Crescita e lavoro nelle agende anche in Scandinavia

Pubblicato il 31 Gennaio 2013 alle 11:25 Autore: Antonio Scafati

Crescita e lavoro. I temi sono questi dappertutto anche in Scandinavia. Nei giorni di Davos, una sintesi efficace è venuta dal presidente della Repubblica finlandese Sauli Niinistö: “Le mie preoccupazioni maggiori sono per l’economia e la disoccupazione: dovremmo prenderci più cura della coesione sociale”. Parole simili a quelle di Jutta Urpilainen, leader laburista e ministro delle Finanze: la crisi economica non deve diventare crisi sociale. Urpilainen ha detto che rispetto agli anni scorsi a Davos si respirava un’atmosfera più positiva. In pratica si vede la luce in fondo al tunnel. Ma come raggiungere quella luce? Ecco, qui le proposte si moltiplicano.

Prendiamo la Danimarca. Nel 2008 i disoccupati erano circa 70mila. Nel 2010 sono diventati 160mila e siamo rimasti più o meno lì. Negli ultimi giorni dal mondo produttivo si sono sollevate delle voci: i salari danesi sono troppo alti, soprattutto per i lavori senza qualifiche. Questo penalizzerebbe la competitività del sistema, schiacciata di fronte ai rivali europei e non solo. La disoccupazione ha radici pure lì, dicono. La pensa così anche Lars Løkke Rasmussen, ex premier e leader dei Liberali che ha aggiunto: un disoccupato non è incentivato ad accettare un lavoro con basso salario perché i sussidi statali sono troppo generosi. Tema non nuovo. Che qualcosa vada cambiato lo pensano pure nel governo. Margrethe Vestager, ministro dell’Economia e degli Affari interni e leader della Sinistra Radicale (a dispetto del nome l’ala ‘centrista’ dell’esecutivo) lo ha detto chiaramente: la Danimarca sta cambiando, lo stato non può più essere considerato come un’entità che risolve tutti i problemi. Su economia e disoccupazione, Vestager difende la linea del governo che però non convince del tutto i sindacati, secondo i quali si potrebbero creare oltre 20mila posti di lavoro in un paio d’anni puntando sulle infrastrutture: andrebbero cioè sbloccati fondi per costruire nuove case popolari, migliorare i trasporti pubblici e puntare sull’energia rinnovabile. Insomma tutt’altro rispetto alle idee di Lars Løkke Rasmussen. Che però non sono isolate.

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Il premier svedese Reinfeldt, infatti, ha espresso concetti simili a Davos dove in agenda c’erano crescita, disoccupazione e disoccupazione giovanile in particolare. Una brutta bestia che morde anche in Scandinavia: appena sotto il 20% in Finlandia e 22,6% in Svezia dove rispetto al resto d’Europa per Reinfeldt i lavori a basso salario sono troppo pochi. Per aiutare l’occupazione giovanile ne servono di più. Tra le tante cose discusse in Svizzera, sono state queste parole a sollevare le critiche maggiori entro i confini svedesi. Per i sindacati quel che ci vuole è più collaborazione tra istituzioni, formazione e servizi per l’impiego. La distanza è tanta e infatti martedì è sfumato l’accordo sul piano anti-disoccupazione giovanile. Il governo di centrodestra aveva proposto correzioni fiscali per le imprese e un sistema che permettesse agli under 25 di dividersi tra lavoro, studio e formazione. Il tavolo però è saltato. I sindacati hanno incolpato le imprese che hanno incolpato i sindacati. Il governo spera che il discorso si possa riprendere. In ogni caso, come annunciato ieri dal ministro delle Finanze Anders Borg, altre proposte arriveranno nelle prossime settimane.

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L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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