Da Beppe Grillo ad Adriano Olivetti

Pubblicato il 28 Marzo 2013 alle 10:18 Autore: Dario Cafiero

Non mi sono mai avventurato nel cercare di capire cosa sia il Movimento 5 Stelle, finora. Ho avuto quasi una sorta di timore davanti ad un movimento che si è presentato come tsunami, ma che in realtà si può assimilare ad una valanga, iniziata da un sassolino che si è spostato ormai 5 anni fa, quando i primi “Amici di Beppe Grillo” si sono candidati nel turno di amministrative del 2008 (come l’allora candidata a sindaco di Roma, Serenetta Monti, che raccolse un decoroso 2,5% e oltre 40mila voti nella capitale).

Ma dove si è inserito il Movimento? In quale spazio politico, sociale ed economico? Una possibile risposta sta all’interno di una frase che ha scritto un mio amico qualche giorno fa. “Sempre ci sarà un po’ di conflitto tra chi ha il capitale e chi ha il lavoro, come affermava Adriano Olivetti. Lui voleva affievolire questo conflitto ridistribuendo le risorse, non eliminarlo per combattere insieme la trilaterale. Questa è la lezione principale di Olivetti, e quella che dovrebbe essere la missione della sinistra odierna”.

Il virus (in quanto elemento estraneo al corpo della politica, per quello ho scelto questo paragone) 5 stelle si è inserito proprio in questa mancata missione della sinistra moderna italiana, che invece di pensare alla redistribuzione delle risorse è ancora divisa su come spartirsi le macerie della caduta del muro di Berlino.

Di conseguenza, il movimento ha esaltato questa mancata comprensione, da parte dei partiti esistenti, cercando tra le nuove fratture sociali, che sono trasversali e che disegnano classi completamente rinnovate rispetto a quelle storiche: non più operai, imprenditori, liberi professionisti. Ma precari, lavoratori a tempo indeterminato, figli disoccupati di famiglie benestanti, figli disoccupati di famiglie in difficoltà e così via. Queste nuove fratture lasciano il campo aperto a fenomeni “neo-qualunquisti”, che potremmo definire di populismo strutturato: si è passati da quello analogico (messaggio unidirezionale emanato dal leader) di Idv, Lega e Forza Italia, a quello digitale (quindi messaggio con bidirezionale, vero o presunto, tra mittente e destinatario) del M5S.

La ‘cura’ per questo virus? Secondo me questa volta è unica e passa dal recupero ‘politica reale’ – così come molti invocano l’economia reale al posto della finanza – e non dalla rincorsa alla forma del M5S, copiando qualche “beau geste” (come, ad esempio, l’autoriduzione dello stipendio da parte dei neopresidenti delle Camere Boldrini e Grasso). In sintesi: servono azioni politiche programmatiche di investimento e di ristrutturazione della macchina-Stato, qualcuna senza dubbio ampiamente impopolare, e proprio per questo sarebbe meglio iniziare a far fare sacrifici insistendo su chi finora è stato risparmiato da queste misure.

Tornando all’attualità, personalmente ho pensato che alla fine il Movimento si sarebbe presentato da Bersani con i suoi punti e con una proposta di fiducia “a tempo”,del tipo: se il governo non sarà in grado di fare ‘tot’ riforme che vogliano entro la “tot” data, il M5S ritirerà irrevocabilmente l’eventuale fiducia.

Una soluzione certamente non purista, ma – credo – da cui il Movimento avrebbe potuto trarre il massimo profitto dal punto di vista legislativo. Ma queste, ormai, paiono essere solo ipotesi scadute.

Dario Cafiero

L'autore: Dario Cafiero

Laureato in Comunicazione politica all'Università di Firenze con una tesi sul linguaggio politico di Mario Monti prima delle elezioni politiche del 2013. Collabora con l'Unità e al Corriere Nazionale, ed alla campagna elettorale regionale 2010 per il candidato di centrosinistra. Dal 2011 all'ufficio stampa della giunta provinciale di Firenze. Appasionato di politica e giornalismo, ultimamente scopre (dal divano) il fantastico mondo del basket
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