Centrosinistra a Milano. Bersani chiama Prodi. Per vincere.

Pubblicato il 19 Febbraio 2013 alle 15:17 Autore: Matteo Patané

La giornata di domenica 17 febbraio, l’ultima domenica prima del voto alle politiche, ha avuto un significato particolare per la coalizione di centrosinistra guidata da Pierluigi Bersani.

Il comizio tenuto in Piazza del Duomo, che ha visto come protagonisti – oltre allo stesso Bersani – Nichi Vendola, Bruno Tabacci, Giuliano Pisapia e il candidato alla presidenza della Lombardia Umberto Ambrosoli, ha avuto un valore simbolico altissimo per la coalizione, e se difficilmente potrà considerarsi risolutivo ai fini della campagna elettorale, è d’altra parte molto significativo per cogliere da un lato l’umore del Paese e dall’altro la strategia elettorale della coalizione progressista. Strategia criticata nelle sue fasi iniziali ma che nel corso del mese di febbraio ha preso slancio.

Il primo elemento da considerare, al di là di ogni dubbio, è la capacità che (ancora?) il centrosinistra ha di riempire le piazze. Si era tanto parlato della conduzione della campagna elettorale da parte dei cosiddetti partiti tradizionali, relegati nei palazzetti e nei teatri, rispetto al travolgente Beppe Grillo, capace di riempire all’inverosimile ogni piazza in cui si sono tenuti i suoi comizi.

Con la manifestazione di Milano il centrosinistra ha dato una risposta esemplare a chi non lo vedeva più in grado di conquistare le piazze, terreno naturale dell’antico PCI. Quindi scollegato dal proprio popolo. Rinnovando con questo comizio lo spirito delle primarie, la coalizione di centrosinistra “Italia Bene Comune” ha dimostrato di essere una forza tutto sommato vitale nella carne del Paese. E non solo nei palazzi della politica e dell‘amministrazione.

Il secondo tema è naturalmente la location. Non è un mistero che da sempre sono le zone più contendibili del Paese quelle battute dai leader politici in prossimità delle elezioni. A maggior ragione questo è vero con una legge elettorale che assegna premi di maggioranza su base regionale e se assieme al voto per le elezioni politiche si tiene anche quello per la conquista della regione. Il messaggio è chiaro: oggi la Lombardia, la patria di Berlusconi e della Lega, il cuore dell’impero di Formigoni, uno dei più grandi serbatoi di voti della destra italiana, è considerata dal centrosinistra reale terreno di conquista. Il tentativo di compimento di una vera e propria rivoluzione copernicana della politica italiana iniziato nel 2011 con la vittoria di Giuliano Pisapia al Comune di Milano.

Il semplice fatto che il comizio si sia tenuto a Milano ha un impatto psicologico da non sottovalutare. La Lombardia è contendibile, il centrosinistra è competitivo in questa regione storicamente ostile. Il centrodestra è assediato letteralmente nel proprio giardino di casa.

La prova di forza è evidente, e dagli effetti psicologici tutto sommato incerti, in quanto potrebbe tanto far vacillare le ultime certezze dell’elettorato di centrodestra in regione quanto ricompattarlo in difesa della roccaforte in pericolo.

Resta in ogni caso l’immagine di un centrosinistra determinato – solo con il senno di poi si potrà capire se per arroganza o ben riposta fiducia nei propri mezzi – e votato all’attacco, sicuramente un leit motiv a cui gli ultimi anni di politica interna avevano decisamente disabituato.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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