Termometro Finanziario: in bilico fra crisi economica e scenari di guerra

Pubblicato il 19 Novembre 2012 alle 09:50 Autore: Giovanni De Mizio
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Termometro Finanziario: in bilico fra crisi economica e scenari di guerra

Settimana ancora in ribasso per le borse mondiali, con in particolare il DAX tedesco e il FTSEMIB italiano che perdono i supporti psicologici di area 7000 e 15000 rispettivamente. I motivi che hanno spinto al ribasso i listini sono fondamentalmente tre.

In primo luogo abbiamo la già nota questione del fiscal cliff statunitense, ovvero quella combinazione di tagli di spesa e aumenti delle tasse che riporterebbe in un baleno in recessione l’economia USA. Il presidente Barack Obama ha deciso di approfittare di un GOP allo sbaraglio dopo la sconfitta presidenziale per andare all’attacco, annunciando che avrebbe posto il veto su qualunque proposta non preveda un aumento delle tasse ai ricchi. I repubblicani sono stati perciò costretti a chiudersi sulla difensiva, rendendo noto di essere pronti all’accordo. La partita da giocarsi è estremamente delicata, poiché in caso di non accordo la parte più intransigente sarebbe immediatamente travolta dalle accuse dell’opinione pubblica, ma anche per questo motivo è plausibile credere che alla fine un accordo sarà trovato. Se sarà un buon accordo, tuttavia, sarà ancora da vedere.

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Il secondo motivo è un generale deteriorarsi delle economie occidentali. In Europa si assiste a un calo generalizzato del PIL (l’Eurozona è tecnicamente in recessione, di nuovo), e solo Germania e Francia stanno dando qualche lieve segnale in senso positivo. Per quest’ultima, tuttavia, è già scattato un nuovo allarme: le ricette del governo socialista di Hollande appaiono fin troppo inadeguate alle sfide del mondo moderno, e anche il modello francese necessiterà di un forte ripensamento. Il Paese che Hollande si è ritrovato in mano è indubbiamente appesantito, specie in produttività e competitività, ma la risposta offerta sino ad ora non sembra essere quella giusta. Il Paese ha bisogno di impresa e lavoro, ma il governo socialista ha deciso che era il caso di alzare le tasse sui profitti delle imprese, sui patrimoni, sui dividendi e sui capital gain, contestualmente alzando i salari minimi. Qualche lavoratore dipendente magari se ne è rallegrato, ma bisognerà vedere quante imprese potranno sopportare un così feroce aggravio dei costi in una congiuntura tanto debole: quelle che non ci riusciranno, inevitabilmente, saranno costrette a licenziare o a chiudere. C’è di buono che una Francia con le spalle al muro aiuterebbe la causa anti-tedesca, ma purtroppo non la ricerca di una soluzione: la Francia è uno dei Paesi meno disposti a cedere sovranità all’Europa e uno di quelli più agguerriti a difesa delle proprie prerogative, basti pensare al bilancio UE, che, mentre taglia la ricerca e lo sviluppo, lascia quasi intatti i finanziamenti alla Politica Agricola Comune, sussidi molto cari alla Francia, e, in altro senso, anche al resto d’Europa. Sembra il 1950.

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