Ucraina, il successo di Svoboda e il volto del nazionalismo identitario

Pubblicato il 7 Novembre 2012 alle 12:15 Autore: Marco Residori
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La mia convinzione che il nazionalismo “dal-volto-umano” potesse beneficiare i destini delle ex-repubbliche sovietiche si è infranta domenica 14 ottobre. Sono sempre stato convinto che l’impiego delle categorie politiche occidentali, ivi incluso il trasversale ricorso schedante il nazionalismo, fosse poco indicato, se utilizzato in maniera speculare, per descrivere le vicende dell’Est Europa.

La convinzione, nata due anni fa durante il mio soggiorno nei Balcani, rafforzata dalla breve permanenza in Ungheria e parzialmente confermata dai primi mesi di stanza ucraina, è stata sottoposta due settimane fa al primo test importante. Guardando alla storia recente dei Paesi in questione, il nazionalismo, elegantemente chiamato patriottismo da chi sino a ieri lo osteggiava ed oggi desidera garantirgli legittimazione (vedi le celebrazioni dei 150 anni in Italia), era stato infatti il motore dei cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni. S’era fatto interprete delle rivendicazioni identitarie costrette sin lì sotto l’auge delle varie confederazioni pan-qualcosa (Unione sovietica) e aveva sconfitto il conservatorismo dei partiti di sinistra (principalmente comunisti) che sino a quel momento avevano assunto le redini di un’eredità che sembravano non voler lasciare. Ciò generava quindi un’inversione dei poli, o quantomeno delle categorie politiche, garantente l’etichetta del progressismo ai partiti identitario-nazionalisti e tacciante specularmente di conservatorismo i post-qualcosa partiti comunisti barricati a difesa della loro rendita di privilegio. Ribaltava antiteticamente insomma il deputato uso delle categorie politiche vigenti in Europa Occidentale.

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A causa di ciò, mi ero sempre battuto insistentemente contro chi, non conoscendo il nuovo volto dell’Est Europa o pur conoscendolo, si ostinava ad impiegare categorie non applicabili e legittimava le proprie posizioni con l’abusata opinione “il nazionalismo va sempre criticato ed evitato”. Domenica 14 ottobre però, invitato dal tepore di un autunno che sembrava proprio non voler arrivare, ho deciso di concedermi una rilassante passeggiata nel centro cittadino di Lviv. Inconsapevole della concomitante ricorrenza delle celebrazioni per il settantesimo anniversario dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA), con grande sorpresa, invece di imbattermi nelle volte e nei merletti adornanti i mitteleuropei edifici cittadini, ho incrociato sul mio percorso sbraitanti cortei capitanati da militari in divisa. E così il volto del nazionalismo, ossia la forza progressista a capo dei maggiori cambiamenti avvenuti dopo il crollo dell’Unione Sovietica, si è rivelato assumere connotazione completamente diversa. Ho avuto infatti la possibilità di guardarlo in faccia e ciò mi ha profondamente disgustato. Oltre ai rulli di tamburo e a slogan scanditi da un megafono e liturgicamente ripetuti dai pretesi celebranti, l’immagine creantemi maggior sgomento è stata l’interminabile fila di giovani in mimetica che, al fine di compiacere i propri superiori, faceva a gara a chi levava più alte le bandiere e a chi berciava più forte gli sbalorditivi incitamenti. Il bagno di folla garantito loro da una fitta schiera di vecchietti, memori delle decantate gesta dell’UPA, li ha accolti in una delle principali piazze cittadine.

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L'autore: Marco Residori

Marco Residori, studente presso il corso di laurea "Mass media e Politica" della facoltà di Scienze politiche "Roberto Ruffilli" (unibo), nato nel 1988 e cresciuto a Milano. Aree di interesse/ricerca: sociologia dei consumi culturali e comunicativi, zone di frontiera tra ue-nuova europa (nuove russie e balcani) attualmente vive in Ukraina. Il suo blog personale è "Crossbordering"
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