, i valori fondanti, della nazione? Aveva senso in Italia parlare di “interesse nazionale”? La questione fu complicata ancora di più dal fatto che una delle stagioni politiche in cui maggiore era stata l’insistenza sul tema della nazione, il fascismo, fu comprensibilmente vista come qualcosa da cui allontanarsi.

identità italiana

Nella prima Repubblica l’Assemblea Costituente rappresentò effettivamente un momento alto di unità nazionale, nel quale le forze che avevano preso parte alla Resistenza e i tre grandi partiti di massa (il Partito comunista, socialista e la Democrazia cristiana) trovarono una sintesi molto avanzata. Ma questa Costituzione rimase per lungo tempo largamente inattuata. La guerra fredda, la divisione del mondo in blocchi spinsero a mettere in primo piano la pregiudiziale anticomunista, che per un cinquantennio precluse al PCI l’accesso al governo. La frattura mondiale si riprodusse con grande intensità in Italia, paese considerato strategico perché “di confine” tra i due blocchi e per la presenza del più grande partito comunista d’Occidente.

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L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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